L’EDITORIALE. Gravissimo: il presidente della Regione Molise fa nominare sub commissario alla sanità (in pratica assessore) l’avvocato imputato per concussione in una vicenda Asl
6 Maggio 2022 - 13:14
Non è un caso successo in provincia di Caserta, ma presenta una serie di elementi costitutivi che riecheggiano tanti fatti che accadono nella nostra area di azione professionale in cui politici e altri soggetti della pubblica amministrazione, facendosi scudo con le norme che delineano gli spazi di illegalità o di illegittimità, compiono nefandezze di ogni genere che vanno assolutamente denunciate almeno sul piano politico
di Gianluigi Guarino
Quanto conta una sentenza di assoluzione pronunciata da un tribunale? Conta esattamente quello che conta, cioè la cifra determinata dai codici, alimentati, nel caso di cui ci andremo ad occupare direttamente, dai principi fondamentali contenuti nella Costituzione. Se ci si muove nella categoria di valutazione dei fatti giuridici di cui fa parte, naturalmente, l’amministrazione della giustizia, non si deve aggiungere altro.
Un verdetto di primo grado che sancisce un’assoluzione esaurisce, infatti, il suo significato, le proprie ragioni, nel dispositivo e nelle motivazioni dello stesso.
L’avvocato beneventano
Ma se non è in questione lo status giuridico e giudiziario dell’ avvocato Giacomo Papa per quanto riguarda l’esito del giudizio di primo grado, non lo è neppure la posizione, che, temporaneamente, si affianca e convive con quella di non colpevole. Uno status, una posizione per l’appunto, che gli attribuisce ancora oggi il ruolo di imputato per il reato di concussione aggravata.
Lo era, imputato, quando è comparso al cospetto del tribunale di Benevento, lo è rimasto anche quando questo lo ha assolto. Non lo sarebbe stato più, trasformandosi definitivamente in un “non colpevole punto e basta”, se la procura della Repubblica di Benevento avesse deciso di non presentare ricorso in appello, scavallando i termini per impugnare la sentenza di primo grado e dimostrando, a quel punto, di aver maturato la convinzione, la totale consapevolezza della validità e dell’evidente inconfutabilità delle regioni esposte dal collegio giudicante, quale base costitutiva del verdetto pronunciato. Insomma, ammettendo, in pratica, di aver sbagliato.
La procura, cioè la pubblica accusa, avrebbe di fatto ammesso di aver sbagliato, giustificando anche una rivendicazione, in verità più emotiva e morale che giuridicamente significativa, dell’uso della parola “innocente”, da parte dell’avvocato Giacomo Papa.
Ma siccome la Procura della Repubblica di Benevento resta convinta, nonostante la sentenza di assoluzione, della posizione che, a suo tempo, convinse un altro giudice, cioè quello dell’udienza preliminare, a rinviare a giudizio Giacomo Papa, la De Girolamo e altri, il ricorso in Corte d’Appello è stato presentato e, certo, non solamente pro forma, cioè solo per ribadire assertivamente il proprio punto, per non ammettere, in pratica, di aver sbagliato. Al contrario, il pubblico ministero della procura sannita ha fornito ai suoi colleghi della procura generale che opera presso la Corte di Appello di Napoli, strumenti per poter sostenere, in sede di processo del secondo grado, la tesi accusatoria, fino al punto di ribadire, probabilmente, la stessa richiesta di condanna formulata dal Pm sannita a carico dell’avvocato Giacomo Papa e degli altri imputati.
Dunque, martedì scorso 3 maggio, il professionista è comparso, da imputato del reato di concussione, davanti ai giudici dell’Appello. Questo lungo preambolo, con cui abbiamo aperto il nostro articolo, è reso necessario dalla delicatezza della materia che andiamo a maneggiare e che attraversa l’area, ad altissima cifra morale e valoriale, dei diritti umani.
E, nel caso specifico, il diritto dell’avvocato Giacomo Papa di poter esercitare la propria attività professionale senza alcuna restrizione esogena, proveniente cioè dagli organi della potestà giudiziaria che, al momento, lo considerano un non colpevole.
Scrivendo scrivendo, ci siamo accorti di aver percorso un giro completo di un circuito costellato da pochi rettilinei e da molte curve complicate. Ma ci siamo accorti pure che occorra percorrerne un altro. Per cui, riformuliamo, aggiornandola e integrandola, però, con le conclusioni a cui siamo giunti fino ad ora, la domanda iniziale: quanto conta la sentenza di assoluzione pronunciata dai giudici del primo grado e quanto conta il fatto che martedì scorso l’ avvocato Giacomo Papa abbia dato concreta manifestazione al suo doppio status di non colpevole e, contestualmente, di imputato?
Non vi stiamo perculando e non è certo colpa nostra se siamo costretti a far riecheggiare, ad inizio di questo secondo ragionamento il tratto fondamentale del primo e cioè che, se si rimane nel perimetro giuridico, nelle dinamiche del processo, intenso come alto momento disforzo votato alla ricerca di equità, significa esattamente quello che significa e cioè che l’avvocato Giacomo Papa è, allo stesso tempo, non colpevole e imputato per il reato di concussione aggravata per aver costretto, insieme alla De Girolamo e ad altri, il dirigente dell’Unità Provveditorato non gradito e non allineato dell’Asl di Benevento Giovanni De Masi, a lasciare il suo incarico, chiedendo il trasferimento ad altra sede.
Crediamo di esserci spiegati bene e di poter lasciare l’area perimetrata della potestà giudiziaria per entrare in quella della politica, anzi, della politica quando questa è chiamata ad assolvere il compito più delicato che la Costituzione, (“sempre lei”), le attribuisce: concorrere al bene della nazione.
E qui, prima ancora del discorso, deve necessariamente cambiare l’approccio alla questione proprio perché la Costituzione, (“sempre lei”), impegna qualsiasi cittadino che ne voglia parlare, a tenere quantomeno conto della direzione di marcia impressa dai costituenti alla considerazione del ruolo della politica quale strumento di realizzazione del bene comune, da raggiungere con il concorso di tutti i cittadini di ogni colore, di ogni appartenenza, ognuno rispettoso del suo status, garantitogli dalla Costituzione, di esponente o rappresentante di una maggioranza politica democraticamente eletta o di una minoranza politica, parimenti prodotta dalla deliberazione elettorale del popolo sovrano. Insomma, per capirci, come fanno a Caserta.
Ebbene, chi fa politica è chiamato a tener conto dell’ordinamento, ma di tutto l’ordinamento, della Costituzione, ma di tutta la Costituzione, che dunque non va letta utilizzando un criterio selettivo, della serie, io mi appello a quelle parti della Carta fondamentale che mi convengono per difendere la mia causa e ignoro tutte le altre parti che magari valorizzano altre ragioni, altri principi, altri interessi in gioco, controbilanciando quelli interessanti per la valorizzazione delle mie ragioni. Chi fa politica, dunque, deve avere chiaro davanti a sè il quadro di tutti i principi e di tutte le ragioni. Esattamente il contrario di quello che sta facendo il presidente della Regione Molise Donato Toma.
La recente nomina dell’avvocato Giacomo Papa a sub-commissario della Sanità molisana, impegnata da anni a rientrare dal pesantissimo debito che ha costretto, a suo tempo, il governo nazionale a metterlo sotto tutela, è incomprensibile da un punto di vista politico, grave, anzi, gravissima da un punto di vista istituzionale, in quanto totalmente irrispettosa di quegli equilibri tra ragioni, principi e poteri faticosamente armonizzati nella Costituzione.
Perché, non c’è dubbio che un liberale, degno di questo nome, debba profondere ogni energia perché l’avvocato Giacomo Papa, sarebbe meglio dire ogni Giacomo Papa, cioè ognuno che si trovi nella sua stessa situazione, venga messo nella condizione di lavorare, di esprimere al cento per cento le proprie potenzialità e per utilizzarle allo scopo di raggiungere i propri obiettivi umani ed economici. Ogni Giacomo Papa di questa Italia e di questo mondo deve , secondo noi liberali, poterlo fare senza limitazioni e senza la preoccupazione di veder condizionato questo diritto, che appartiene senza dubbio alla categoria dei “diritti umani”, dal proprio status giuridico e giudiziario, che accomuna il suo essere non colpevole, al suo essere ancora imputato per un reato molto grave.
Ciò vale al pari di qualunque altro cittadino.
È questione di civiltà e, ripetiamo, vale per l’avvocato Giacomo Papa e per chiunque si trovi nella sua stessa condizione.
Per quello che abbiamo sviluppato nel ragionamento, non c’è dubbio che nella funzione della politica, ci siano anche dei poteri che vanno esercitati nel rispetto di altri principi, che non sono concorrenti rispetto a quelli attinti a piene mani dalla cultura liberale, e di cui abbiamo appena scritto.
E allora, se l’avvocato Papa viene incaricato da un cliente affinchè lo rappresenti in una procedura giudiziaria o in un contenzioso di vario genere, nessun ostacolo dovrà essere frapposto alla possibilità che l’avvocato beneventano possa sviluppare la propria professione in un sistema di regole che gli garantisce pari opportunità rispetto a ogni altro suo collega, in un contesto armonico, governato dai principi della concorrenza.
Dunque, nessuna lesione e conseguenza deve determinare il suo status di non colpevole-imputato, nella potestà che gli garantisce l’iscrizione all’Ordine professionale degli Avvocati. Il suo status, in sostanza, non può inquinare il principio di concorrenza che rappresenta un sottinsieme importantissimo della democrazia.
Lo stesso discorso vale per tutte quelle manifestazioni del settore pubblico o che comunque coinvolgono, direttamente o meno, ordinamenti e prerogative del settore pubblico, rispetto alle quali l’avvocato Giacomo Papa deve potersi rapportare come un qualsiasi suo collega.
Ad esempio, il fatto che sia contemporaneamente non colpevole, ma anche imputato per concussione, non deve impedirgli, come del resto non gli impedisce, di partecipare a un concorso pubblico che dovrà vincere o non vincere solo in base alla sua preparazione e non per l’incidenza manifestata o semplicemente sottintesa della sua condizione di cittadino sottoposto a giudizio.
Ma qui parliamo di un’altra cosa, governatore Toma.
Stiamo parlando di una sua prerogativa, che la Costituzione (“sempre lei”), le consente di esprimere con modalità monocratiche, attraverso l’istituto del diritto amministrativo più spinto, quello della scelta intuitu personae.
Ora, vogliamo anche estremizzare la nostra valutazione, rispetto alla quale siamo perfettamente a nostro agio essendo noi, come scritto e ribadito più volte anche in questo articolo, dei liberali convinti, e dunque vogliamo difendere ogni potenziale scelta che lei, da governatore, può operare monocraticamente, considerando l’avvocato Giacomo Papa, esattamente in lizza, dentro alla sua testa di governatore e dunque di titolare di potestà, alla stessa stregua di ogni altra opzione possibile, rappresentata da professionisti che in questo momento non colpevoli lo sono, in quanto risultano vuoti sia il certificato del casellario giudiziario (condanne definitive) sia quello dei carichi pendenti che segnala anche il dato di fatto del loro non essere imputati in alcun procedimento.
Una nomina monocratica quali sarebbero quelle di sub commissario o commissario per un problem, ad esempio, riguardante i rifiuti o l’abusivismo edilizio o il diritto allo studio, potremmo continuare a lungo, attribuita all’avvocato beneventano sarebbe indubbiamente discutibile, ma noi, governatore Toma, ci schiereremmo sicuramente dalla sua parte, in quanto super garantisti.
Però, governatore Toma, nel momento in cui lei nomina Giacomo Papa, sub commissario per la delicatissima e cruciale mission di rientrare dal debito sanitario del Molise, nel momento in cui lei di fatto esercita una funzione analoga a quella che le consente di attribuire una delega di assessore regionale, nel momento in cui sceglie questa persona per ricoprire una carica di assessore regionale di fatto alla Sanità, non c’è super garantismo che tenga.
La sua decisione di proporre al governo il nome di Giacomo Papà è gravissima, senza se e senza ma. Perché su questo piano, solo e solamente su questo piano, solo e solamente guardando alle cose, alla propria funzione politica e istituzionale, così come questa viene disegnata dalla Costituzione, ripeto, solo svolgendo una valutazione relativa a questa particolare esposizione della funzione istituzionale di un governatore, lo Status di imputato che affligge ancora la vita dell’avvocato Giacomo Papa, diventa prevalente su quello di non colpevole.
Ma questa nostra affermazione, proprio perchè tocca la carne viva dei diritti umani, necessita di una ulteriore spiegazione.
Noi non siamo convinti di quello che abbiamo appena scritto, in quanto intendiamo perimetrare una sorta di ridotta giustizialista, dentro ad una vasta area regolata dal garantismo liberale. La prevalenza del Giacomo Papa imputato sul Giacomo Papa non colpevole, è legata esclusivamente al fatto che quel processo in Corte di Appello, quell’accusa di concussione, per la quale il neo sub commissario della sanità molisana è stato assolto in primo grado, sta dentro, ribadiamo, senza se e senza ma, ad una trama riguardante l’amministrazione della sanità pubblica in provincia di Benevento, confinante con quella di Campobasso.
E allora, dopo questa lunga trattazione, riteniamo di avere piena titolarità culturale per poter dire che l’unica ragione per cui lei, presidente, ha nominato l’avvocato Giacomo Papa, alla carica di assessore regionale di fatto alla sanità, è riconducibile al rapporto personale che la lega a quest’ultimo, e ancor più gravemente al possibile scadimento personalistico di tale rapporto, visto e considerato che la super nomina di questi giorni arriva dopo una serie di incarichi per attività di consulente della Regione Molise che lei ha attribuito all’avvocato e che, se fino a ieri, potevano stare dentro a quella valutazione iper garantista per la quale è possibile giustificare anche l’esercizio del potere monocratico nella costruzione degli staff che un presidente della Regione possiede e di cui l’avvocato Giacomo Papa – ogni avvocato Papa, come lui, contemporaneamente, non colpevole e allo stesso tempo imputato – può beneficiare, senza nessun condizionamento legato alla propria vicenda giudiziaria, oggi assumono un rilievo diverso anche per chi, come noi, guarda alle cose con gli occhi del liberalismo.
Perché un liberale è un garantista ed è anche tante altre cose che appartengono alla lotta per l’affermazione dei diritti individuali. Ma un vero liberale è, anche e soprattutto, un tutore dell’ordinamento democratico, della Costituzione, dell’ordinamento giuridico, delle leggi che possono essere giuste o sbagliate, che possono essere contestate e combattute ma che vanno rispettate senza tentennamenti. Ciò vale anche per quella parte, riguardante il corpo completo dell’ordinamento democratico, che può risultare indigesta ad un liberale, nel momento in cui lascia la categoria riguardante le leggi, le norme e le altre fonti del diritto, considerate nel rigore della loro espressione letterale, allargabile al massimo all’alveo della interpretazione giurisprudenziale, e si trasferisce nel settore più incerto, più fluido, più gassoso delle cosiddette questioni di opportunità che sono tali e hanno importanza anche a prescindere dal discrimine di legalità, di liceità, di legittimità di atti e azioni.
Le questioni di opportunità non sono un’invenzione. Esistono anche se noi liberali ci dimostriamo diffidenti, soprattutto a causa dei nostalgici di quello Stato etico che è esattamente il contrario di ciò a cui crede un vero liberale e che le questioni di oppportunità le hanno brandite a proposito per far attaccare e spesso far fuori i propri avversari politici.
Detto questo, se un liberale è veramente tale, capisce che questa porcheria consumata dal governatore del Molise, con lo stato etico, così avrebbe detto un famoso molisano, non c’azzecca proprio nulla, riguardando invece la sfera dell’opportunità e del buon senso, le cui dimensioni sono limitatissime, ma proprio per questo, ad alto peso specifico, essendo in pratica un distillato, piccolissima quaintità sopravvissuto dal tronco marcio dello Stato etico.
Le questioni di opportunità sono valide, sono pochissime. Tra queste c’è senz’altro quella che valuta ogni governante, in base alla sua capacità di difendere, di tutelare l’immagine come ragione delle istituzioni che prevale su ogni altra ragione, pur rispettabilmente in ballo.