L’IMPERO economico dei Casalesi. Ansaldo, Valtellina spa, Enel, centrale a turbogas: subappalti orientati dal clan. Il ruolo di un’impresa familiare di SPARANISE e il giro di tangenti estorsive

11 Maggio 2022 - 14:41

La sezione dell’ordinanza, imperniata sulle figure di Nicola Schiavone senior, del fratello Vincenzo e di Dante Apicella e che ha prodotto 36 arresti con 66 indagati, fa emergere i primi episodi rappresentativi di un meccanismo divenuto sistemico, grazie al quale il clan dei casalesi è diventato di fatto partner di grandi aziende nazionali e dunque non solo di RFI e di Trenitalia

 

CASAL DI PRINCIPE/SPARANISE – (g.g.) 7 capi di imputazioni provvisorie hanno come protagonista Vincenzo Schiavone, fratello minore 58enne detto o trick, di Nicola Schiavone che poi è il fulcro dell’ordinanza che queste 7 contestazioni contiene, grazie ai rapporti in altissimo loco da lui maturati nella capitale, soprattutto all’interno della galassia di Trenitalia, specificatamente nel suo braccio operativo relativamente ai suoi lavori pubblici di Rfi.

7 contestazioni che definiscono una sorta di saga relazionale tra il mondo imprenditoriale che Vincenzo Schiavone rappresentava e in cui svolgevano ruoli significativi, Dante Apicella  ma anche coloro che il clan dei casalesi impegnava nel ruolo di prestanome come Marco Falco, Claudio Puocci, eccetera, con una famiglia imprenditoriale di Sparanise, quella dei Fiocco, un pò vittima, un pò partner economico del clan dei casalesi.

Il testo integrale lo leggete in calce e lì potrete registrare, passo passo, tutte le vicende con tanto di indicazione analitica, di ogni soggetto economico, cioè di un’impresa individuale e di diverse società di capitali, coinvolte.

Noi, come al solito, mettiamo a disposizione dei nostri lettori una rapida sintesi. Già dalla fine degli 90, Vincenzo Schiavone era in piena attività e si muoveva con questi suoi luogotenenti appena citati, ad esempio Puocci, Falco e Mangiacapra per citare solo di due indagati dentro ai 7 capi delle imputazioni provvisorie che stiamo esaminando. Si capisce che la famiglia Fiocco viene totalmente avvassallata al sistema. Succede, secondo la Dda, attraverso una serie di intimidazioni, di minacce estorsive a cui i Fiocco cedono in considerazione della cifra criminale di chi le formula e che costringono la famiglia sparanisana, prima ad acquistare tutte le quote della società SARET con sede a Quarto, capitale sociale 20.400 euro, in cui due anni dopo, nel 2005, entra a far parte anche un tal Matteo Bignotti, del cui ruolo speriamo di poter trattare nel prosieguo della lettura dell’ordinanza.

Questa società è funzionale al meccanismo dei subappalti che già dall’inizio del secolo venivano affidati a società controllate dalla camorra del clan dei casalesi, da grandi aziende nazionali. Ad esempio, nel 2006, Vincenzo Schiavone e Claudio Puocci avrebbero costretto, di qui la contestazione dell’articolo 629 del codice penale, cioè l’estorsione, ovviamente accompagnato dall’aggravante camorristica, a promettere il pagamento di una somma non determinata, non conosciuta dagli inquirenti, ma comunque esistente, a seguito della concessione all’azienda di famiglia dei Fiocco, cioè alla COMET, di lavori di cablaggio elettrico della centrale a turbogas di Sparanise.

La somma oggetto dell’estorsione non è nota perchè questo reato, forse perchè, nella sua connotazione principale di estorsione propriamente detta, non si compì per cause indipendenti dalla volontà di Schiavone e di Puocci. Non è dato stabilire, invece, se, a fronte di questa circostanza, il subappalto fosse già stato formalizzato e contrattualmente definito tra Ansaldo e COMET.

Un altro esempio interessante è relativo a lavori non meglio precisati realizzati in provincia di Benevento e Avellino, affidati in forza di un mandato dell’Enel, alla Valtellina spa. In questo caso, il subappalto a favore di COMET, il cui capitale sociale era ripartito o è ancora ripartito tra Vincenzo e Andrea Fiocco, figli di Giovanni Fiocco, in pratica il fondatore delle imprese di questa famiglia, con l’aggiunta, sempre nella veste di socio, di Immacolata Moccia, moglie di Giovanni Fiocco e madre di Vincenzo e Andrea Fiocco, viene perfezionato al punto che, nel capo 9, la Dda indica nella somma di 26.000 euro che sarebbe stata versata dai Fiocco a Vincenzo Schiavone e a Puocci, a titolo di estorsione.

Quindi, ricapitoliamo, Ansaldo, Valtellina spa e indirettamente Enel, grandi società pronte a relazionarsi con lo strumento del subappalto, al mondo delle imprese controllare dal clan dei casalesi. E abbiamo la sensazione che continuando a leggere questa ordinanza, incontreremo tanti altri nomi eccellenti della grande imprenditoria nazionale.

Quando abbiamo detto che il rapporto tra la famiglia Schiavone e i Fiocco era molto datato, ci riferivamo alla decima imputazione provvisoria dell’ordinanza. In questo caso Giovanni Fiocco che in un tempo, chiaramente anteriore rispetto a quello dei casi appena citati, agiva prevalentemente con la sua impresa individuale, la Edil Fiocco, pagò una tangente a titolo estorsivo di 40 milioni di lire, per la quale ora risultano indagati, ripetiamo, nel capo 10, sempre Schiavone, questa volta insieme al 69enne di Parete, Marco Falco, rimasto a piede libero. Il che fa capire che si tratta di un tempo precedente all’entrata in vigore definitiva dell’euro, avvenuta il primo marzo 2002.

E in effetti, la Edil Fiocco risultava iscritta alla Camera di Commercio di Caserta dal 1996, e il tempo di questa presunta estorsione viene definito dalla Dda, che indica l’anno 2000 come momento iniziale della commissione del reato specificatamente contestato. Tra le società citate nei 7 capi delle imputazioni provvisorie, c’è anche la BETS con sede ad Aversa, via Diaz. Correva l’anno 2003 e la Edil Fiocco, quell’anno, lavorava grazie ai subappalti ricevuti da questa società, presumibilmente sotto il controllo diretto o semi diretto di Schiavone e del clan dei casalesi.

Questo rapporto economico, che rappresentava probabilmente la maggiore entrata per l’impresa individuale Edil Fiocco, diventò strumento della minaccia estorsiva, per effetto della quale Giovanni Fiocco e suo figlio Vincenzo furono costretti, come già abbiamo scritto, ad acquistare l’intero capitale sociale di 20.400 euro della SARET di Quarto, sottoscritto, da quel che si capisce nell’ordinanza, interamente dalla srl COMET di Sparanise e dunque materialmente da colui che al tempo ne era amministratore, come detto, società della famiglia Fiocco, cioè Vincenzo Fiocco.

Quando l’operazione fu perfezionata, fu l’altro fratello Andrea Fiocco a diventare amministratore unico di SARET. Carica che ricoprì dal primo settembre 2003 fino all’aprile 2005, salvo poi lasciare il timone al capostipite Giovanni Fiocco che amministratore unico diventò a partire dal 18 aprile 2005. SARET è la società nella quale, poi, riteniamo, sempre per direttiva Vincenzo Schiavone entrò, ancora nell’anno 2005, il non ancora ulterioremente declinato Matteo Bignotti.

Il resto lo leggete nello stralcio in copia originale dell’ordinanza dei 7 capi di imputazioni provvisorie.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA