L’INCHIESTA. L’incredibile svendita del Gemelli-Molise ad una misteriosa finanziaria con sede in Svizzera e Liechtenstein. Papa Francesco contro il riciclaggio e i dubbi sul vescovo Bregantini
31 Agosto 2021 - 13:15
Si tratta di una istituzione sanitaria di grande prestigio, frequentata anche da tanti casertani che si sono affidati al know-how del grande Policlinico romano, gemmato dalla autorevolissima Università Cattolica di Milano. Incredibile ma vero, la fondazione ha venduto il 90% delle quote ad una società controllata da questa finanziaria, con amministratore italianissimo e anche sconosciutissimo. Della Capital AG e della provenienza dei soldi raccolti nel fondo non si conosce nulla. E l’atteggiamento del titolare dell’Arcidiocesi di Campobasso non convince affatto
CAMPOBASSO (Gianluigi Guarino) – Quando scrivi o pronunci la parola “Gemelli”, che poi non è altro che il cognome dello storico frate francescano fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ti rapporti, immediatamente, per cognizione diretta o per semplice evocazione, con qualcosa di grande, di importante, che sfiora il monumentale.
Il policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma, la più bella delle gemme prodotte dall’albero dell’Università Cattolica, è tra gli ospedali più conosciuti del mondo. Sicuramente è il più rinomato d’Italia, anche perché ha ospitato i Papi che hanno avuto bisogno di cure mediche: Wojtyla nel 1981 nei drammatici minuti successivi all’attentato subito e, ultimamente, anche Papa Francesco, sottoposto ad un delicato intervento chirurgico all’intestino.
La reputazione internazionale del “Gemelli” riesce, poi, attraverso una serie di insediamenti territoriali, a diramarsi nei sentieri di una percezione più locale. Noi a Caserta, ad esempio, abbiamo dimestichezza con il “Gemelli
LA VENDITA DEL “GEMELLI-MOLISE” – Insomma, non può non interessare anche a Caserta ciò che da qualche mese si sta sviluppando attorno al “Gemelli-Molise”, venduto, sì, avete letto bene, venduto alla società Sanstefar S.r.l. (anche se, per la precisione, si tratta del 90% delle quote, con restante 10% che stazionerà ancora nelle mani della proprietà originaria) a conclusione di una strana e, per certi versi, opaca gara di aggiudicazione.
Della Sanstefar S.r.l. esistono due versioni, una molisana ed una abruzzese, entrambe comunque controllate dalla Capital AG, società anonima con sede fiscale nel principato del Liechtenstein e sede legale in quel di Kilchberg con indirizzo “Bahnhofplatz 1”.
IL PAPA SOTTO I FERRI, MENTRE NELLE STANZE DEL “GEMELLI”… – Questa operazione è stata realizzata, badate bene, proprio nei giorni in cui Papa Francesco era ricoverato in una stanza del Policlinico “Gemelli” di Roma, la cui proprietà è nelle mani della omonima fondazione che, per amor di precisione, declina la sua denominazione giuridica in “Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica del Sacro Cuore”.
Un particolare, questo, non fondamentale qualora si affronti la vicenda solo dal punto di vista della operazione imprenditoriale, economica e soprattutto finanziaria, ma che diventa, al contrario, importantissimo, perché Papa Francesco, proprio durante le settimane precedenti al suo ricovero, era intervenuto più volte sui temi della pesantissima questione morale da Lui affrontata indossando un doveroso pugno di ferro nel momento in cui ha dichiarato guerra a tutte le attività non trasparenti, messe in opera da chi gestisce i quattrini, i tanti quattrini, del Vaticano.
Un’attività sfociata in quello che possiamo definire il caso dei casi, e cioè l’incriminazione dell’altissimo prelato della segreteria di Stato, il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, per la spericolata e ormai notissima vicenda dell’acquisto del palazzo londinese in Sloane Avenue con i fondi del cosiddetto “Obolo di San Pietro”, cioè con le offerte che in tutto il mondo, ogni 29 Giugno, il giorno dedicato il più importante degli Apostoli e primo Papa oltre che all’altro apostolo San Paolo, vengono versate da milioni di fedeli per fronteggiare le spese del Vaticano, le spese di tutte le strutture amministrative, religiose, insomma della macchina che tiene in piedi le relazioni tra il cuore del cattolicesimo romano e il resto del mondo.
IL GEMELLI HA VENDUTO A UN FONDO ANONIMO SVIZZERO – Non solo: in occasione dell’Angelus pronunciato proprio da una finestra dell’ospedale “Gemelli”, il Pontefice ha sviluppato un concetto, quello incentrato sulla necessità di tutelare il ruolo sociale dell’assistenza sanitaria erogata alle persone, soprattutto a quelle meno abbienti. Parole che, come capita canonicamente in occasione di ogni Angelus, venivano recapitate Urbi et Orbi proprio mentre in un’altra stanza, dello stesso Policlinico “Gemelli”, si perfezionavano i documenti di una vendita poco chiara a privati misteriosi, in quanto schermati dai segreti e dall’inespugnabilità di un paradiso fiscale quale è sicuramente il Principato del Liechtenstein e da una residenza legale in Svizzera, luogo, dove è noto ai più, resta graniticamente in vigore il segreto bancario.
Fa un po’ impressione leggere dalla stampa molisana che la Capital AG, controllante della Sanstefar, nel suo status di “società anonima”, abbia comprato una istituzione direttamente legata al Vaticano, proprio in quanto si è rappresentata attraverso un marchio dall’altissimo valore morale, non a caso gestito da una fondazione e non da una società.
Come società è nata e società resta, invece, il “Gemelli-Molise” che, sempre secondo le notizie pubblicate sulla stampa locale, continuerà a svolgere la propria attività con le stesse modalità con cui l’ha svolta fino ad oggi, e mantenendo la medesima denominazione. Il che non rassicura, bensì aumenta la cifra dell’inquietudine visto e considerato che qui c’è una società, la Capital AG, rappresentata da un tal Stefano Petracca, che fino a quando non è saltata fuori questa storia, aveva meno citazioni sul motore di ricerca di Google di un eremita che comunica con i segnali di fumo e con la parapsicologia.
PETRACCA COME CARNEADE E L’ARCIVESCOVO BREGANTINI – Stefano Petracca, chi è costui? Così avrebbe detto probabilmente Don Abbondio qualora il suo nome gli fosse capitato a tiro così come capitò con quello del filosofo greco Carneade. Ma sulla vita e le opere della società anonima Capital AG ci eserciteremo e ci cimenteremo nella seconda puntata di questo focus.
Le attività di riciclaggio e di autoriciclaggio del danaro sporco provento di attività criminali, è un problema che attiene alla criminalità organizzata? Il quesito, meramente retorico, lo rivolgiamo a Monsignor Giancarlo Bregantini, da diversi anni arcivescovo di Campobasso, perché, in questa storia lui, a nostro avviso, con rispetto parlando per la sua persona, si è comportato almeno fino ad ora ancor peggio di quanto abbia fatto Donato Toma, Presidente della regione Molise, puntuale erogatrice dei soldi, dei tanti soldi, della danarosissima Convenzione che ha consentito al Gemelli Molise di esercitare la propria attività, finanziata, dunque, dalle tasse pagate dai molisani e, indirettamente, da tutti gli italiani.
Gli interventi pubblici del vescovo Bregantini sulla vicenda “Gemelli-Molise” sono stati due.
Del primo scrive Giovanni Minicozzi su “Futuro Molise” lo scorso 23 Luglio, quando racconta di una presa di posizione dell’arcivescovo di Campobasso, il quale avrebbe affermato che Papa Francesco si era fatto ispirare dalla sollecitazione, proveniente dai vescovi della regione, contrari alla vendita del “Gemelli-Molise”. La seconda esternazione di Bregantini è ancorata ad una più solida dichiarazione virgolettata, nella quale il presule smentisce, come riporta sempre il sito “Futuro Molise”, stavolta il giorno 24 Luglio, la scelta di vendere al fondo svizzero, dicendosi amareggiato per la vendita, ma senza valutazioni relative all’identità dell’acquirente.
In poche parole, prima Bregantini dà per certo che Papa Francesco abbia parlato anche del “Gemelli-Molise” ispirandosi alle posizioni dei vescovi locali, poi, a strettissimo giro di tempo, adatta la sua posizione alla nuova realtà delle cose e si lamenta per il mancato accoglimento dell’appello dei monsignori.
BREGANTINI, GRATTERI E LA ‘NDRANGHETA – Giancarlo Bregantini non è disabituato a finire nell’occhio del ciclone. Al tempo in cui, da Vescovo, era il titolare della delicatissima Diocesi di Locri, una della capitali della ‘ndrangheta calabrese, fu oggetto di un attacco un po’ più importante di quello esposto a denti stretti dai giornali molisani nell’ultimo mese. Fu infatti il procuratore della Repubblica aggiunto di Reggio Calabria, nonché coordinatore della DDA di quella regione, Nicola Gratteri, a sparare a palle incatenate nei confronti del clero locale, da lui, peraltro, già bollato senza remissioni nel libro scritto a quattro mani con Antonio Nicasio, “La chiesa e la ‘ndrangheta: storia di potere, silenzi e assoluzioni”, edito da Mondadori.
In un’intervista rilasciata a “Il fatto quotidiano”, Gratteri prese di mira anche Bregantini il quale, secondo questo notissimo magistrato, in prima linea da anni e anni contro le ‘ndrine, era uscito allo scoperto con parole di netta condanna nei confronti della criminalità organizzata solo all’indomani del danneggiamento delle piantine di frutti di bosco della comunità ecclesiastica di Platì, mentre, in precedenza, al di là di qualche parola di circostanza, sempre a detta di Gratteri non era andato di fronte al sangue e alle minacce sparse in ogni dove dagli ‘ndranghetisti.
Noi, da un lato stimiamo Nicola Gratteri per la sua indubbia capacità tecnico-operativa, dall’altro lo stimiamo di meno, anzi, lo disistimiamo perché la sua lunga pratica di magistrato antimafia lo ha portato ad assumere una caratteristica, un difetto tipico tra chi si è dedicato alle indagini sui grandi cartelli mafiosi: si è assunto un ruolo che va al di là di quello di un magistrato, nel momento in cui allarga i suoi discorsi valutativi a fatti specifici che, pur non integrando alcun tipo di reato, rappresenterebbero, a suo dire, elementi costitutivi fondamentali grazie ai quali la ‘ndrangheta vive e prolifera.
In linea di principio, questo argomento esposto da Gratteri può anche avere una consistenza, una validità logica, ma diventa meno accettabile nel momento in cui attacca persone con argomentazioni non certo formidabili, che reggono solo grazie all’identità del loro mittente e non certo per consistenza di contenuto, dando l’idea di una interpretazione alquanto domestica di una funzione che non appartiene a Gratteri e neppure alla magistratura, bensì alla Repubblica Italiana.
IL DIFETTO DI BREGANTINI – Tra queste dichiarazioni del magistrato calabrese c’è, probabilmente, anche quella rilasciata nei confronti dell’allora Vescovo di Locri. Riconosciuto a Bregantini quello che gli va riconosciuto da una visione laica e liberale di fatti e circostanze, non possiamo esimerci dal cogliere oggi un grave difetto di atteggiamento, forse addirittura comportamentale, di questo arcivescovo. Un difetto che, probabilmente, ispirò ed edificò nella testa di Gratteri la convinzione che anche Giancarlo Bregantini fosse connivente con il clima che permetteva alla ‘ndrangheta di autoconservarsi e di autoalimentarsi.
BREGANTINI E LE PAROLE CHE CONTANO – Allora, Monsignor Bregantini, lei deve dire solamente una cosa. E la deve dire in maniera forte, chiara e inequivocabile. Non basta smentire di avere a che fare con la società svizzera che gestisce un fondo finanziario dentro al quale, se non è vero, è quantomeno verosimile che ci possano essere soldi sporchi, provenienti da attività illegali e sempre in rampa di lancio per compiere il percorso a ritroso verso l’Italia, ben riciclati, dentro ad attività di evidente e specchiato prestigio. Non basta. Lei, Monsignor Bregantini, deve dire forte e chiaro che il “Gemelli-Molise” non può diventare proprietà di una società anonima, con sedi in Liechtenstein e in Svizzera. Perché se lei non lo dice, se lei non pronuncia queste parole nette, si porrà in contrasto sostanziale, e sostanzioso, nei confronti di tutta la politica messa in campo da Papa Francesco, finalizzata alla bonifica e alla ristrutturazione di quella che è stata e, forse in parte è ancora, la turpe finanza delle istituzioni bancarie e parabancarie del Vaticano. Una politica, quella del Pontefice, messa in atto come tributo alla giustizia, all’onestà, ai valori a cui ogni cattolico romano, cardinali e vescovi davanti a tutti, dovrebbe ispirarsi.
E invece, Bregantini, di fronte a questa autentica follia che, come scriveremo fra qualche giorno nella seconda puntata del nostro focus, è in evidente contrasto con le norme nazionali ed europee, va contro ciò che un altro autorevolissimo magistrato antimafia, cioè Raffaele Cantone, oggi procuratore della Repubblica di Perugia, ha messo nero su bianco al tempo in cui presiedeva l’Anac che sta per “Autorità Nazionale Anti Corruzione”.
LA PESSIMA FIGURA DELLA FONDAZIONE GEMELLI – Ma come è possibile che la Fondazione Gemelli possa vendere il suo marchio, la sua storia, luminosa e caritatevole, ad un signor Stefano Petracca qualsiasi di cui non è possibile conoscere nulla in quanto la sua posizione, e quella della società Capital AG, sono criptate dal segreto bancario e dallo schermo di un paradiso fiscale. I fondi in Svizzera si fanno per produrre utili, quattrini, ma non si mettono in piedi per far ritornare in Italia soldi di dubbia provenienza. Oggi, Stefano Petracca, al di là di qualche ridicola minaccia di querela, non ha fatto i nomi, naturalmente esponendo i documenti di chi ha investito i propri soldi nel fondo che lui rappresenta. E d’altronde, se l’ha costituito con sedi in Liechtenstein e in Svizzera, è proprio quello che non vuol far sapere. Storie di ordinaria nebulosità, a cui siamo abituati.
Non siamo, invece, abituati al fatto che un’istituzione come quella del Gemelli venda ad un soggetto giuridico, che è esattamente tutto ciò che un paese che bombarda i propri cittadini con una pressione fiscale stratosferica, deve configurare come un proprio nemico.
Dunque, concludendo questa nostra prima puntata, diciamo a Monsignor Giancarlo Bregantini che lui e il suo silenzio del fatto specifico riguardante l’identità di questo fondo, si meritano le malevolenze e le accuse, fino ad oggi larvate ma comunque attive anche nella dialettica intranea al resto del clero molisano, di avere a che fare in qualche modo con questa operazione rispetto alla quale sarà importante anche ragionare nei nostri successivi approfondimenti intorno all’inquietante atteggiamento assunto nei mesi di luglio ed agosto, dal Presidente della Regione Molise Donato Toma.