MARCIANISE. Antonello Velardi ora minaccia il vice prefetto Lastella. Ma per noi non è don Nello Badalamenti ma solo Nelluccio uomo di ferro preso a calci da Totò

8 Settembre 2020 - 17:43

MARCIANISE(G.G.) – Qualora le esternazioni di cui vi andremo a parlare,  fossero state espresse da una persona che ricopre una funzione pubblica importante, dovremmo dedicare agli ultimi due post da questa persona  pubblicati un articolo molto lungo, come quelli che in passato abbiamo scritto, non perché la persona in questione lo meritasse, ma perché ci siamo sempre posti il problema etico-professionale delle garanzie che ogni individuo, ogni uomo e ogni donna devono necessariamente avere a tutela e a sostegno dei propri diritti fondamentali.

Abbiamo scritto lunghi articoli perché la formulazione, la declinazione dei duri rilievi contenuti in essi doveva necessariamente essere informata  da argomentazioni che all’ex sindaco di Marcianise Antonello Velardi (ma lo stesso sarebbe capitato con qualsiasi altra persona) offrissero, qualora lo ritenesse (ma non lo ha ritenuto mai, visto che le uniche risposte date sono state le codine allusioni e l’insulto vile quanto gratuito), la possibilità di replicare e confutare una nostra tesi con una sua tesi.

Questa  urgenza, ripetiamo, di carattere esclusivamente di etico-professionale,  è divenuta più stringente nel momento in cui eravamo ben consapevoli di scrivere sulle vicende di un sindaco della Repubblica Italiana, altro elemento che ci ha richiamato stabilmente ad un ulteriore integrazione del senso di responsabilità , duro da testimoniare e in grado di sfiancare noi stessi e anche quelli che leggevano gli articoli marcianisani della responsabilità.

Oggi la questione è diversa e si può essere molto più rapidi e leggeri, visto e considerato che il secondo aspetto della questione, cioè la titolarità pro tempore della carica di sindaco è scomparso per effetto dell’atto di sfiducia votato democraticamente dal consiglio comunale poco meno di un anno fa.

In un primo post Velardi scrive, riferendosi al commissario del Comune di Marcianise Michele Lastella: “Dedicato al commissario straordinario, il viceprefetto Michele Lastella. Marcianise si ricorderà a lungo di questo funzionario dello Stato. E lui si ricorderà di Marcianise”.

Se non ci trovassimo di fronte ad un personaggio che conoscevamo già 4 anni fa quando si candidò a sindaco, ma che abbiamo conosciuto ancora meglio in seguito, dovremmo commentare  questa frase di esclamazioni e di moti di finta e affettata sorpresa. Ma come, è mai possibile che  uno, che si trova sotto protezione in quanto è l’unico italiano in grado di chiedere ed ottenere una scorta che possiamo dunque definire tranquillamente “fai da te”, formula frasi dal tenore chiaramente minaccioso nei confronti di un vice prefetto della Repubblica?  D’accordo sul fatto che Marcianise potrà ricordarsi, nel bene o nel male (dipende dai punti di vista) del commissario Lastella, ma cosa significa che  questi “si ricorderà di Marcianise“?

È inutile trincerarsi dietro alla tesi che riporta ad un abuso di interpretazione, perché in Italia, in Campania e in provincia di Caserta, per molto, ma molto meno, si sono levati cori di indignazione, il più delle volte, però, collegati all’identità, o meglio alla carta d’identità, alla declinazione delle generalità di chi una frase del genere pronunciava e non, invece, come serio e giusto dovrebbe  sempre essere, associando il giudizio alla valutazione letterale dell’ affermazione formulata, e non, in una reiterazione stucchevole e sconfortante ” del pensiero debole” ancora largamente imperante in questo Paese.

Perchè, se Antonello Velardi fosse un centesimo di ciò che dice di essere non avrebbe dovuto mai esprimersi in questi termini contro il vice prefetto di quello stesso governo italiano, che in maniera discutibilissima è costretto ad elargirgli la scorta perchè dei giudici del diritto amministrativo, nell’ambito di provvedimenti cautelari, hanno dimostrato di voler  entrare, come poi impropriamente sono entrati nel merito di aspetti attinenti alla sicurezza che non attengono minimamente alle loro competenze.

Ma noi, come abbiamo scritto prima, siccome Velardi lo conosciamo bene non lo prendiamo sul serio e valutiamo magnanimamente questa sua affermazione sul vice prefetto Lastella. Un uomo o una donna della satira politica, che non lo conosce bene avrebbe potuto sfottere, giocando un po con il suo nome, “don Nello Badalamenti“. Per noi che, ripetiamo, lo conosciamo ormai meglio delle nostre tasche è, invece, sempre “Carluccio uomo  di ferro”, l’improbabile guappo  che  Felice Sciosciammocca prende a calci nel sedere in una celeberrima scena del film “Il Turco Napoletano”. Magari sarà Nelluccio uomo di ferro ma siamo li.

Seconda questione: l’individuazione, sempre da parte del commissario straordinario Michele Lastella, di un’area della biblioteca comunale quale locale provvisorio per ospitare classi delle scuole primarie cittadine che altrimenti dovrebbero fare i doppi turni in quanto prive di quella estensione fisica in grado di mettere insieme la piena erogazione dell’offerta scolastica a tutti gli alunni iscritti, e le norme di prevenzione anti covid.

Per carità, si può discutere sull’opportunità di una possibile scelta diversa che il vice prefetto avrebbe potuto operare, tenendo conto che la biblioteca di Marcianise è uno spazio vivo e significativamente frequentato.

Detto ciò, però, non si può non notare che Velardi nei suoi attacchi sgangherati quanto scomposti nei confronti del commissario Lastella  ha inserito la variabile della necessità ineludibile di  recuperare  spazi scolastici che è  autentica priorità su ogni altra priorità, solo quando gli altri candidati hanno dovuto precisare e segnalare ai cittadini che la presa di posizione dell’ex sindaco mancava colpevolmente del suo elemento principale attraverso cui, sul piatto di un confronto politico-elettorale, si sarebbe potuto gettare, giustamente e legittimamente la questione dell’utilizzo della biblioteca.

Ma evidentemente questo argomento avrebbe perso il pathos che Velardi voleva attribuirgli, nella solita modalità di esposizione di un pensiero mai seriamente orientato alla realizzazione del bene comune, ma sempre ripiegato sulla necessità, ormai compulsiva, di esporre un ego sempre più solitario e autoreferenziale.