MARCIANISE. Come mai, la vestale della legalità Velardi non si era accorto che KLU era un locale abusivo?

31 Ottobre 2019 - 12:44

MARCIANISE (g.g.) – Non è che noi siamo fissati al punto da ripetere in maniera stucchevole e monocorde lo stesso ritornello.
Perché a Marcianise il tema della legalità ai tempi della sindacatura di Antonello Velardi ha assunto forme multiple e composite.
Per cui, il racconto dei fatti diventa doveroso proprio perché non è monocorde.
in poche parole c’è sempre un fatto nuovo, una modalità di violazione della legge differente da quella registrata nel nostro ultimo articolo.
Prendete, ad ennesimo esempio, questa vicenda dell’aggressione violenta, attuata da un nipote del boss pentito Bruno Buttone, ai danni di un altro ragazzo all’interno del locale Klu, aperto da pochi mesi in via Domenico Santoro, nel pieno centro storico.
Dell’episodio di violenza abbiamo dato notizia ieri sera, pubblicando per intero (CLICCA QUI) il comunicato stampa della questura di Caserta, che dava conto della rapida ed efficace azione di indagine realizzata dai poliziotti del Commissariato di Marcianise.
Stamattina, invece, in sede di approfondimento, realizzando quello che in gergo giornalistico si definisce “ritorno”, ci occupiamo dell’ultima parte del comunicato, che contiene le motivazioni della decisione assunta dalla Questura, che lo può fare per legge e competenza, della chiusura del suddetto locale.
Badate bene che Klu chiude non per il fatto di cronaca nera, che poi effettivamente non può essere ascritto alla diretta responsabilità dei titolari di un luogo commerciale aperto a tutti.
No, il provvedimento viene firmato dopo che i poliziotti, così è scritto testualmente, hanno compiuto “controlli amministrativi”.

Già questo è grave, perché la vestale della legalità, se è tale non solo a chiacchiere, deve considerare una priorità proprio l’attività di controllo amministrativo di cantieri, piazze e piazzette, chioschi trasformati in un bar dalle volumetrie strabordanti rispetto a quello ce sarebbe consentito dalla legge “Adotta uno spazio”.
Non è che ci vuole un professore del diritto amministrativo per ottemperare a questa fondamentale sezione della legalità applicata.
Da che mondo è mondo, le amministrazioni comunali (al Sud si contano purtroppo sulle dita di una sola mano) che applicano la legge senza se e senza ma, spediscono gli ispettori del cosiddetto Ufficio Annona, in pratica impiegati dell’area Attività Produttive, per controllare la regolarità delle attività commerciali.
Aver costretto la Polizia di Stato a svolgere “controlli amministrativi” è già di per sé una sconfitta, l’attestazione di un lassismo che indebolisce fino ad annullarla l’identità legalitaria che l’ex sindaco dichiarava ogni emzzo minuto di avere, in maniera mai come in questo caso sedicente.
Altra riga del comunicato della Polizia: il locale, gestito da una triade di giovanotti non inesperti, dato che due su tre sono figli d’arte e il terzo dovrebbe essere già collaudato dalla gestione di un altro locale, non è stato chiuso perché il contenitore della carta igienica è stato incardinato al muro un centimetro al di sopra del water, non perché è stata trovata un’ombra sospetta di rossetto sull’orlo di un bicchiere, ma per una roba che si chiama ABC.
In quel posto tutto si poteva fare fuorché un locale.
Scrive la Polizia: “Emerge che la destinazione d’uso di attività commerciale dell’immobile che ospita il locale teatro dell’efferata aggressione non corrisponde alla classificazione contemplata dal P.R.U. del Comune di Marcianise”.

Insomma, allo stato delle cose, è severamente vietato non solo aprire un locale ma vendere al dettaglio anche un solo spillo all’interno di quel palazzo.
Non siamo, dunque, di fronte ad una difformità, ma ad una attività abusiva. I tre soci sono: Giovanni Rasulo, titolare anche di un altro locale chiamato Ginger, Domenico Piccirillo, figlio dell’ex sindaco di Portico di Caserta e Francesco Siciliano, figliolo di Sofras Siciliano, il re dei supermercati, che il collaboratore di giustizia Gerardi chiama in causa, come abbiamo scritto negli anni scorsi, come amico dei Belforte, aggiungiamo noi sfortunato perché sempre Gerardi racconta di quando andarono per punire un concorrete di Siciliano e finirono, sbagliando, per incendiare il supermercato di un loro protetto.
I giovanotti se non giustamente, ma quantomeno comprensibilmente, vedono, vivendo a Marcianise, quello che è successo negli ultimi anni in città.
La scalata di Mimmo Tartaglione, che adottando un’area pubblica non ci ha installato un semplice chioschetto con giostrine piantandoci qualche fiore, ma ha cominciato a mettere insieme una sorta di complesso polifunzionale ovviamente a costo zero o quasi zero.

I tre tagazzi saranno passati per la zona attigua alla cittadella della somministrazione border line di Tartaglione e magari hanno comprato qualcosa nel mercatino abusivo scomparso dopo diversi mesi solo perché un giornale, cioè noi, scrivendo un articolo e pubblicando le immagini inoppugnabili riprese da un drone, ha fatto sì che la Guardia di Finanza intervenisse, ovviamente non trovando nessuno dei mercatali, che essendo illegali, in previsione dell’arrivo delle guardie e adeguatamente avvertiti da qualche anima buona, se la sono data a gambe.
E allora perché, in una città senza legge, senza la dignità di un’etica pubblica, tre giovani devono porsi il problema di chiedere, pagandoci sopra qualche buon soldo, il cambio di destinazione d’uso degli ambienti di un immobile del centro storico?

Questo si fa a Roma, a Milano, a Bologna, a Firenze, non certo in provincia di Caserta.
Men che meno a Marcianise, un po’ da sempre, ma soprattutto da quando è arrivata al potere Rea Silvia, cioè la vestale del tempio che diede alla luce, com’è noto, Romolo e Remo.
È questa la notizia. Diciamocela tutta: il figlio di Piccirillo, quello di Siciliano e Rasulo sono stati solo sfortunati, perché un cretino, geneticamente camorrista, ha aggredito nel loro locale un altro ragazzo. Se questo non fosse accaduto il loro locale avrebbe continuato a funzionare tranquillamente, al di sopra del fatto che tre ragazzi una mattina hanno chiamato muratori e arredatori per mettere in tiro quegli ambienti e una sera hanno aperto senza colpo ferire, senza alcuna autorizzazione amministrativa.
Secondo voi, quanti ce ne sono di locali così in provincia di Caserta e a Marcianise, città divenuta un vero e proprio fiore nero messo all’occhiello di una terra che per mentalità è corrotta e illegale da un personaggio che “ha salito” la sua fortuna proprio attraverso il linguaggio e la pratica dell’ipocrisia e dell’apparenza?

Migliaia, statene certi.