MARCIANISE. Delitto Carbone, colpo di scena. Ecco come Salvatore Belforte eviterà l’ergastolo
11 Maggio 2019 - 15:39
MARCIANISE (Tina Palomba) – Uccise un giovane di 20 anni perché testimone scomodo di un fatto di camorra. Il boss Salvatore Belforte, detenuto nel carcere di Secondigliano non potrà essere condannato all’ergastolo. Colpo di scena per un procedimento a carico del capoclan di Marcianise, ex collaboratore di giustizia, sotto accusa per l’omicidio di Orlando Carbone il capoclan dei ‘Mazzacane’ non potrà essere giudicato, secondo la difesa avvocato Piccolo, dinanzi al tribunale di Napoli e alla Direzione Distrettuale Antimafia ma dovrà essere processato con il rito ordinario con i giudici competenti territorialmente e con legge in vigore all’epoca dei fatti. “Orlando l’ho ucciso perché un testimone scomodo a soli 20 anni qualche giorno dopo la strage di San Martino avvenuta a Marcianise l’11 novembre 1986”. Lo ha confessato proprio il boss Belforte. In quegli anni non esisteva ancora né la Dda e né i reati collegati alla criminalità organizzata cioè associazioni di tipo mafioso. Il magistrato Giovanni Falcone contribuì in modo significativo alla costituzione dell’attuale sistema investigativo antimafia prima della sua uccisione. Decreto novembre del 1991 convertito in legge gennaio del 1992. Quindi il procedimento per Belforte, precedente al 1992, seguirà il vecchio rito ordinario e potrà chiedere, come anticipato dalla difesa, il rito abbreviato. Rito alternativo, con sconto di un terzo della pena non consentito invece con la recente legge proprio per i delitto di mafia. I resti delle ossa di Orlando Carbone sono stati fatti ritrovare nelle campagne di Marcianse nell’aprile del 2015 proprio da Belforte, a pochi mesi dalla sua collaborazione. Oggi non è più collaboratore perchè secondo la Dda di Napoli non ha detto delle verità su alcuni omicidi come sul delitto Gentile, l’amante di suo fratello Domenico Belforte