MARCIANISE. Firme false, i candidati sconfitti alle elezioni si costituiranno parte civile. Un appello al servitore dello Stato Ovalletto: si riscatti con l’esercizio della verità

5 Giugno 2019 - 19:14

MARCIANISE – Dario Abbate, candidato sindaco sconfitto alle elezioni comunali del 2016, ma probabilmente anche i consiglieri di opposizione e alcuni di quelli non eletti nelle liste della coalizione sconfitta, presenteranno, al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, istanza di ammissione alla costituzione di parte civile qualora tutti, ma anche uno solo degli indagati sulla vicenda delle firme false della lista “Orgoglio Marcianisano” subisse un provvedimento di rinvio a giudizio, a firma del Gup che di qui a poco sarà chiamato a presiedere l’udienza preliminare.

Una notizia che dà l’idea di quanto esacerbato sia il clima e di quanto fondato risentimento pervada un confronto politico che il sindaco Antonello Velardi, volutamente, ha trasformato in una vera e propria corrida, allo scopo di distogliere l’attenzione dalla deludente gestione di governo e dal nulla o poco meno dato da questa amministrazione a una città sicuramente arretrata sotto ogni punto di vista rispetto alle pur non luminose esperienze del passato di De Angelis e Antonio Tartaglione.
Una breve riflessione va fatta premettendo che noi non abbiamo nulla di personale nei confronti di alcuno.

Peraltro, colui che ha posto la prima firma sotto alla lista incriminata, cioè il poliziotto della questura di Caserta, Ovalletto, non l’abbiamo mai incontrato.
Stesso discorso per “frogman” Pasquale Bellopede che conosciamo solo di fama quale organizzatore dell’annuale Sagra della Rana.

Sappiamo, come appena detto, che Ovalletto è un poliziotto. Ci dicono che oltre ad essere un amico intimo del sindaco Antonello Velardi, fa parte anche della sua scorta.
Ci chiediamo, però, lo facciamo con lui ma lo faremmo con qualsiasi altro servitore dello Stato, quanto conti nella sa vita e nella sua coscienza la fratellanza con il sindaco di Marcianise e quanto conti invece il dovere di difensore della legge, di tutore dell’ordine e del diritto.
Dovrebbe spiegarlo lui, soprattutto ai suoi superiori.

Mettiamo che lui abbia firmato quell’elenco di nomi senza guardarlo. Così, superficialmente, dando per scontato che quelle erano tutte firme valide, tra le quali quelle di due camorristi incalliti.
Per cui diamo per scontato, e glielo auguriamo anche, che quella di Ovalletto sia stata solo una leggerezza.
Se davanti al giudice se la potrà cavare con un buffetto, non può essere così al cospetto dell’amministrazione dello Stato da cui dipende.

Perché un poliziotto, peraltro esperto e navigato qual è lui, non può firmare qualsiasi cosa, nel momento in cui quella firma implica una responsabilità di tipo amministrativo e dunque inerente al diritto pubblico.
Un poliziotto questo non se lo può permettere.
Ovalletto potrà essere anche un non colpevole per la giustizia, ma dovrebbe rendersi protagonista di un atto di resipiscenza che lo conduca a scegliere tra due possibilità.

Lasciare volontariamente il corpo della Polizia dello Stato oppure ammettere davanti ai giudici di aver sbagliato e di averlo fatto perché c’è stato qualcuno che gli ha detto di muoversi rapidamente in quelle giornate, visto che la necessità di favorire due o tre candidati aveva portato il Velardi, all’ultimo momento, a mettere in piedi una seconda lista civica oltre a quella già pronta.
Questo deve raccontare Ovalletto.

Ci rivolgiamo a lui e solo a lui perché, a suo tempo, ha giurato sulla Costituzione, dunque sulla massima fonte di quel diritto pubblico vilipeso da questa storia, e oggi deve dimostrare che se un uomo può sbagliare, se un poliziotto può sbagliare, lo stesso poliziotto, se vuol rimanere tale, deve dire tutta la verità e nient’altro che la verità, anche se il suo status di imputato non glielo impone.