MARCIANISE. Velardi ai 5: “traditori”. Quando la mistificazione diventa cinico coglionamento del popolo
19 Ottobre 2019 - 19:18
MARCIANISE (gianluigi guarino) – Cos’è un tradimento in politica? Nulla, o quasi nulla. L’incedere del tempo e dei secoli avrebbero, almeno in teoria, alzato l’asticella della valutazione e del giudizio sui comportamenti che si possono avere in politica. Nel senso che oggi sono tanti quelli che si affannano a dispensar patenti di moralità. Quelli che lo fanno, di solito, sono i peggiori. Ma le cose, rispetto a cento o centocinquanta anni fa non sono migliorate, anzi, forse, sono peggiorate,. A crescere, è stata solo la retorica sulla cosiddetta “buona politica“, espressione che significa tutto ma che, sfortunatamente, arriva a non significare un benemerito cazzo.
Uno dei parametri più interessanti e più realistici è quello rappresentato dall’identità del mandato popolare che, dall’inizio degli anni 90′ in poi, cioè da quando si è cominciato a votare per i sindaci e anche per i presidenti della regione con il sistema dell’elezione diretta, il mandato popolare è divenuto, in teoria, più chiaro. Quello riguardante il candidato sindaco, il candidato alla presidenza di una regione, è esplicito, evidente, incontestabile. Vince colui che ha raccolto più voti, con la riserva del possibile ballottaggio per ciò che riguarda le comunali. Se il sindaco, o il presidente della Regione, vengono sfiduciati dai rispettivi consigli, dunque, si torna al voto. Questa roba nacque proprio perché la classe politica italiana aveva la coscienza sporca, avendo costruito sul principio costituzionale della non esistenza del vincolo di mandato, le peggiori nefandezze trasformistiche. Una vecchia tara, un vecchio virus del nostro paese e del Sud Italia in particolare. Si disse: “Con l’elezione diretta tutto ciò finirà”.
Col piffero! Quella legge elettorale sancì, al contrario, un vincolo di mandato relativo al sindaco o al governatore che cadendo avrebbero determinato il ritorno, dall’altro, sempre rimanendo al principio del vincolo che la costituzione collega alle cariche parlamentari, non stabilì un vincolo
Insomma, se ribaltare la volontà popolare sul voto al candidato sindaco o governatore non è possibile, lo è, invece, sul voto per il consigliere comunale, il quale avrà pure, al limite, dei consensi suoi, personali, che lo sosterrebbero, come cantava Morandi fino alla fine del mondo e che avallerebbero ogni nefando ribaltone, ma immagazzina anche consensi di persone che sono disposti a votarlo, e lo votano, in quanto il candidato ha scelto questa o quella coalizione, questo o quel candidato a sindaco o a governatore. E allora diciamo che l’unico caso in cui il mandato popolare è realmente tradito, si verifica quando un eletto con il mandato di rappresentare l’opposizione democratica che vigila e controlla, se ne va con chi comanda e salta sul carro dei vincitori che, come diceva Ennio Flaiano, è una pratica sportiva tra le più in voga nel nostro paese, lo potremmo definire il vero e proprio “sport del parassita, il che è una contraddizione in termini tutta italiana. Perché un atto di trasformismo, che diviene più nitido per effetto della legge sull’elezione diretta e sui collegamenti dichiarati delle varie liste a questo o a quel candidato sindaco, a questo o a quel candidato governatore, è veramente tale quando è realizzato per conquistare il vantaggio del potere, che è stato negato dall’applicazione delle regole democratiche. Non c’è dubbio che sia così, è stato sempre così. Ai tempi di Giolitti, di una politica che aveva come matrici la destra storica e la sinistra storica, la tara, il virus del trasformismo diventò evidente perché al tempo si votava con la legge maggioritaria molto “spinta”.
Allacciate le cinture e preparatevi ad una discesa da montagna russa: la consigliera comunale di Marcianise Maria Di Lernia (vedete come le grandi categorie della dottrina politica possono essere applicate anche in contesti piccolissimi, al limite del misero) fu eletta per rappresentare quella parte minoritaria della popolazione che non aveva votato per Antonella Velardi (magari c’era stato qualche voto disgiunto, Velardi-Di Lernia, ma ammesso e non concesso che sia capitato, fu un dato aritmeticamente irrilevante), e che dunque trovava la sua rappresentanza, democraticamente indispensabile, perché senza minoranza, senza opposizione non c’è democrazia, nel suo status di consigliera “controllora“. E invece, la Di Lernia pensò bene (bene per i suoi interessi personali) di trasformare e stravolgere l’identità del voto che aveva ricevuto.
In queste ore, Antonello Velardi ha additato come “traditori” i 5 consiglieri che dalla sua maggioranza non sono transitati da nessuna parte, anzi, per la precisione, sono transitati direttamente a casa propria, presentando, alla luce del sole, una mozione di sfiducia e dunque condividendo con il sindaco, che avevano appoggiato alle elezioni, la certificazione democratica del fallimento di quella proposta di governo.
Insomma, non siamo di fronte a un passaggio dalla minoranza alla maggioranza, cioè a quello che è veramente un tradimento del mandato; non siamo di fronte a un atto di trasformismo, perché questo è costituito da un tessuto connettivo rappresentato del vantaggio personale che solo l’accesso al potere può garantire. Anzi, la cinquina non è passata nemmeno dalla maggioranza alla minoranza, giusto per conservare qualche spicciolo relativo alle indennità incassate nella veste di consiglieri. Sono andati a casa e dunque hanno inflitto a loro stessi un danno materiale, in modo da poter affermare un principio immateriale. Ecco perché, in termini di principio che possono tranquillamente codificare dottrina, ciò che hanno deciso di fare e poi hanno fatto la Frattolillo, Acconcia, Buonanno, la Galantuomo e Laurenza, non c’entra assolutamente nulla con il trasformismo e con il tradimento. Al contrario, si tratta di un atto politicamente nobile, perché fondato sullo svantaggio e non sulla speculazione personale
Come sempre, ci siamo spesi, anche in questo articolo, per commentare dignitosamente, compostamente, nel rispetto finanche delle opinioni di Velardi, le parole scritte da quest’ultimo. L’abbiamo fatto non tanto perché puntiamo a convincere i cittadini più superficiali che ancora in queste ore le giustificano, ma solo per rimetterle a posto, nella struttura culturale che dovrebbe sovraintendere ad ogni valutazione politica e che invece viene manipolata continuamente, cinicamente dall’ex primo cittadino. Questo qui ha la mistificazione incorporata. Una sua lista è stata presentata con 280 firme false, ha accolto una consigliera di opposizione, la citata Di Lernia, sul proprio carro e si permette di definire traditori delle persone che, dopo averlo appoggiato in maniera sincera e generosa, hanno solamente rivendicato e applicato il proprio diritto di svolgere un ragionamento politico che, arrivando alla conclusione evidente di un fallimento totale, hanno tratto l’unica conseguenza che la cosiddetta buona politica, la democrazia e il rispetto del mandato ricevuto, gli consentiva di dargli. Sono andati a casa, non dimettendosi da consiglieri, ma esprimendo, con pieno diritto, la loro idea di fallimento, attraverso una mozione di sfiducia di ben 9 pagine.
Fin qui l’articolo odierno. Domani, domenica, forse pubblicheremo ben due lavori su Marcianise, con grandi novità sul caso delle firme false e con un’informazione video-documentata, sul livello di legalità che si registra nelle principali piazze e nei principali luoghi della città.