“Mittenti segreti e rischio parole in codice”. Niente lettere al boss Martinelli, in carcere al 41 bis

31 Maggio 2025 - 11:07

SAN CIPRIANO D’AVERSA – La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da Enrico Martinelli, esponente di spicco del clan dei Casalesi detenuto al 41-bis, contro il blocco di alcune lettere a lui indirizzate. Il provvedimento era stato disposto dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, che aveva ravvisato elementi sospetti nella corrispondenza.

Secondo quanto emerge dalle motivazioni della sentenza, rese pubbliche nei giorni scorsi, il divieto si fonda su due aspetti principali: l’impossibilità di identificare con certezza il mittente e, soprattutto, il contenuto delle missive, ritenuto ambiguo e potenzialmente pericoloso. In particolare, vi sarebbero allusioni a contatti esterni che, secondo i giudici, potrebbero celare messaggi cifrati finalizzati al mantenimento di rapporti con l’organizzazione criminale.

La Suprema Corte ha confermato la necessità di un controllo severo della corrispondenza in regime di carcere duro, per impedire che i detenuti continuino a esercitare ruoli di comando attraverso comunicazioni mascherate. Come noto, in assenza di strumenti tecnologici illegali, spesso le lettere restano uno dei pochi canali per tentare di trasmettere istruzioni all’esterno.

Il caso di Martinelli non è isolato. Anche in passato, alcune lettere destinate al figlio Emilio — attualmente detenuto con una condanna per mafia — erano state inizialmente bloccate per irregolarità formali, poi sbloccate in seguito a chiarimenti sulla residenza.

Enrico Martinelli è stato condannato all’ergastolo per un duplice omicidio commesso nel 2003 a Grazzanise. Il figlio Emilio, considerato dalla Direzione distrettuale antimafia un nuovo punto di riferimento per la cosca sanciprianese, sta scontando una pena di dieci anni.