????????OPERAZIONE ASSASSINA: le cave a Caserta chiuderanno solo all’apertura del Policlinico. Cioè mai. ECCO COSA NE PENSIAMO
25 Luglio 2019 - 17:40
CASERTA (gianluigi guarino) – E’ noto ai nostri lettori il fatto che CasertaCE non ha mai inteso affrontare la questione delle cave esprimendo passioni di tipo confessional-fondamentalista.
Nel senso che le attività di cava sono presenti in tutto il mondo e che spicca, come compito evidente della politica, quello di regolare i processi di produzione, di porre in equilibrio la sempre più fondamentale ragione della tutela dell’ecosistema con le attività imprenditoriali che non sono informate solo dalla pur presente ed evidente ambizione al guadagno e a fatturati strabordanti da parte degli imprenditori del settori, ma anche da un’effettiva necessità che il mercato esprime e che il mercato andrebbe a soddisfare, nel caso di una politica visceralmente proibizionista, in maniera forse ancor più dannosa per la natura e per le sante ragioni dell’ecologia. Perché il proibizionismo becero, da che mondo e mondo, ha sempre provocato guai peggiori rispetto a quelli che vorrebbe fronteggiare.
Detto questo, però non andiamo oltre nell’illustrazione delle ragioni di un equilibrio liberale tra interessi materialmente confliggenti. Ai nostri occhi, infatti, risulta chiaro e lampante che la politica, anche in questo caso, tradisce la sua ragione costitutiva, visto che non è mai riuscita e non riesce oggi non riesce a mettere in equilibrio questi due interessi in conflitto, consistenti, ripetiamo, nella legittima causa dei privati e quella comunque superiore e prevalente dei cittadini, che codifichiamo, nel caso di cui ci stiamo occupando, come i residenti e gli abitanti delle aree, piuttosto estese, dove insistono le attività di cava.
Il dato è impresso nelle ormai celebri immagini spaventose, lunari, marziane delle montagne mozzate e di quei mastodontici buchi che sembrano puntare dritto al centro della terra, collegando lo scatto fotografico che li ritrae al senso desolato di un’aridità distruttrice di ogni forma vivente, animale o vegetale.
Già le scelte operate a monte dalla politica furono sbagliate nel momento in cui si permise di cavare, senza alcun limite, nella vasta area dei colli Tifatini. che al di là della loro storia, del loro portato identitario, caratteristiche che appartengono sempre alla materia opinabile, sono obbiettivamente, indiscutibilmente, troppo vicine ai centri abitati, a zone antropizzate ampiamente perché potessero diventare oggetto di sfruttamento produttivo nell’ambito di un’attività che produce un valore aggiunto nelle diversi fasi della filiera produttiva e commerciale, inferiore solamente a quello creato dal traffico nazionale e internazionale di cocaina.
Però, diciamo pure che, fatalisticamente, “chi ha avuto, ha avuto; chi ha dato, ha dato e scurdammc ‘o passat“, però cavolo, mo’ la vogliamo finire? O no, dopo più di 40 anni d’attività dei cavaioli? I milioni di metri cubi estratti nelle cave dei Moccia, dei Luserta, degli Statuto, della Cementir ecc., non rappresentano un tributo sufficiente che questa terra ha pagato allo sviluppo dell’imprenditoria e soprattutto allo sviluppo vertiginoso dei patrimoni e delle ricchezze di queste famiglie?
Ecco perché la denuncia fatta da Giovanna Maietta, una delle poche persone che in questa terra ha scritto e ha parlato di cave con alta cognizione di causa, diventa una notizia importante, ma anche una lucida e doverosa denuncia.
Ma che cazzo è questa porcheria fatta dalla regione Campania?? La dismissione dell’attività di cava a Caserta non sarebbe più collegata, come potrete leggere in maniera più dettagliata nell’intervento della Maietta che pubblichiamo in calce, al rispetto di un crono-programma che, peraltro, ha subito modifiche che l’hanno reso incerto e inaffidabile, ma ad un evento che non si verificherà mai.
A pensarci bene, quando abbiamo sfottuto il governatore De Luca, ricordandogli in esposizione letterale dell’impegno da lui preso in visita a Caserta nel cantiere di San Clemente, sull’apertura del Policlinico, che sarebbe avvenuta – disse lui – entro il 2019, non avevamo pensato che la sfrontata e spesso luciferina capacità che i politici hanno dir raccontar balle e formulare promesse, che immancabilmente non manterranno, potesse diventare addirittura un esercizio cinico che sfocia nel sadico.
Non solo, infatti, il policlinico non aprirà nel 2019, 2020 e neppure nel 3000, ma da qualche giorno l’attività di cava, in quella che è la sua tempistica di arresto, dismissione e riqualificazione, non è più legata ad una variabile più o meno definita, ma al tempo indeterminato e impossibile. Al tempo che non verrà mai dell’apertura del policlinico. Insomma, la tesi che definiremmo farneticante, se non sapessimo bene che dietro a questa cosa ci sono le manine sante di qualche politico della nostra terra, è la seguente: le cave, a Caserta, sono un problema solo per la vivibilità del policlinico. Dunque, fino a quando il policlinico non apre, le cave potranno continuare a lavorare. E siccome il policlinico non aprirà: cave forever. E quei cittadini che si sono lamentati per aver respirato polveri, per aver sussultato decine di volte al giorno di fronte alle esplosioni assordanti delle mine, le tante persone offese nella loro sensibilità dall’immagine delle montagne mozzate e distrutte nella loro vegetazione, non rappresentano una ragione reale, credibile e degna di essere considerata.
Se questo non è uno schifo, non è una manipolazione di verità cardinali, se questa non è un’operazione da latifondismo prezapatista messicano, ditemelo voi, cari lettori, cos’è.
Ed è Giovanna Maietta, attenta osservatrice delle dinamiche regionali, a rendere nota la cosa in un intervento che ci fa davvero piacere pubblicare perché rappresenta, da un lato, la conoscenza e la cognizione su fatti che passerebbero volutamente sotto silenzio, dall’altro lato, un esempio di coerenza nella prosecuzione di un impegno morale e civile che nemmeno questa porcata, ne siamo sicuri, estinguerà. Anzi, conoscendola abbastanza bene, riteniamo che la porcata di De Luca la spingerà a spendersi ancor di più per questa causa giustissima.
QUI SOTTO IL TESTO INTEGRALE DI GIOVANNA MAIETTA
La legge regionale 28 luglio 2017, n. 22 (Disposizioni sui tempi per gli interventi di riqualificazione ambientale delle cave ricadenti in aree di crisi ed in Zone Altamente Critiche (ZAC) e per le cave abbandonate del Piano Regionale delle Attività Estrattive. Modifiche alla legge regionale 13 dicembre 1985, n. 54) è così modificata: a) alla lettera h) del comma 1 dell’articolo 2 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al punto 1), il comma 10 bis dell’articolo 89 delle norme di attuazione del Piano Regionale delle Attività estrattive è sostituito dal seguente: “10 bis. Nelle aree interessate al Policlinico di Caserta la concessione cessa in ogni caso all’effettivo avvio delle attività di assistenza o di ricerca del Policlinico previa formale comunicazione da notificarsi al concessionario con preavviso di almeno sei mesi, ovvero in data antecedente, ove prevista dal Piano Regionale delle Attività estrattive.”
E’ ormai tradizione che, nei mesi estivi, quando tra vacanze e caldo le attività del consiglio regionali o per meglio dire di qualche consigliere onorevole delle escavazioni, si concentra sulle modifiche al piano regionale delle attività estrattive. Azione palesemente mirata a rendere permanente le escavazioni fino alla sparizione di colli e montagne. I soliti blitz estivi di amministratori del cemento.
Guarda caso si prendono per l’ennesima volta le aree di crisi e le zone altamente critiche, che si traducono per Caserta i martoriati colli Tifatini, compresi tra l’area est del capoluogo fino a Maddaloni. Una zona dove negli anni hanno operato ben 7 imprenditori in sfregio ai dettami di legge. Un erosione carsica meccanica che, con mine ed escavatori, ha creato delle enormi voragini, ferite inferte tra connivenze di parti contrapposte. Ancora una volta la Regione dello sceriffo ci prova, in maniera insidiosa, vergognosa e assurda.
Un emendamento quello sopra che vincola la durata della autorizzazione alla inaugurazione del futuro policlinico che non c’è, non ci fu e non ci sarà. E se per caso si aprirò chissà quando e se sarà, ma soprattutto cosa sarà e a che cosa servirà.
Lo spunto a questo emendamento lo hanno dato i pareri della commissione regionale di Valutazione di impatto ambientale che negli ultimi anni ha vincolato l’autorizzazione alla apertura del nuovo Policlinico, prendendo a riferimento la data ufficiale di ultimazione dello stesso, data che nei fatti si rivelava chiaramente fantomatica.
Qualche furbetto che siede su poltrone pubbliche ha pensato di rendere la scadenza reale dicendoci che solo quando il policlinico non solo sarà ultimato ma anche avviato e funzionale si potrà porre fine alle attività di cava. Sarà questo il risultato delle ultime europee visto il cambio di bandiera e il fermento di qualche sostenitore della zona?