Sciolta l’amministrazione comunale di Calvi Risorta. Giusto, ma la prefettura, potere amministrativo, continua a reggere la coda alla magistratura penale. E l’ordinamento non funziona così

26 Luglio 2024 - 18:22

Il caso di Santa Maria a Vico diventa oggi, alla luce di questa decisione, un fatto ancora più emblematico di questa situazione. Sparanise e poi Calvi Risorta oggetto di scioglimento solo dopo attività rese pubbliche dalla procura della DDA. Nel comune caudino, dove solo per un problema burocratico legato alla sostituzione di un giudice, i 21 indagati (sindaco indagato) con una tonnellata di intercettazioni che parlano da sé, non è stata nominata nemmeno una commissione d’accesso

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno Matteo Piantedosi, alla luce degli accertati condizionamenti da parte della criminalità organizzata che compromettono il buon andamento dell’azione amministrativa, ai sensi dell’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha deliberato lo scioglimento dei Consigli comunali di Stefanaconi (VV) e di Calvi Risorta (CE) e l’affidamento della gestione dei due comuni, per diciotto mesi, a due commissioni straordinarie“. Così si legge nel comunicato stampa finale del Consiglio dei ministri.

E fino a qua è la parte da nota stampa, da velina.

Andando, invece, alla ciccia del discorso, il caso di Calvi Risorta, comune da poche ore sciolto per infiltrazione camorristica, si lega alle accuse mosse dalla Direzione distrettuale antimafia nei confronti dell’allora dirigente dell’Ufficio Tecnico Piero Cappello, accusato di aver truccato gare a favore degli imprenditori Raffaele Pezzella e Tullio Iorio, che per la DDA sono imprenditori legati alla vita economica del clan dei Casalesi.

A pesare sulla posizione di Calvi, che dal mese di gennaio era sottoposta al controllo di una commissione di accesso nominata dalla prefettura di Caserta a due mesi circa dall’arresto ai domiciliari (poi annullato) di Cappello, Iorio e Pezzella, sono state le posizioni anche del sindaco Giovanni Lombardi, accusato di turbativa d’asta e favoreggiamento alla camorra, e del vice sindaco Giuliano Cipro, accusato di favoreggiamento, militare dell’Esercito reo – per i magistrati – di aver scoperto e forse rimosso una cimice dei carabinieri dall’ufficio di Piero Cappello.

A pesare sul decreto di natura amministrativa emesso dal consiglio dei ministri è stata la relazione finale della commissione di accesso della Prefettura, attivata a seguito dell’indagine della DDA, emersa con gli arresti dello scorso novembre.

Poco da aggiungere su Calvi. Le contestazioni dei magistrati, frutto delle indagini dei carabinieri di Caserta, rendono solido il rischio di condizionamenti criminali sulla vita dell’amministrazione comunale di Giovanni Lombardi.

Ma dobbiamo parlare anche della Prefettura di Caserta e del suo numero uno, Giuseppe Castaldo.

Se non è contestabile il modus operandi sulla situazione di Calvi Risorta, restano fortissimi dubbi su altri comuni della nostra provincia. L’impressione che si ha è che il prefetto e quindi l’intera prefettura si sia comodamente appollaiata alle azioni che compie la procura antimafia.

Semplificando, ci sono altre realtà della nostra provincia in cui non sono scattate ordinanze di custodia cautelare, ma dove sono ormai note fonti di prova che renderebbero inevitabile, a nostro avviso, l’attivazione della stessa procedura che si è vista a Calvi Risorta e a Sparanise, ovvero la commissione d’accesso.

Un esempio? Santa Maria a Vico.

Per il comune della valle caudina esistono pagine e pagine di intercettazioni depositate per un processo in corso, nelle mani delle parti, che dimostrano, senza tema di smentita che il sindaco Andrea Pirozzi parlava e assumeva impegni per truccare gare d’appalto con imprenditori e anche con esponenti della locale criminalità organizzata, a cui prometteva favori in cambio di sostegno elettorale.

Un problema di ordine burocratico, ovvero la sostituzione di un pubblico ministero con un collega, ha determinato un rallentamento delle indagini in cui risultano indagate 21 persone, tra cui il citato sindaco, altri elementi dell’amministrazione comunale ed esponenti della criminalità locale, oggi in carcere al 41 bis.

Come si può pensare che una situazione simile non meriti quantomeno una commissione d’accesso?

Questo e nient’altro, non vogliamo affermare che il Comune di Santa Maria a Vico vada sciolto, ma una commissione d’accesso è necessaria.

Ma se il metodo è quello di sottendere una decisione amministrativa, che se è tale è frutto di un atto di piena potestà dell’autorità amministrativa, ossia della prefettura, alle mosse dell’autorità di governo, se il provvedimento amministrativo diventa una variabile dipendente alla procedura penale, si stravolge l’ordinamento che, se nell’ambito della lotta alla criminalità organizzata e alle sue infiltrazioni all’interno della pubblica amministrazione, ha previsto due sentieri che possono anche intersecarsi in qualche circostanza, ma che sono indipendenti l’uno dall’altro, allora lo Stato in questa provincia finirà inevitabilmente per rendere dei favori a chi ha gestito la cosa pubblica, relazionandosi in maniera impropria al mondo della criminalità.

Non a caso, lo scioglimento per infiltrazione camorristica è un decreto di potestà amministrativa e non legislativa; non a caso, uno scioglimento per infiltrazione malavitosa dev’essere impugnato al cospetto della giustizia amministrativa, rappresentata da Tar e Consiglio di Stato; non a caso, al contrario, una qualsiasi decisione dell’autorità giudiziaria del diritto penale dev’essere impugnata presso un’altra autorità della giurisdizione penale, ossia Tribunale del Riesame e Cassazione per motivi cautelari, Corte di Appello e ancora Cassazione per le sentenze.

Lo confessiamo: aspettavamo al varco lo scioglimento di Calvi Risorta. Lo abbiamo sempre detto: non condividiamo con precise e circostanziate ragioni, sempre espresse con franchezza, questa mancanza di coraggio dell’autorità di governo locale.

Lo abbiamo detto e oggi lo abbiamo ribadito.