“Terzo attentato” ai danni del noto imprenditore Roberto Vitale. Una pec insignificante del dirigente Raffaele “Lello” De Rosa e poi la distruzione del catenaccio dell’impianto

22 Dicembre 2022 - 14:37

Invece di utilizzare un POST SCRITTUM, adottiamo il sistema del PRE SCRITTUM: se questo fatto è stato accompagnato solo da una mail pec spedita ieri sera, di terzo attentato si tratta. Probabilmente, per “felice contaminazione”, il sindaco Tommaso Barbato avrà mutuato certe tecniche dal suo cugino pentito e poi s-pentito di camorra, Giovanni Improda

TEVEROLA (g.g.) – Il metodo, il solito. Quello più volte applicato dall’architetto Raffaele De Rosa, per gli amici Lello, già vicesindaco in quel di Casapesenna ai tempi del “compromesso storico” tra Fortunato Zagaria, primo cittadino con le insegne di Forza Italia, ma in significativa fluidità di rapporto con le vere strutture di potere, senza l’ausilio delle quali nulla poteva succedere a Casapesenna, ben che meno l’elezione di un sindaco, e dal partito degli allora Democratici di Sinistra, capitanata dal parlamentare Lorenzo Diana, dal più volte sindaco di Orta di Atella, dal più volte consigliere provinciale, carica che si trasformò nel 2002, all’indomani dell’arresto del forzista Raffaele Scala, in quella di presidente del consiglio provinciale, e poi pure consigliere regionale, sempre targato DS ed eletto a Napoli nel 2005, Angelo Brancaccio, in seguito inquisito, arrestato e condannato per reati di camorra.

Oggi e per un’altra settimana, ovvero fino a venerdì 30 dicembre, Raffaele De Rosa, per gli amici Lello,

che a Casapesenna continua a comandare attraverso il fratello Marcello De Rosa, a sua volta sindaco da diversi anni, è e sarà ancora a capo dell’Ufficio Tecnico del comune di Teverola.

La vicenda che ha coinvolto quale vittima di almeno due attentati di stampo camorristico l’imprenditore teverolese Roberto Vitale è stata raccontata, vivisezionata in decine e decine di nostri articoli.

Ancor più dura di quella rappresentata dalle fiamme dolose che avvolsero e distrussero gli uffici della sua azienda e ancor più dura della truce, oscena, blasfema dell’oltraggiosa devastazione della cappella cimiteriale di famiglia, a partire dalle tombe dei suoi genitori; dicevamo, ancor più dura di quella esplicitata dai fatti criminali appena descritti, è la realtà di uno Stato che, a qualche anno di distanza, non è riuscito a cavare un ragno dal buco, non è riuscito a smascherare gli autori di questi blitz di camorra, lasciando solo e abbandonato, per giunta, il combattivo Roberto Vitale nelle grinfie di un’amministrazione comunale di Teverola in cui oggi, con un sindaco a dir poco evanescente, tra giunta e uffici, ancora operano persone vicinissime all’ex sindaco Biagio Lusini, dimessosi misteriosamente qualche tempoo fa dalla carica di consigliere comunale, ma che, mai come ora, sembra tenere le redini del comune nelle cui stanze è stato avvistato a ripetizione.

Lusini, dunque, sempre sulla cresta dell’onda. E nulla hanno inciso le molte su chiamate in causa dai collaboratori di giustizia, a partire sa Antonio Iovine O’Ninno, considerato credibilissimo dai magistrati napoletani antimafia, ma le cui propalazioni sull’ex sindaco in tutta evidenza non sono bastate per aprire quantomeno un’indagine strutturata su quest’ultimo e su tutte le dinamiche che hanno fatto di Teverola uno dei luoghi più opachi e inquietanti della provincia di Caserta.

Dicevamo del metodo De Rosa. Una pec spedita a Roberto Vitale durante la serata di ieri, mercoledì, per imporgli di smobilitare la struttura tecnico direzionale dalla quale l’imprenditore eroga da anni e tra mille problemi, in mezzo agli attacchi portatigli anche direttamente da Lusini, il servizio di pubblica illuminazione.

Minacciando di denunciarlo per l’interruzione di pubblico servizio, ovvero la mancata illuminazione, il De Rosa ha preannunciato la rimozione forzosa dei catenacci. Lo ha fatto ieri sera tramite pec, così com’era successo per altri fatti simili avvenuti tempo fa.

Stamattina, Roberto Vitale si è recato nell’impianto da lui gestito quale concessionario. Lo ha fatto dopo aver controbattuto alla contestazione sull’interruzione di pubblico servizio dimostrando già, nella serata di ieri, rispetto a ciò che diceva De Rosa, che il servizio di pubblica illuminazione era in funzione.

Sapete cos’ha trovato Vitale stamattina? I catenacci totalmente distrutti, divelti, sostituiti da un altro catenaccio, fatto apporre evidentemente dal De Rosa.

Occorrerebbe, ora, troppo tempo e troppo spazio solo per ricapitolare sommariamente le varie fasi di questa dannatissima vicenda e le difficoltà che la magistratura inquirente subisce nell’affrontare casi gravissimi come quello di Teverola.

Per cui, se a qualcuno interessa, basta cercare in qualsiasi motore di ricerca i nostri tanti articoli del passato, scrivendo Roberto Vitale CasertaCE.

Rimaniamo solo al fatto di stretta attualità. Vitale stamattina ha immediatamente chiamato i carabinieri, i quali hanno constatato l’accaduto e acquisito la versione dell’azienda.

Probabilmente, ciò diventerà l’ennesimo contenuto vano e l’ennesima vana informativa spedita alla procura della Repubblica.

Mettiamo pure che Vitale sia un impostore e Raffaele De Rosa, per gli amici Lello, già vicesindaco di Fortunato Zagaria, sia, invece, un angioletto posizionato, assieme all’altra figura eterea rispondente al nome di Biagio Lusini, sulla capanna di Betlemme. Dunque, rovesciamo la storia all’incontrario.

Formulata questa ipotesi, puramente didascalica, va sottolineato subito che per realizzare quello che il comune di Teverola ha realizzato, cioè la distruzione di un sigillo salvaguardato da un contratto, che è stato sì risolto unilateralmente dall’amministrazione, ma che è ancora sub judice, ancora sottoposto alla decisione (che arriverà in poche settimane) del Tar della Campania presso il quale Vitale ha presentato ricorso, occorrono una serie di atti formali e giuridicamente riconosciuti che non possono essere elusi.

Però, mettiamo che, nonostante tutto questo, Lusini, Barbato e De Rosa se ne freghino e vogliano utilizzare l’azione di forza, senza aspettare il pronunciamento del tribunale. Ma l’intenzione dei tre suddetti si dovrebbe scontrare, almeno sulla carta, almeno che Teverola e l’agro Aversano non abbiano dichiarato, con una pec spedita nottetempo da De Rosa la loro secessione dall’Italia, con le norme dello Stato di diritto.

Siccome noi ci riteniamo, per dirla alla Gaber, italiani, nonostante tutto, necessariamente dobbiamo formulare delle domande che agli occhi e alle orecchie del trio delle meraviglie, risulteranno odiose.

Prima domanda: in questa operazione esiste un verbale di constatazione e dunque la cristallizzazione di uno status quo che il comune contesta e ritiene revocato presso l’impianto di Vitale?

Seconda domanda: l’impresa, come prevedono le norme, ha ricevuto regolare avviso sull’intenzione del comune di rompere i sigilli, i catenacci apposti dalla ditta?

Terza domanda: ammesso e non concesso che sia stato inviato, garantiva questo avviso i 15 giorni di tempo al Vitale affinché ottemperasse, consegnando al comune le chiavi dell’area di erogazione del servizio?

Quarta domanda: De Rosa e il sindaco Barbato hanno provveduto ad attivare la procedura per la voltura dei contatori, visto e considerato che tutto il consumo l’ha pagato e lo sta continuando a pagare Vitale, a cui il comune di Teverola deve 330 mila euro?

Se questa procedura è stata eseguita in maniera certosina, il prossimo due gennaio mandiamo la proverbiale banda di musica in quel di Maddaloni, all’ingresso della Variante Anas, quando un nostro particolarissimo comitato di accoglienza scorterà Lello De Rosa nel suo nuovo ufficio al comune di Caserta, contiguo a quello di altri due professori della legalità, cioè a quello del super – ma proprio super di tutte le cose – il dirigente, l’inquisito Franco Biondi, che pure di agro Aversano si intende e si intende alla grande, sospeso dall’ordine degli Ingegneri, e a quello di Luigi Vitelli, vicepresidente dell’Ordine che, con Biondi sospeso, è stato assunto proprio dal Biondi a sua volta con una procedura ex articolo 110, riparando nel capoluogo dal comune in cui ha lavorato e nel quale si è comportato in maniera talmente trasparente e adamantina da conquistarsi un rinvio a giudizio con l’accusa di corruzione e concussione, perpetrati, secondo la procura di Santa Maria Capua Vetere e secondo il Gup che l’ha spedito a processo, assieme al comandante dei vigili urbani, Giuseppe Vastante, ai danni di un imprenditrice del commercio del baratto, all’interno del grande mercato ortofrutticolo di San Tammaro.

La banda di musica gli mandiamo, se stavolta De Rosa ha ottemperato alla procedura, se stavolta, in veste formale e ufficiale, la forza pubblica comunale, ovvero i vigili urbani di Teverola, si sono recati presso l’impianto e dopo aver provveduto alla distruzione del catenaccio esistente e alla sua sostituzione con un nuovo dispositivo di chiusura, hanno redatto (magari ricordandosi una volta d’indossare la divisa con le insegne della repubblica italiana) un verbale che, badate bene, avrebbe dovuto costituire l’ultimo atto di una procedura dentro alla quale, però, è mancato totalmente un formale contraddittorio, così come capita quando un comune deve contestare a un suo fornitore di servizi, a una sua concessionaria, presunte inadempienze contrattuali.

Se, invece, l’unica comunicazione è stata la pec, beh, sapesse De Rosa che mentre nel suo giardino di casa dell’agro Aversano ha potuto fare il bello e cattivo tempo, qui a Caserta questo giornale è in grado di sapere, di conoscere secondo per secondo quello che succede negli uffici che andrà anche lui ad abitare dal 2 gennaio.

Siamo sicuri che ci divertiremo noi e faremo divertire i nostri lettori.

Carlo Marino e Giorgio Magliocca ultimamente hanno dimostrato di essere una cosa sola. Raffaele De Rosa, per gli amici Lello, è stato chiamato da Marino a fare il dirigente nel capoluogo; Marcello De Rosa, fratello di Lello e attuale sindaco di Casapesenna, è stato delegato da Magliocca a gestire e a sovrintendere all’attività, e dunque anche agli appalti lucrosissimi relativi alla fittissima rete stradale, attiva sotto l’egida della provincia di Caserta.

In entrambi gli enti vige un vero e proprio monopolio di imprese provenienti dall’agro Aversano. In filosofia si chiamano sillogismi, qui, fate voi.