“Tu vuò fà l’americano”. Michele Maravita passava da una barca all’altra. Alla moglie e ai figli disse: “Fingete di essere la mia amante e non mi chiamate papà”

8 Giugno 2020 - 10:49

CASERTA – Michele Maravita non era certo uno parsimonioso. Questo ormai è chiaro. Amava ostentare ed aveva anche certi atteggiamenti tipici delle “simpatiche canaglie”. Capitò quando a Maratea fu fermato dalla capitaneria di porto che gli aveva chiesto i documenti ma lui, in barca con la famiglia e senza patente nautica, era stato costretto a ricorrere ad un escamotage. Disse, infatti, alla moglie Lena di scendere dalla barca con i figli, ordinando ai piccoli di non chiamarlo papà. Si inventò che quella donna era la sua amante, che la consorte era rimasta a Napoli e che aveva dimenticato in città i documenti.

A questo punto, subentra ancora il rapporto con la camorra napoletana, di cui già ci siamo occupati in un altro articolo. Maravita, infatti, cita di nuovo il cinese, ammazzato nel 2012. Il fratello di quest’ultimo aveva la patente nautica, su cui Maravita si appoggiava. Si fa inviare una foto non leggibile per “sopravvivere” a quel controllo inaspettato a Maratea.

Infine, un ultimo particolare: sulla barca organizzava pranzi, cene e feste, per assistere allo spettacolo dei fuochi d’artificio in occasione della festa di Sant’Anna ad Ischia. E non si trattava di barche di piccole dimensioni ma di natanti lunghi anche 13 metri. Parlando col suo ormeggiatore, infatti, Maravita (dopo una barca da 9 metri e mezzo), “dice

di averne acquistato una più grande, lunga circa 13 metri”, come potete leggere negli stralci che pubblichiamo qui in basso.

 

QUI SOTTO GLI STRALCI DELL’ORDINANZA