Su 105 del plafond dedicato, solo 35 entrano nello Sprar. In calce la clausola di salvaguardia
30 Marzo 2018 - 00:00
SANTA MARIA CAPUA VETERE – (g.g.) Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su questa vicenda dei richiedenti asilo a Santa Maria Capua Vetere. Nessun aumento particolare con il secondo bando che segue al primo già scaduto riguardanti il progetto Sprar in cui Ministero e comuni sono partner e tutte le attività avvengono controllate da soggetti istituzionali del settore pubblico.
Santa Maria Capua Vetere ha concordato con il ministero una quota di 105 richiedenti asilo. Nel progetto Sprar ce ne sono 35. E questo probabilmente è un errore o una volontà politica del sindaco e dell’amministrazione. Gestire, infatti, i richiedenti asilo dentro al progetto Sprar significa esercitare un controllo nettamente maggiore, significa coinvolgere l’asl nelle verifiche sanitarie dei luoghi abitati da queste persone, significa controllare direttamente tutte le attività finalizzate all’integrazione.
In pratica, gli Sprar sono obbligati a formare e a integrare i richiedenti asilo.
L’altra faccia della medaglia si chiama Cas. E qui fanno gli affari i privati perché in questo caso non esiste una gestione diretta dei comuni delegati dai ministeri ma entrano in ballo delle cooperative, cioè imprese private che fanno legittimo lucro, le quali fittano case e appartamenti con i soldi ovviamente finanziati dallo stato e dunque permettono a molti privati di realizzare un significativo guadagno.
Ma il problema non è questo. Chi è ospitato nelle abitazioni Cas non è controllato o è scarsamente controllato. La prefettura dovrebbe farlo ma fino ad ora si è dimostrata un pò di manica larga perché una cosa è che vengono i vigili urbani o gli ispettori dell’asl, altra cosa che il camioncino ti scarichi al volo il cibo nei contenitori stile ospedaliero con la cooperativa che svolge il minimo indispensabile per adempiere alle obbligazioni che le permettono di acquisire i soldi. Mentre, come abbiamo scritto prima, gli Sprar hanno l’obbligo di formare e integrare, questo obbligo non esiste per il Cas. Si tratta solo di prima accoglienza, vitto e alloggio.
Ecco, rafforzando la quota attraverso Sprar, magari coprendo tutte e 105 le unità, il comune avrebbe potuto tenere maggiormente sotto controllo anche l’allarme sociale che qualcuno in queste ore alimenta, più o meno ad arte, e anche per interessi di tipo politico.
A dimostrazione di quello che abbiamo detto, pubblichiamo qui sotto la clausola di salvaguardia del ministero il quale chiarisce che chi assorbe le quote definite con le strutture Sprar è esentato da altre forme di ospitalità.