CASERTA Campetti, villetta Giaquinto, area Saint Gobain: cittadini a caccia di aree verdi… aspettando il Macrico

21 Aprile 2022 - 17:08

La Pasquetta ha dimostrato che i casertani cercano luoghi green in cui trascorrere le loro ore spensierate. E nel lunedì dell’Angelo i molti visitatori della Reggia ci sono andati per ammirarne bellezza e magnificenza e non con lo spirito della gita fuori porta.

 

 

CASERTA (pm) Siamo di quel filone millenario di pensiero che concepisce l’arte per l’arte. Sulla scia dei padri latini e della loro  icastica sentenza Ars gratia artis e così come teorizzava, nei primi del secolo XIX, Victor Cousin, sull’arte che non deve avere altri fini che sé stessa, senza intenti utilitaristici. Se pensassimo anche noi agli scopi utilitaristici, come fanno al comune ed allo stesso ministero della cultura, hai voglia che ne avremmo di idee di grande richiamo: una bella arrampicata sportiva sulla facciata principale di Palazzo Reale, un esclusivo resort balneare alla peschiera grande, un torneo di pesca per tycoon nelle fontane del parco, ecc., ecc. .

Per questa nostra convinzione, la giornata di pasquetta ci è apparsa di importanza particolare per la Reggia, perché, per la prima volta, ribaltando un costume secolare, ma non per questo meno condannabile almeno per gli ultimo decenni, i suoi molti visitatori ci sono andati per ammirarne bellezza e magnificenza e non con lo spirito della gita fuori porta.

A dimostrazione del fatto che, se si vuole, determinati obiettivi come questi, sul piano culturale, si possono conseguire, anche impedendo, senza timore di populismi vari, di portare nel bosco palloni, mangiare al sacco e quant’altro di estraneo alla natura del luogo e vietando bivacchi, il vario campeggiare e le tintarelle. E di questo risultato va dato merito al direttore Tiziana Maffei, la quale nella giornata, inforcando per giunta una bicicletta, si è mossa da un capo all’altro del parco reale per sincerarsi che tutto procedesse per il meglio.

Nella foto, il cospicuo arbusto caduto. Nel riquadro, il punto in cui si è verificato il fatto.

Sappiamo che sarà riconfermata nell’incarico triennale di direzione della Reggia, di imminente scadenza, e questa prova, assieme alla continuità dell’azione gestionale che sarà garantita dalla sua proroga, fa ben sperare per il molto che resta da fare al museo. Solo un paio di giorni fa, nel giardino inglese, c’è stata l’ennesima caduta di un considerevole arbusto, dopo i crolli degli alberi che si sono registrati periodicamente negli ultimi mesi. E restano ancora irrisolte le fondamentali relazioni sindacali, la questione della politica museale, che non può cedere al sensazionalismo o sottrarsi al confronto scientifico attraverso pretesti od espedienti formali, nonché la trasparenza delle scelte di amministrazione.

Diversamente è andata ai campetti, dove, more solito, si è scampagnato apertamente e senza alcuna remora. Per giunta sotto gli occhi dei servizi di vigilanza pure predisposti, ma non si capisce a che fine. Ovviamente, se gli operatori dei vigili urbani o delle forze di polizia, non intervenendo fin da subito, veicolano il messaggio che sui prati ci si può trattenere e fare come se si fosse nel giardino di casa propria, mentre c’è un’ordinanza sindacale che lo vieta, diventa impossibile intervenire per il rispetto dei divieti sacrosanti che vigono sulla piazza, la quale è monumentale e non un parco urbano, quando la folla diventa tanta, come di fatto è avvenuto.

Nelle foto a seguire, i campetti con le comitive che vi hanno scampagnato. In particolare, un chitarrista che si è esibito con il suo strumento e tanto di amplificazione. Un gruppo di “ragazze del muretto”. L’uso della piazza monumentale è stato completamente lasciato all’iniziativa personale.

Di tutto ciò porta una grave colpa l’amministrazione comunale, che non comprende, come peraltro in tutta la materia del turismo cittadino, quali siano le sue concrete responsabilità. Anche nell’esigere il rispetto del luogo per il suo valore architettonico in uno con la Reggia. E come sempre assediato dalle macchine parcheggiate abusivamente ovunque.

Così, pur volendo ammettere e non concedere qualche tolleranza in considerazione della giornata, si è permesso di tutto, anche quando le varie comitive, dopo aver bevuto e mangiato, sono finite a fare baldoria vera e propria. Una movida in altre forme. Probabilmente gli agenti incaricati della vigilanza immaginavano di dover intervenire solo in caso di attacco terroristico, bah ! E chissà quali direttive avranno ricevuto, se pure qualcuno si è premurato di dargliele con chiarezza e senza ambiguità.

Questo alla Reggia. Per il restante della città, si pone ancora una volta un tema enorme. Abbiamo, difatti, visto molti gruppi familiari e molte comitive arrangiarsi nei pochi, residui, inadeguati spazi urbani naturali scampati alla vecchia ed all’attualissima e prorompente speculazione edilizia. Caserta è ormai un esempio deteriore di architettura del terzo paesaggio, quello interstiziale, residuale che si determina dopo la urbanizzazione più o meno spinta di un luogo. E che solo il sindaco Marino può immaginare che possa essere attrattivo per i turisti, dopo la Reggia.

In zona Saint Gobain (nelle foto), dove già molto altri cantieri sono in vista, compagnie di giovani e di parenti hanno trascorso la tradizionale giornata all’aperto sui pochi prati ancora disponibili. Nell’occupazione anche del parco Maria Carolina, concesso per un’iniziativa privata che si protrarrà fino a tutto giugno, lo stesso è avvenuto nella centrale villetta Giaquinto e nell’area contigua, benché vi domini il cemento delle costruzioni tecniche a servizio del sottostante parcheggio S. Carlo.

All’evidenza, dunque, c’è una domanda crescente di spazi verdi, che sostanzialmente mancano. La quale non può essere più disattesa. Diventa ancora più urgente, così, acquisire e destinare l’area del Macrico a parco pubblico cittadino, anche per una questione di equità sociale. Mentre il grosso della popolazione, in mancanza d’altro, ricorre ai campetti della Reggia anche per far sgambettare i bambini o si accontenta dei relitti di terreno superstiti per svagarsi, quella borghesia imprenditoriale e professionale che nel Macrico vuole in vario modo e grado comunque costruire, del verde cittadino non ha bisogno. Le bastano ville e giardini di proprietà in città o a Gaeta.