Falsi diplomi per lavorare nelle scuole. La Finanza gli trova e sequestra 30 mila euro in contanti dentro casa: “Sono di mia sorella”

15 Giugno 2022 - 11:57

CASERTA – Una delle inchieste più particolari del 2021 ha riguardato la presunta vendita di false certificazioni di servizio, di falsi titoli di studio (diplomi di maturità) e di falsi attestati professionali a persone interessate a ottenere incarichi di docente o di personale amministrativo, tecnico ATA degli istituti scolastici italiani. 

Tra coloro che alla fine di aprile aveva ricevuto la non crediamo gradita visita della guardia di finanza di Caserta c’è Salvatore D’Avanzo. A seguito di quei controlli legati all’indagine, a casa del 60enne viene rinvenuta la cifra in contanti di 36 mila euro, che il gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere decide di mettere sotto sequestro preventivo, perchè ritenuto cifra collegata al giro di denaro intorno ai falsi attestati.

Sempre i giudici della corte sammaritana hanno confermato quel sequestro, circa un mese dopo i sigilli, cioè nel giugno 2021. D’Avanzo, però, contesta la natura di quella somma, figlia di un business illegale, per gli inquirenti.

Il 60enne nato a Nola, infatti, ha spiegato che questi 30 mila e passa euro erano da lui conservati per conto della sorella, cifra ricevuta dopo il decesso della mamma, avvenuto una decine di anni fa. Per questo motivi e per altri legati alla forma tecnica e di legittimità del sequestro (che potete leggere nel link in calce all’articolo), D’Avanzo ha proposto ricorso in Cassazione per sbloccare tale somma.

Per i giudici dell’ultima istanza, però, le richieste dell’uomo sono infondate e quindi il modus operandi della corte del Riesame di Santa Maria Capua Vetere non è stato segnalato come illegittimo.

Nella sentenza della seconda sezione penale della Suprema corte, è stato ritenuto corretto il ragionamento che aveva portato a quel sequestro, basato sul rapporto tra il 60enne e Salvatore Ammaturo, anch’egli indagato, gestore di alcune scuole paritarie con il quale il D’Avanzo collaborava quale consulente per le questioni amministrative, previdenziali e lavoristiche. Per i giudici, inoltre, esiste un motivato periculum in mora, cioè un rischio reale che i 36 mila euro poteva essere reimpiegato in “ulteriori consimili attività delittuose”.

Sulla questione dei soldi della mamma, tenuti per conto della sorella, tale versione è stata ritenuta inverosimile.

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