MARCIANISE. Abbate e il candidato sindaco Angelo Golino siano coerenti e portino stasera il cacicchio Zannini sul palco con la Schlein

8 Maggio 2023 - 17:10

Stasera, il comizio della neo segretaria nazionale del Pd, alla quale nessuno parlerà dell’accordo nefando stretto dal suo partito con il più potente portatore di voti che Vincenzo De Luca schiererà tra due anni alle Regionali anche contro il Pd

MARCIANISE (Gianluigi Guarino) – Quando Ely Schlein é entrata nel fascio di luce proiettato dall’occhio di bue della notorietà, non poteva, nolente o dolente, non comunicare se stessa al cosiddetto grande pubblico, ai tantissimi che non la conoscevano, attraverso un immediato messaggio di immagine materiale, fisica e fisiognomica.

Ely Schlein e l’intellighenzia del contro make up

Viso ordinario, normale e, soprattutto, naturale, senza alcuna manipolazione cosmetica. Un’immagine potente, proprio perché apparentemente anticiclica, apparentemente inattiva nella messa in opera del look, inteso come realtà aumentata della propria faccia matura, quella fornita “di serie” da mamma e papà. Una faccia da donna della “sinistra sinistra”, di quella di una volta: fanculo fondotinta e rimmel, banalità della borghesia “che non capisce”.

Noi di sinistra sinistra abbiamo ben altro a cui pensare, ben altro da fare, altro che make up. Abbiamo da formare i meno abbienti, da parlare nelle assemblee dei collettivi. I quando di sera, quando ci incontriamo, ci rilassiamo recitando i passi dell’articolo 18 da un manoscritto di appunti di Gino Giugni, tolto ogni sera da una teca, uno dei padri dello Statuto, che erano proprio “compagni che sbagliavano” quegli ingenui dei brigatisti che il professore gambizzarono ritenendo lo Statuto e l’articolo 18 una roba di destra, troppo reazionaria rispetto al modello “illuminatissimo” dell’abolizione della proprietà privata. Fuor di goliardia, la faccia della Schlein ci ha colpiti e ci ha fatto pensare.

Ely
Schlein, il baleno della mosca bianca, poi Vogue mette tutto a posto

Magari si tratta di una che ci crede sul serio, una che non produce differenze tra quello che dice e quello che fa. Siccome, però, noi la sappiamo lunga, anzi lunghissima e “tante cose abbiamo visto che voi umani….,” ci siamo calmati, pensando, più prudentemente che quel viso sarebbe stato per noi vera rivoluzione dopo almeno un anno di osservazione attenta, analitica. Non è servito un anno.

C’è voluta una settimana e la sua scelta ponderata di rilasciare la prima intervista strutturata e ponderata a Vogue, con annessa risposta sull’armocromista, sinistramente in rima con tronista, ha risolto subito l’arcano e cancellato quel nostro pensiero sorprendente: la Schlein è normale, niente di che.

E una normale produzione della politica di questo tempo in questo Paese. Una parola buona per tutti e per tutto. Per il minimalismo dell’aspetto facciale, con quel naso prominente, dantesco, messo a disposizione dell’intellighenzia della sinistra “rigorosa e ortodossa”, quella che pensa ad alimentare la sua cultura, delimitata temporalmente dalla scissione – espulsione “di quelli del Manifesto”.

Poi, una parola buona a quelle donne che ritengono che il sol dell’avvenire possa essere irradiato anche da una lampada abbronzante. “Radical radical” e/o radical chic: salamella e Vogue possono combinati.

Cambia il tempo e l’identità dei blocchi sociali e siccome, al contrario, le intenzioni in politica sono sempre quelle, cioè uno strumento per l’affermazione personale, non ci scandalizzano mica davanti al diagramma composito di una faccia da antica militante, non vinta dalle preoccupazioni della vita reale, dei conti domestici da far quadrare, dei marmocchi da accompagnare a scuola, della lavastoviglie da armare, associata a quella dell’altro archetipo di una che, nata borghese e anche discretamente figa, spende duemila euro al mese per l’aspetto, al netto dei pellegrinaggi dal chirurgo dei ritocchini.

Va bene insomma, in questi tempi di campi sterminati, più che larghi, muoversi per mettere d’accordo Rossana Rossanda e Chiara Ferragni. L’importante è che la missione e l’obiettivo risultino chiari agli occhi del sottoscritto, il quale, ormai inguaribilmente, attende sempre la donna o l’uomo della provvidenza e che magari “un giorno all’improvviso…” incrociando quel naso intelligente, si innamora, si illumina per un attimo di immenso. Ok, allora, credevo fosse amore, invece era solo una carriera, per me un baleno onirico.

Ely Schlein è una brava persona, come lo è la Meloni. Ma come la Meloni, è un normale politico o un politico normale, scegliete voi come meglio vi piace dirlo e pensarlo. Il paradiso laico della diversità resta e resterà sepolto nel cimitero dove riposano le spoglie di Enrico Berlinguer.

I cacicchi della Schlein sono quelli originali, fascisti come De Luca

Rientrati dal giramento di testa, possiamo ora di valutare le parole della Schlein nella modalità solita. Cioè quella di chi considera, analizza e, infine, per l’appunto, valuta discorsi e programmi enunciati avendo sempre a portata di mano la password di decodifica, dato che i politici dicono, il più delle volte, diciamo quasi sempre, quello che non pensano e il più delle volte predicano bene e razzolano malissimo.

Utilizziamo, per l’occasione, come riferimento, il naso prominente, il viso minimalista, l’antitesi di Vogue e dell’armocromia, per ragionare un attimo sul comizio che la Schlein terrà stasera a Marcianise, a sostegno del candidato sindaco Angelo Golino.

Questo non sarà il partito dei cacicchi”, ha tuonato la Schlein nei giorni scorsi. Tutti hanno individuato nel governatore della Campania Vincenzo De Luca il bersaglio di questa definizione – citazione.

E non c’è alcun dubbio che proprio con De Luca ce l’avesse la neo segretaria. Ora, noi non conosciamo il grado di preparazione della Schlein. Ma, avendola osservata nelle ultime settimane quasi sempre in versione “partigiano reggiano”, se si eccettua la breve digressione dell’occhiolino regalato a Chiara Ferragni e alla “Milano da bere”, c’è da ritenere che la Schlein non abbia pescato i cacicchi dalla rubrica dei termini alla moda, quelli usati dai giornalisti a la page e che ti fanno fare una bella figura quando tieni un discorso. Questa è roba per paraculi del wikipedismo, é roba da Vogue.

E siccome, per ragionare sulle elezioni comunali di Marcianise, abbiamo messo il segretario in modalità 25 aprile, va dato per scontato che quei cacicchi siano usciti dal suo cuore prim’ancora che dalla sua testa.

I cacicchi e non gli ascari, i cacicchi e non i vassalli, i cacicchi e non i corifei. I cacicchi della Schlein, dunque, sono proprio quelli li, quelli del Centro America, i capi tribù indigeni, assoldati come gendarmi dell’ordine costituito dai padroni, colonizzatori e sfruttatori spagnoli. Quelli della Schlein sono i cacicchi dei dittatori fascisti e falangisti, della “democrazia organica” delle corporazioni, i cacicchi di Francisco Franco il caudillo e del suo pupillo e vicino di casa portoghese Salazar.

E sì, perché avverte un particolare gusto una come la Schlein, quando può dare del fascista all’uomo solo al comando della Campania, all’uomo che si era già accordato con il suo rivale Bonaccini per ottenere il terzo mandato. Ma per esserci il dittatore, o meglio, quel tipo di dittatore, occorre che questi armino la mano di gente in grado di mantenere l’ordine, di ubriacare gli indigeni con tanto rhum, tanta farina e, se serve, anche con un po’ di forca, alternata a panem et circenses.

Il Pd di Marcianise ha ingaggiato tutto il pacchetto Zannini. Non solo i suoi voti

Ebbene, o “emmale”, questione di cultura e di obiettivi, il Pd di Marcianise ha ingaggiato il capo dei cacicchi di De Luca. Lo ha fatto per vincere queste elezioni, a ogni costo, costi quel che costi, rinnegando in mezz’ora otto anni di battaglie contro il malaffare, cercando azioni democratiche finalizzate a provare quanto meno ad arginare il disastro di una città, utilizzata da Zannini come un bancomat di quel Consorzio Idrico, di cui il cacicchio di tutti i cacicchi Giovanni Zannini, che il Pd di Dario Abbate, amorevolmente accudito da Casertace in questi otto anni, nel nome di quello che in apparenza era un comune sentire, ha arruolato con modalità mercenaria, dando il proprio via libera all’accordo con l’assoluto dominus, col comandante in capo, col responsabile politico di tutte le nefandezze, che questo giornale ha raccontato, spendendo anche insieme all’amico Dario Abbate, ore e ore di studio, di dedizione assoluta, trascorse su caterve di atti amministrativi, di codici, di leggi “sfuse”, nel ginepraio, spesso inestimabile, delle raccolte giurisprudenziali.

Giovanni Zannini non è uno statista, men che meno uno studioso. Conoscendolo bene, siamo sicuri che fino ad oggi non abbia mai avvertito l’esigenza di apprendere, ad esempio, quale sia la differenza tra un decreto legge e un decreto legislativo, tra un decreto legge e un decreto ministeriale.

Non perché non sia in grado di capirlo, il giovanotto è sveglio più che intelligente, ma semplicemente perché non serve alla politica che ha fatto, vuole e deve fare e che farà da perfetto cacicchio. In nome e per conto del governatore e vicere dei possedimenti spagnoli delle Americhe, pardon, della Campania, Vincenzo De Luca. Nessuno racconterà alla Schlein, stasera a Marcianise, queste cose.

Nessuno le dirà che Zannini è una delle punte di lancia di De Luca, che gli ha affidato nel 2020 armi e ricchezze, così come si faceva e si fa con i cacicchi di talento, perché conquistare tanti voti nella lista civica, sul cui marchio il governatore aveva scritto a lettere cubitali il proprio nome. 21 mila voti raccolse Zannini in quelle che furono le prove generali del possibile showdown tra il Pd della Schlein e Vincenzo De Luca, in onda tra due anni. Allora furono 21mila, ma se si votasse oggi sarebbero molti di più, stimiamo da 40mila in su, grazie ai vari sotto cacicchi, a partire dal sindaco di San Marcellino Anacleto Colombiano, imprenditore delle grandi opere, proseguendo con l’ex vicesindaco di Sparanise Vitaliano Ferrara, “sciolto” per camorra. Insieme a tutto il Consiglio comunale per i suoi rapporti con personaggi vicini alla famiglia del boss del clan dei Casalesi Papa. Proseguendo poi con le fasce tricolori di S. Cipriano di Aversa, Parete, Lusciano, Vitulazio, Mondragone, Cancello Arnone, Carinola e tanti altri, grazie al controllo ferreo esercitato sull’Ato intercomunale dei rifiuti, sull’Ato delle acque, sul citato Consorzio Idrico, sulla Gisec della monnezza, che qui a Caserta continua a puzzare molto più che altrove e dove Zannini ha piazzato proprio il sindaco di San Cipriano d Aversa, che completa il tridente, per lui affidabilissimo, con quello di Parete, messo alla guida dell’Ato dei rifiuti e con quello già citato di San Marcellino, a controllare ‘Ato delle acque, in modo da poter blindare e gestire la mega torta della gestione del servizio con il Consorzio Idrico, trasformato in maniera a dir poco discutibile in un’improbabile Spa.

E ancora, in una sorta di orgia, di incontrollabile bulimia, acquisizione militare a scopo clientelar – elettorale a uso e consumo di De Luca, di altri consorzi, di Comunità Montane, di mezza Amministrazione comunale di Aversa, di assessori e consiglieri comunali sparsi in ogni dove, come capita, ad esempio, nel Comune capoluogo e in quello di Santa Maria Capua Vetere. Prima che per se stesso, per l’imperatore di Salerno, il quale, di Zannini, ha intuito subito certi talenti, mettendogli, conseguentemente a disposizione tutto, ma proprio tutto, perché requisisse e gli impacchettasse decine e decine di migliaia di voti in provincia di Caserta.

Abbate e il candidato sindaco Angelo Golino portino Zannini, il super cacicchio, sul palco con la Schlein

Ora, il mio amico Dario Abbate deve avere la dignità, per non abdicare definitivamente alla coerenza. Deve, come dice lui, metterci la faccia e su quel palco, vicino ad Ely Schlein, deve starci stasera, anche Giovanni Zannini, perché grazie ai voti di quest’ultimo, del cacicchio dei cacicchi, grazie ai metodi di un politico, che ha ridotto questa provincia, già inguaiata di per sé, allo stato brado di un’inciviltà tout court, come l’amico Dario Abbate sa molto, ma proprio molto bene. Ora, però, avendoci stretto, stipulato un patto formale, ufficiale, sancito da una foto che Zannini ha preteso e ottenuto, scattata insieme al candidato sindaco Angelo Golino, il Pd di Abbate deve portarlo su quel palco e, accostandosi all’orecchio della Schlein, le bisbigli questa frase: “Dai, Ely, cacicchio qualche volta, può essere anche bello. Per stasera magari ti metti per un’ora in modalità Vogue e Chiara Ferragni e vedrai che ti passa.” Firmato il Pd di Marcianise, martirizzato esattamente sette anni fa da una delle cose più oscene mai viste a memoria d’uomo in questa provincia, da Matteo Renzi, che pur di epurare Abbate e di candidare Antonello Velardi, calpestò mezzo statuto e che da quel martirio della ragione e delle regole democratiche non ha assorbito una sola oncia di etica e di buon vivere.