GIUSTIZIA. Ddl Nordio, il procuratore sammaritano Antonio D’Amato lancia l’allarme: “O si aumentano gli organici, o è paralisi”

13 Settembre 2023 - 17:33

A rischio i piccoli tribunali.


SANTA MARIA CAPUA VETERE. La riforma voluta dal Guardasigilli, Carlo Nordio, che prevede, tra l’altro, la cancellazione del reato di abuso d’ufficio e l’introduzione della decisione collegiale per la custodia cautelare in carcere nel corso delle indagini preliminari, porterà ad una “paralisi” degli uffici giudiziari più piccoli.

A lanciare l’allarme è Antonio D’Amato, procuratore aggiunto a Santa Maria Capua Vetere e già componente del Csm.
Il decreto, ora all’esame della Commissione Giustizia del Senato presieduta da Giulia Bongiorno, potrebbe avere delle
importanti “ricadute di carattere ordinamentale e organizzative”, osserva il magistrato che guarda con favore al possibile “differimento di due anni rispetto alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della riforma”. Una scelta che definisce “strategica” perché “volta a rimepire quel vuoto d’organico che colpisce la magistratura” che è sotto organico di “almeno 1500 unità” visto che per colpa del Covid “non si sono potuti fare i concorsi necessari”.
“La collegialità prevista nel ddl, che comporta l’aumento da 1 a 3 dei magistrati che dovranno decidere sulla misura
cautelare più afflittiva – spiega D’Amato – determinerà un ampliamento delle situazioni di incompatibilità. E si dovranno fare i conti con la struttura giudiziaria complessiva del nostro paese”. “Se è vero che negli uffici di grandi dimensioni la
misura

organizzativa prevista nel ddl potrà essere adeguata a fronteggiare il problema, nei Tribunali piccoli e di piccole e medie dimensioni – ribadisce il Pm – le conseguenze potrebbero essere catastrofiche, disastrose, non solo sotto il profilo di un rallentamento” del lavoro e potrebbero portare “alla paralisi degli uffici”.

 Il procuratore D’Amato ricorda, infatti, che attualmente la geografia giudiziaria italiana è distribuita “su 26 distretti di Corte d’Appello”. E qui, sottolinea, si determina la “prima stortura” perché “ci sono sedi di Corti d’Appello” che possono contare “su oltre 1000 unità, come Roma, Milano e Napoli e altre, come Campobasso, che di magistrati ne hanno meno di 100”.
Queste Corti d’Appello, poi, “poggiano su 140 Tribunali non equo-dimensionati perché si passa dai 21 di grandi dimensioni, che contano dai 50 ai 350 magistrati (e qui la riforma non andrebbe incontro a difficoltà) a quelli di piccoli e medie dimensioni” nei quali si “determinerebbe una paralisi”. I numeri, prosegue l’ex componente del Csm, parlano chiaro: in Italia ci sono “26 tribunali che hanno tra i 20 e i 25 giudici; 58 che hanno meno di 20 magistrati; una dozzina ne ha meno di 10 (Aosta, Rovereto, Urbino, Lanciano e Lanusei tra gli altri)”. E dunque, incalza D’Amato, “immaginatevi dover garantire 3 unità, con 2 supplenti, quindi, 5 magistrati nell’ufficio collegiale. Poi si deve avere un numero adeguato di giudici per le altre materie, per il civile ecc. e quelli che devono occuparsi del dibattimento”. “Se la riforma non fosse accompagnata da una revisione – è la sua analisi – gli effetti sarebbero davvero disastrosi”.