Malore per il boss Augusto La Torre. Il suo avvocato: “Non può stare in carcere”, ma per l’Antimafia ha ancora contatti criminali
5 Dicembre 2023 - 11:11
MONDRAGONE – Il boss di Mondragone Augusto La Torre è stato colto da un malore nel carcere di Padova: interrotto lo sciopero della fame che aveva osservato da tre settimane perché ancora in attesa di sapere se verrà considerato collaboratore di giustizia oppure no.
La Torre, attualmente detenuto nel carcere di Padova, nonostante affermi di collaborare da oltre 20 anni lamenta di non aver ricevuto alcun beneficio per essere collaboratore di giustizia anzi continua ad essere trattato come un camorrista.
Il suo avvocato che, dopo il malore che ha costretto il boss al ricovero in ospedale, ha affermato che le sue condizioni di salute sono “peggiorate, anche perché è affetto da una forma di anemia mediterranea e le sue condizioni sarebbero incompatibili con il regime carcerario“.
Continua così il legale: “L’ho sentito e lui era deciso a non fermarsi perché effettivamente la sua posizione allo stato non è proprio qualificata, cioè noi non sappiamo se abbiamo un collaboratore di giustizia oppure abbiamo un mafioso, questa è la posizione che noi non riusciamo davvero a risolvere da anni, ormai più passa il tempo e più non troviamo una posizione giuridica di La Torre. Le dichiarazioni del mio assistito sono state utilizzate in 38 processi, con diverse condanne all’ergastolo. Ad oggi, però, Augusto La Torre non è più considerato un collaboratore di giustizia e non sappiamo perché. In passato è stato addirittura messo in carcere al 41 bis con altri camorristi, con grave rischio per una minaccia aggravata contro alcuni magistrati e giornalisti poi archiviata dal gip“.
Recentemente, il magistrato di sorveglianza aveva dato un permesso premio a La Torre, decisione impugnata al tribunale di Sorveglianza dalla Procura generale, che poi ha avuto ragione, con ricorso presentato in Cassazione dall’ex boss. A pesare, probabilmente, su questa decisione del tribunale anche la nota presentata dalla procura, a firma della delle DDA di Napoli e di Torino, su presunti collegamenti ancora attuali con la criminalità organizzata.
Sulla possibilità di ritenerlo collaboratore di giustizia, poi, per la Direzione nazionale antimafia il percorso intrapreso da La Torre non sarebbe stato, diciamo così, guidato da una reale redenzione, ma più “dall’ansia di protagonismo e dall’insofferenza alle regole“.