TRENTOLA DUCENTA. Il sindaco Apicella si apparta fuori dal Comune con Zannini, ma dentro succede di tutto per la gara sul bene confiscato. Determine, ferie “firmate”, modifiche a penna, manca solo una gara di rutti e il quadro è completo

28 Agosto 2024 - 18:45

Quello che stupisce è la disinvoltura, il menefreghismo. Della serie: mi hanno scoperto che io ho fatto un’operazione a Ferragosto aumma aumma? E che mi frega, non faccio nemmeno una determina ex novo in sostituzione della precedente, ma scavo una penna a sfera dai cassetti. E se a Melito…

TRENTOLA DUCENTA – Pensandoci bene, l’adesione piena e incondizionata del sindaco Michele Apicella al cartello (politico?) del consigliere regionale Giovanni Zannini si è rappresentata come una sorta di rito liberatorio rispetto ad una necessità, avvertita fino a un annetto fa, di salvare quantomeno le apparenze.

Con Zannini si può. Potremmo citare centinaia di casi di Comuni che, al pari di quello di Trentola Ducenta si sono iscritti alla lista dei seguaci del politico mondragonese e che, da quel momento, hanno liberato gli ormeggi come se stare con Zannini rappresentasse una clausola di salvaguardia, di sicurezza e di impunità.

Francamente in passato noi scrivevamo che tutto ciò fosse solamente frutto di una suggestione, di una errata considerazione del contesto complessivo riguardante i rapporti tra la politica e altri poteri.

In considerazione di quello che è successo l’ultima estate dobbiamo, invece, emendare quel nostro punto di vista, considerando che l’iscrizione di sindaci e amministrazione al cartello di Zannini si basa su valutazioni non liquide, non evanescenti, ma su fatti che effettivamente suscitano l’idea che una speranza di impunità esiste nel momento in cui si sta dalla parte del mondragonese.

La fotografia che pubblichiamo, testimonianza di un incontro riservato tra il sindaco Apicella e Zannini a pochi metri di distanza dal Comune, ma comunque all’aria aperta, non è legata direttamente al fatto di cui ci stiamo occupando negli ultimi giorni, ossia al destino del bene da 360mila euro confiscato al clan dei Casalesi e assegnato al Comune di Trentola, ma questa foto riassume tutto quello che si è sviluppato nel Comune amministrato da Apicella negli ultimi mesi in quanto a disinvoltura, a strafottenza, a una sorta di relativismo estremo rispetto a quello che prescrivono le norme sui procedimenti amministrativi.

È del tutto evidente che quando l’ex consigliera comunale Martina Fabozzi ha smascherato l’incredibile determina con la quale il 12 agosto il Comune di Trentola ha attivato un processo di aggiudicazione di questo bene immobile, privo dei requisiti fondamentali, elementari, di una procedura, a partire dalla durata e quindi dall’indicazione della scadenza della stessa, Apicella e i suoi, parliamo soprattutto del dirigente Massimo Apollonio Capasso, si sono sentiti presi in castagna.

Ci è capitato tante volte perché spesso siamo stati noi a smascherare certe intenzioni degli amministratori.

Ma l’operazione di salvataggio è sempre consistita nella redazione di un altro atto amministrativo, in questo caso di un’altra determina che, facendo passare carenze e inadempienze per lapsus, errori materiali, naturalmente involontari, andava a sostituire quella bacata.

Forti di una sicumera, di un’arroganza, che forse si basa proprio sulla convinzione di essere al riparo da brutte sorprese, quelli dell’amministrazione comunale di Trentola hanno rovistato nei cassetti e dopo aver trovato una gloriosa penna a sfera, hanno corretto aggiungendo un numerino che mancava, ossia quello del 27 agosto quale data di scadenza dei termini della presentazione delle offerte.

Ma nonostante il periodo ancora semi-feriale, per dirla alla Malika Ayane nella sua “Come foglie”, un’estate come non mai, sta facendo discutere e non poco.

Primo punto: il dirigente Capasso era o no in ferie il giorno 12 agosto?

Alcuni sono pronti a giurare di sì. Se domani a questa domanda, pacificamente, risponde lui stesso, sarebbe utile a risolvere un problema sostanziale e sostanzioso, visto che la determina del 12 agosto reca proprio la sua firma.

Seconda questione: è un fatto o una ricostruzione errata il fatto che Capasso e il segretario comunale Tafuri abbiano lavorato insieme nei ranghi importanti del Comune di Melito?

La domanda sorge spontanea perché a Melito è stata attivata una procedura molto simile, se non addirittura speculare per l’assegnazione della gestione di un bene confiscato alla camorra.

Anche in questo caso, il confine tra “il pensar male” in maniera infondata e “il pensar male” di andreottiana memoria (qualche volta ci si indovina) è tracciato dai contenuti di un eventuale atto amministrativo redatto dal Comune di Melito su quell’affidamento.

Staremo a vedere.