NICOLA SCHIAVONE SUPER STAR: “Le manovre dei fratelli Ferraro con i prestanome. La ditta a loro vicina che vinse l’appalto al Moscati di AVERSA e la testa di maiale per Enrico Fabozzi”

2 Aprile 2019 - 19:33

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) L’ultima parte dell’interrogatorio di Nicola Schiavone che risponde alle domande del giudice delegato Corinna Forte, sezione misure preventive del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, contiene ulteriori elementi di specificazione riguardanti, non solo Nicola Ferraro, ma anche il fratello Luigi.

Ieri sera (CLICCA QUI) ci siamo soffermati su una parte, diciamo così, ludica, a partire dalle “puntate pazze” che Luigi “fucone” faceva, perdendo anche 5 o 6 mila euro in pochissimi minuti, nel locale bisca in cui andava a giocare anche Nicola Schiavone, fino ad arrivare alla vera e propria flotta di auto da sballo che il fratello di Nicola Ferraro possedeva e guidava con abilità ma anche con temerarietà al punto da uscire con le ossa rotte, nel vero senso della parola, da un terribile incidente stradale.

Oggi, invece, esaminiamo la parte più concretamente legata alle necessità di questa sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la quale ha bisogno di sapere tutto, ma proprio tutto, sui beni conosciuti, ma anche su quelli non conosciuti, riconducibili ai Ferraro. Particolarmente interessante è la parte in cui Nicola Schiavone racconta di quando, colpiti per la prima volta da un’interdittiva antimafia, i Ferraro, non solo provarono a dismettere le loro quote in EcoCampania,

intestandole a dipendenti che avrebbero dovuto fungere da prestanome, ma operarono sui loro beni personali che ritenevano a quel punto esposti al rischio di sequestro o di una particolare attenzione da parte dell’autorità giudiziaria, in modo da realizzare il medesimo obiettivo, stavolta però rapportandosi, non a dipendenti, ma ad altri imprenditori.

Dettagli precisi Nicola Schiavone non li dà. Dice infatti di non conoscere il nome di questi imprenditori perchè lui non partecipò direttamente alle vicende interne della galassia imprenditoriale dei fratelli Ferraro. Sa, però, che i tentativi ci furono e furono molto insistiti.

Altro episodio interessante è quello di un non meglio precisato appalto, vinto per l’ospedale Moscati di Aversa, da un’impresa di pulizie, raccomandata al clan proprio da Nicola Ferraro, sotto la cui egida, secondo Schiavone, si muoveva.

Il pentito dice che dei rapporti con quest’azienda se ne occupò suo cugino Nicola Panaro, l’ennesimo Nicola di questa storia, che il rampollo di Sandokan chiama carinamente “Nicolino”. La ditta, ad un certo punto, dopo aver raggiunto un’intesa e un equilibrio per il pagamento della tangente al clan dei casalesi, non paga più e, dunque, non mantiene ciò che aveva promesso.

Nicola Panaro, a questo punto, manifesta a Schiavone quella che ritiene la necessità di punire l’azienda in questione. Ma questi non è d’accordo. Lui fa un passo indietro, e come dice testualmente “non va a sparare a questi“. Ciò non perchè fosse stato improvvisamente, attraversato da una forma di resipiscenza, ma semplicemente in quanto riteneva non propizio quel momento specifico, durante il quale si registravano forti pressioni da parte delle autorità inquirenti e della polizia. Un atto clamoroso e plateale contro questa ditta avrebbe significato l’incremento di questa azione investigativa e di quelle indagini approfondite, che poi avrebbero portato a tutto quello che hanno portato, compreso l’arresto dello stesso Nicola Schiavone.

Non sa, infine, quest’ultimo, se Nicolino Panaro organizzò o meno la spedizione punitiva e su questa affermazione, il ricordo sfuma.

Per quanto ci riguarda, giusto per completare la definizione di questa vicenda, va detto che Nicola Ferraro, se è vero quello che racconta Schiavone, raccomandò l’impresa alla camorra affinchè trovassero un accordo per il pagamento della tangente, dopo essere riuscito, evidentemente, grazie ai rapporti politici di cui poteva disporre, ad ottenere che questa ditta delle pulizie vincesse la gara che aveva una evidente stazione appaltante: l’asl.

Dovrebbe trattarsi dell’asl Caserta2, perchè i fatti, almeno in apparenza, forse, dato che Nicola Schiavone non li incastra in maniera precisa da un punto di vista cronologico, risalgono ad un tempo precedente a quello dell’unificazione, ma, aggiungiamo noi, il dettaglio non è fondamentale perchè come abbiamo visto, le cose, nelle asl divise e in quella unificata, hanno funzionato esattamente allo stesso modo.

Ultima sottolineatura, la testa di maiale, fatta trovare davanti alla porta d’ingresso della casa di Enrico Fabozzi, sindaco di Villa Literno e persona vicinissima a Nicola Ferraro con cui, praticamente, fa staffetta, quando quest’ultimo, alle elezioni regionali del 2010, già preso di mira dalle inchieste giudiziarie, non potette ripresentarsi per un seggio in consiglio. Nicola Schiavone fa il nome e il cognome di chi quella testa di maiale andò a posizionare: Alessandro Cirillo, ovvero il ben noto sergente. Uno dei killer e uomo di punta del gruppo Bidognetti che poi si sarebbe unito al commando di fuoco di Peppe Setola, in un tempo, però, successivo, dato che Nicola Schiavone chiarisce che quell’atto fu compiuto prima che Setola evadesse dalla clinica lombarda in cui era ricoverato.

Anche in quel caso, sempre a quanto risulta alla conoscenza di Nicola Schiavone, i Ferraro intervennero per intercedere a favore di Fabozzi, recandosi, con ogni probabilità, ma anche su questa cosa Schiavone afferma che la sua è una deduzione e non una conoscenza diretta, al cospetto dei Bidognetti e, probabilmente, proprio al cospetto di Alessandro Cirillo u sergente. Parimenti alle altre vicende raccontate, lo Schiavone afferma di non conoscere i dettagli di questo incontro.

Una nostra chiosa: cercheremo di partecipare ad un’udienza in cui è prevista la testimonianza in video conferenza di Nicola Schiavone. Non per un motivo particolarissimo, ma per una curiosità socio-antropologica. Semplicemente per capire se ciò che è riportato nelle trascrizione, riproduca esattamente il linguaggio, le parole e anche le precisazioni, inerenti alle procedure giudiziarie, così come queste risultano dalle medesime trascrizioni. Perchè se questo parla veramente così, siamo di fronte ad una persona decisamente colta e dotata di un eloquio sconosciuto (ricordate i sottotitoli del maxi processo di Palermo?) ad ogni altro esponente di spicco di clan malavitosi.

Ma ripetiamo, per appurarlo, abbiamo bisogno di esercitarci così come si esercitò, davanti al Cristo risorto, il diffidente apostolo Tommaso.