AVERSA. Se salta l’assessore Luigi Di Santo, il sindaco Golia farà uno sgarbo a Don Caritas Carmine Schiavone. L’anima borghesoide, la falsa novità e i politicanti che lo divoreranno

16 Agosto 2021 - 18:32

AVERSA – Da un punto di vista formale, ma a pensarci bene anche sostanziale, l’ingresso nella giunta comunale di Aversa di Marco Villano è munito di una legittimità democratica di cui, al contrario, sono totalmente prive le nomine speculari ottenute da Francesco Sagliocco e da Giovanni Innocenti. Ciò perché, questi due qua, le elezioni comunali le hanno perse e non vinte, come invece è successo a Marco Villano, che ha  ha sostenuto candidati eletti in consiglio comunale nei banchi della maggioranza e da qualche mese entrato in giunta, con le pesantissime deleghe all’Urbanistica e ai Lavori Pubblici.

Questo discorso va esteso, con una cifra di legittimità ancora maggiore, alle richieste che, in maniera pressante, muovono dagli umori sempre più agitati e concitati degli altri consiglieri comunali Pasquale Fiorenzano e Marco Girone, entrambi eletti due anni fa in una delle liste della coalizione che appoggiò l’attuale sindaco Alfonso Golia.

Quando noi, come ci rinfacciano spesso, “facciamo una monnezza” questo o quel politico, non nutriamo mai il dubbio di aver esagerato nei toni e nei contenuti. Questo per un motivo molto semplice: non conosciamo personalmente il sindaco Alfonso Golia, né abbiamo intenzione di conoscerlo; non conosciamo personalmente l’assessore Villano e non conosciamo personalmente i due consiglieri Fiorenzano e Girone.

Dunque, non potendo avere nulla di personale nei confronti di quelle che per noi sono solo figurine, immaginette che utilizziamo a corredo degli articoli loro riguardanti, siamo costantemente concentrati sugli atti, sui contenuti, sulle azioni e anche sui riferimenti politici che muovono molte delle attività dei tre esponenti del Pd aversano. Per cui, saremmo dei coglioni e smentiremmo questa nostra imparzialità qualora non distinguessimo la posizione di chi ha compiuto un ribaltone, entrando in una giunta comunale senza alcuna legittimità politica, avendole perse, ribadiamo, le elezioni, da quella di chi, invece, le elezioni le ha vinte e dunque merita una separazione netta tra ciò che si può scrivere sulle loro attitudini ad amministrare e il diritto politico a farlo, assolutamente fuori discussione, diversamente da quanto accade per Francesco Sagliocco e Giovanni Innocenti.

Fatta questa premessa assolutamente dovuta, andiamo oltre nel ragionamento: la spinta e le pressioni che Fiorenzano e Girone stanno attuando, a mo’ di vero e proprio pressing, nei confronti del sindaco, vanno comunque a incidere su quel famoso 65% (che oggi è quasi totalmente evaporato), raccolto da Alfonso Golia al ballottaggio, frutto non tanto di suoi meriti ma dell’assenza di competitors elettorali credibili.

Subito dopo le comunali, Alfonso Golia ebbe infatti la possibilità di far valere la forza dei suoi numeri rispetto a quella che si manifestava nel consenso raccolto dalle liste a lui collegate e dai candidai al consiglio comunale che le componevano. Dunque, Golia potè nominare assessori di sua strettissima fiducia, associando le loro carte di identità e le deleghe che gli attribuì ad un processo deliberativo monocratico che trovava piena ragione in quel 65% del ballottaggio e frutto di una indubbia capacità di attrarre consenso tra gli aversani. Se oggi Villano e poi Fiorenzano e Girone alzano la voce, scalpitano, è perché quel 65% non fa più paura a nessuno e Alfonso Golia non potrà mai fare come faceva De Luca ai tempi in cui era sindaco di Salerno quando, ad ogni stormir di foglia nella sua maggioranza, si alzava e diceva: “Andiamo a casa, non candiderò nessuno di voi, e tornerò a fare il sindaco mentre voi dovrete ritirarvi a vita privata”.

Luigi Di Santo, cioè l’attuale assessore ai Servizi Sociali, che dovrebbe saltare di qui a poco per far posto a Fiorenzano o al suo collega, non è, però, uno “scappato di casa” qualsiasi, ma è un punto di riferimento relazionale del potentissimo vicario della Diocesi di Aversa don Carmine Schiavone, dominus e gestore della montagna di quattrini che sta dentro e gira attorno alla Caritas, don Carmine Schiavone, sacerdote di Casal di Principe trapiantato nella città normanna.

Luigi Di Santo, dunque, declina più di ogni altro il metodo applicato dal sindaco Golia al tempo della nomina della sua giunta: grande attenzione, disponibilità e anche un po’ di riverenza nei confronti di certi poteri, che poi qualcuno con una particolare sensibilità etico-politica, può anche definire poteri forti.

D’altronde, uno dei punti di forza di Golia su cui questi indubbiamente potè contare nella campagna elettorale di due anni fa, fu proprio quello di riuscire ad apparire, allo stesso tempo, un giovane innovatore che però – senza farlo diventare alfabeto della sua propaganda – conosceva bene i percorsi, le pubbliche virtù ma soprattutto i vizi privati della borghesia normanna, che non essendo quella di Manhattan o della City londinese soffriva, come ancora soffre, di un male che colpisce ogni borghesia di provincia, incapace di essere autentico propulsore di sviluppo, un vero Terzo Stato, essendosi consegnata a un processo storico che la vede collegata in uno stato di subalternità alle aristocrazie di oggi così come era collegata alle aristocrazie di ieri.

Una borghesia che si nutre di apparenza e che magari ingrossa a dismisura le casse della Caritas diocesana non come conseguenza di un sentire autentico dedicato alla filantropia e alla carità, bensì per rappresentarsi (in materia più che in spirito) attraverso quel cospicuo obolo che diventa veicolo di ingresso e marchio di appartenenza alla schiera delle cosiddette persone perbene, in una modalità che non a caso viene definita, con una degenerazione dialettica, perbenismo.

Il papà di Alfonso Golia e lui stesso hanno sempre avuto un rapporto molto stretto con la Caritas Diocesana e con don Carmine Schiavone.

La nomina da assessore, manco a dirlo, proprio ai Servizi Sociali di Luigi Di Santo, uomo Caritas del potente sacerdote di Casal di Principe, sbocciò da questo humus culturale, da questo substrato.

Roba da Gattopardo, che nulla c’entra con il dinamismo giovanile di un professionista con lo sguardo progressista, per dirla, alla Pierangelo Bertoli, dritto e aperto nel futuro.

Per cui, Alfonso Golia nel momento in cui, pur di sopravvivere, dovrà necessariamente cedere alle richieste, politicamente fondate, di Fiorenzano e di Girone, dopo averlo già fatto con quelle di Villano, perderà anche le ultime gocce di credibilità dentro a quei poteri più o meno forti che molto hanno contato nell’urna elettorale, dove la comunione tra questi e il mondo di matrice borghesoide da cui Golia proviene, ha prodotto proprio tanti voti.

Con Di Santo fuori e Fiorenzano dentro, Golia si autoassimilerà a un altro mondo, cioè quello a se stante dei politici di professione, a cui la volontà leonina di perseguire l’obiettivo del massimo guadagno con il minimo sforzo, ha fornito gli strumenti di un particolare tipo di intelligenza che, dopo aver utilizzato Golia in questa fase, lo divorerà e poi lo digerirà tranquillamente, visto e considerato che se il format deve essere quello di un politicante, allora ce ne sono centinaia ad Aversa, migliori del sindaco attuale.