CAPUA. L’incompatibilità del sindaco Luca Branco per i rapporti con la coop del fratello don Gianni. La lettera del vicepresidente e l’assenza dalla giunta: rimedi peggiori del male

3 Settembre 2020 - 13:39

Fra il 30 giugno e il 17 luglio, ci sono due atti ufficiali che sanciscono il partenariato in un nuovo progetto ma che risolvono anche l’ultimo dubbio: i germani Branco conoscono il problema e hanno cercato di risolverlo in maniera rudimentale

CAPUA (g.g.) – Ieri, scrivendo l’articolo su quello che noi riteniamo (nessuno ci ha ancora smentiti e nessuno a neanche opinato) un chiaro caso di incompatibilità tra una persona, nella fattispecie Luca Branco, e la carica di sindaco che ricopre (LEGGI QUI L’ARTICOLO), pur biasimando un errore di ignoranza sulla norma così come questa è precisamente formulata dal comma 1 bis dell’articolo 61 del Testo Unico degli Enti Locali, abbiamo voluto tenere la porta aperta ad una possibile involontarietà, ad un atto di leggerezza che avrebbe portato il citato sindaco e il noto sacerdote capuano, don Gianni Branco, a non rispettare il dettato normativo il quale prescrive senza se e senza ma l’impossibilità ad esercitare la carica di sindaco qualora parenti o affini fino al secondo grado ricoprano la carica di amministratori in società fornitrici di lavori o servizi al comune. Non avevamo controprove e pur affermando il principio noto, a maggior ragione applicabile di fronte a personaggi autorevoli, quali sono senz’altro il primo cittadino di Capua e suo fratello, che la legge non ammette ignoranza, abbiamo graduato la cifra della responsabilità, come detto, tenendo la porta aperta alla matrice colposa e non dolosa della stessa.

E invece, cerca cerca, ci siamo imbattuti in alcuni documenti ufficiali del comune di Capua risalenti a circa due mesi fa. Il primo di questi è una lettera con cui la cooperativa Città Irene invita il comune a rendersi partner della stessa per l’attuazione di un progetto, finanziato con denaro pubblico, del bando Socio Sanitario Fondazione con il Sud con il progetto”Polo della solidarietà”.

A questa lettera, il successivo 17 luglio, con delibera di giunta, l’amministrazione comunale di Capua dà l’assenso pieno all’adesione al progetto, come richiesto dalla cooperativa. In poche parole, anche in questo caso, come quello dei lautissimi finanziamento degli Sprar, si celebra lo sposalizio tra l’ente cittadino che ha in Luca Branco il suo sindaco e l’accorsatissima cooperativa Città Irene, che ha in don Gianni Branco il suo legale rappresentante, elemento decisivo ben al di là di quanto non lo sia la carica di presidente del CdA che ricopre.

Perché abbiamo voluto sottolineare il fatto che la relazione tra presiedere l’amministrazione di un organismo di diritto privato e la funzione di legale rappresentanza non sono necessariamente connessi, non sono necessariamente causa ed effetto? Perché rispetto all’iniziativa del partenariato, abbiamo visto strani quanto ingenui tentativi di depistaggio. La lettera, infatti, non reca la firma di don Gianni Branco, bensì quella di Savino Compagnone, vice presidente della coop. La delibera del 17 luglio è stata votata in assenza del sindaco Luca Branco.

A noi, i politici della provincia di Caserta tra cui, purtroppo, ci sono tanti sacerdoti, che dovrebbero avere un comportamento più lineare di quello che hanno, ci fanno letteralmente impazzire: la lettera di invito all’amministrazione comunale l’avrebbe potuta firmare anche l’attendente di campo, il parcheggiatore che opera sotto la sede della cooperativa Città Irene. Il problema non è costituito dalla paternità della firma o da una possibile delega che don Branco abbia potuto attribuire al vicepresidente Compagnone. La struttura dell’incompatibilità, così come prevista dal comma 1 bis dell’articolo 61 del Tuel, non entra minimamente nel merito della genesi, dello sviluppo e dell’esecuzione di un atto societario, come può essere quello di una lettera. Il Tuel si occupa solo di uno status quo funzionale: siccome al momento, dalle carte e dai documenti, non risulta assolutamente che don Gianni Branco si sia dimesso dalla carica di presidente del Consiglio di Amministrazione, il discorso non si pone e l’incompatibilità del fratello sindaco rimane. Tra le altre cose, anche se rinunciasse alla carica di legale rappresentante, cioè a quello status che determina normativamente quell’incompatibilità, rimarrebbe in piedi la carica di presidente del CdA o una carica interna a questo, che provocherebbe comunque un inacettabile commistione che getta ombre sia sull’Arcidiocesi di Capua, sia sull’amministrazione comunale.

La strada è una sola: don Gianni Branco deve lasciare ogni carica interna e (a nostro avviso) deve abbandonare anche lo status di socio. Lo deve fare pure nel caso in cui l’essere socio gli deriva dalla sua condizione di parroco pro tempore. Non è detto neppure che sia così, dato che questo particolare aspetto non l’abbiamo ancora approfondito. Qui parliamo di un sindaco e di un importante esponente della curia che avrebbe il dovere di essere anche “più realisti del re” e che, invece, utilizzano questi piccoli sotterfugi che a questo punto tolgono di scena la colposità e l’ignoranza della legge da noi ipotizzata nell’articolo di ieri, come la lettera firmata dal vicepresidente o la delibera votata in assenza del sindaco Branco.

La Capua secolare e quella spirituale non ci stanno certo facendo una bella figura.

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LA PROPOSTA DI CITTA’ IRENE

LA DELIBERA DEL COMUNE DI CAPUA