CLAMOROSO: Carmine Zenga marito di Marisa Giacobone, rinviato a giudizio per minacce gravi ai vigili urbani e per resistenza a pubblico ufficiale. Ora lei si dimetta almeno dalla carica di vice sindaco

17 Giugno 2024 - 16:34

Ad Adolfo Villani diciamo: questa è la civiltà del suo progetto politico? Risponda, altro che leoni da tastiera. Lei non ha espresso una sola argomentazione a confutazione delle nostre tesi. Noi rispettiamo la sacralità del mandato popolare espresso attraverso i 365 voti riportati dalla Giacobone, ma è lei, anche con la vicenda del bar e del famoso appartamento a non essere assolutamente consapevole della carica che ricopre e della necessità di rispettare le leggi come la Costituzione prescrivere

CAPUA (g.g.) Noi non siamo degli arruffapopolo. E neppure dei demagoghi. Sarebbe fin troppo facile, infatti, sparare, in questo momento altri colpi e nuovi colpi pesantissimi. Ci limiteremo, invece, all’enunciazione della stretta cronaca relativa ad un fatto nuovo approfittando dell’occasione per riassumere tutte le puntate precedenti nei confronti della famiglia Giacobone-Zenga-Buglione.

Conosciamo le regole della democrazia molto di più di quanto non dimostri di conoscerle il sindaco di Capua, Adolfo Villani. Pe cui, se fino a prova contraria, la signora Marisa Giacobone è stata personalmente votata da 370 capuani alle ultime elezioni comunali e se, fino a prova contraria, la signora Marisa Giacobone si è vista validare questi voti da una commissione elettorale senza che alcuna autorità giudiziaria ne abbia minimamente messo in discussione l’origine e la genuinità quale libera espressione del pensiero di questi cittadini, noi ci dobbiamo, ripeto, ci dobbiamo inchinare a questo esito.

La Giacobone, dunque, rappresenta, senza se e senza ma 370 capuani.

Questo risultato le ha consentito di essere scelta come assessora con una delega molto pesante, quella dei servizi sociali, a cui ne ha associate altre più leggere ma, soprattutto, le ha consentito di essere scelta dal primo cittadino come numero due della città: vice sindaca e dunque sindaca facente funzioni qualora Adolfo Villani non fosse in condizioni, per motivi vari, di esercitare la propria funzione

E fin qui tutto okay, siamo d’accordo

Domanda: quanto conta la relazione tra la solenne legittimità a governare, frutto di un mandato popolare di rappresentanza, rispetto ai molti fatti tutt’altro che commendevoli, tutt’altro che edificanti che hanno connotato le vicende attraversati dalla stessa  in questi due anni di amministrazione dalla signora Marisa Giacobone, vice sindaca della città, e dai suoi diretti congiunti?

Ecco il nostro punto di vista che riassumiamo in una sola parola: dipende

Da che dipende, cantava Jarabe De Palo un interprete brasiliano in una canzone dei primi anni del nuovo millennio?

Lui diceva, applicando un principio fondamentale del liberalismo, che dipendeva dal punto fisico, mentale e morale, utilizzato per guardare le cose del mondo

Qui il discorso vale fino a un certo punto. I voti del popolo sovrano, infatti, attengono ai diritti costituzionali. Però, la Costituzione ripete come una cantilena che sono le leggi a rappresentare il limite di espressione dei diritti costituzionali. Si tratta di punti fermi e non di punti di vista come quelli esplicitati nella canzone.  E qui, come si suol dire, casca l’asino.

Prima questione: una persona, e sua moglie,  denunciarono ad un giornale, per una volta non al nostro, di essere stati maltrattati moralmente e anche un po’ fisicamente da un congiunto di Marisa Giacobone, in quanto, da inquilini, fondamentalmente in nero, di un appartamento di proprietà di una società di cui al tempo faceva parte, non sappiamo più adesso, anche la vice sindaca, avrebbero chiesto la regolarizzazione del contratto allo scopo di accedere a benefici finanziari di sostegno, trattandosi di una famiglia molto disagiata.

Dopo qualche timida smentita liquidatoria e fondata sui problemi nervosi e mentali di cui aveva sofferto la signora denunciante, comincia a camminare in rete il video in cui si vede un altro congiunto di Marisa Giacobone, questa volta suo cognato, cioè il compagno della sorella, prendere in consegna dalle mani di quello stesso inquilino una non precisata cifra in contanti, comunque costituita da un numero rilevante di banconote (CLIKKA E GUARDA)

Ciò viene immortalato dietro ad un tavolo dell’appartamento in questione

Seconda vicenda: il bar Giacobone. E’ mai possibile che a 5 mesi di distanza da un ordine formale, impartito dall’allora comandante dei vigili urbani di Capua Carlo Ventriglia all’allora assistente capo Patrizia De Ruvo affinchè svolgesse una funzione di polizia giudiziaria finalizzata a sua volta ad accertare se il bar Giacobone violasse o meno le norme erogate dal comma 3 n.3  dell’articolo 20 del codice della strada e , conseguentemente, se violasse le previsioni del codice penale, articolo  633 relativamente all’occupazione abusiva di spazi pubblici, non si riesca a capire se la De Ruvo abbia o meno svolto questa sua attività oggetto di un formale ordine di servizio o se, invece, non l’abbia svolta, esponendosi ad un’indagine per violazione dell’articolo 328 del codice penale, che regola il reato di omissione di atti d’ufficio.

Quello che invece si sa, e si è anche visto in nostri articoli del tempo, è l’esistenza di una fotografia che, nella quale la De Ruvo, proprio durante il periodo in cui era stata sollevata la questione degli spazi abusivi occupati da quel locale, indossando la divisa dei vigili urbani di Capua, si è fatta riprendere all’interno del bar affianco della vice sindaca Marisa Giacobone, travisata da un vestito carnevalesco, insieme a due consiglieri comunali della maggioranza

Per cui ad oggi non è possibile stabilire se l’ipotesi di omissione di atti d’ufficio vada ascritta all’attività di Patrizia De Ruvo o, al contrario, ad altre istituzioni del Comune (il sindaco Villani e/o il Suap)  le quali in presenza di un rapporto della De Ruvo non sono intervenute per ripristinare la legge violata da quei tavolini, da quelle sedie, da quegli ombrelloni, da quelle fioriere etc . Una condizione di illegalità dimostrata da un’azione che la vice sindaca Marisa Giacobone ha compiuto nel momento in cui, ammettendo di essere morosa con il pagamento della tassa, si è recata al Suap ritenendo di aver regolarizzato quello che continua a non essere regolare, visto e considerato che il bar Giacobone occupa l’intera superficie del marciapiede di fronte in spregio alle previsioni, da noi illustrate sillaba per sillaba in almeno 10 articoli del già citato n.3. del comma 3 dell’articolo 20 del codice della strada

Se è giusto che un mandato popolare venga rispettato, è ancor più giusto che la legge a cui la Costituzione italiana rimanda quando deve stabilire il perimetro di esplicazione dei diritti individuali, venga integralmente rispettata da ogni cittadino, figuriamoci poi da un vice sindaco che quel bar possiede in quanto comproprietaria con la sorella Candida, delle quote societarie, con la  madre, la signora Buglione utilizzata nella veste di  amministratore unico e , dunque, di  legale rappresentante

Terza questione: è notizia di questi giorni l’inizio del processo a carico di Carmine Zenga, marito della vice sindaca Marisa Giacobone.

Domanda: riguarda un fatto suo, riguardante l’esplicazione della propria attività d’imprenditore e non tocca funzioni, strutture e competenze dell’amministrazione comunale di Capua?

Se, se, te lo sogni. Carmine Zenga è stato, infatti, citato in giudizio da un pubblico ministero della Procura di Santa Maria Capua Vetere per due reati molto gravi. Entrambi prevedono pene variabili dai 6 mesi ai 5 anni di reclusione

Il primo reato è quello di minaccia a pubblico ufficiale, ai sensi dell’articolo 336 del c.p ,  per impedirgli di compiere i suoi doveri d’ufficio. Il secondo reato è direttamente connesso al primo: resistenza a pubblico ufficiale, ai sensi dell’articolo 337 c.p., sempre allo scopo di impedire l’esercizio delle sue funzioni il tutto condito dall’aggravante prevista dall’articolo 82

Si tratta di un fatto accaduto lo scorso 20 settembre quando sua moglie, Marisa Giacobone era pienamente, come del resto lo è ancora oggi in carica nelle funzioni di vice sindaco e di assessore.

Secondo il capo d’imputazione frutto di un verbale scritto da due vigili urbani e divenuto poi, quando è arrivato nelle mani del comandante, oggetto di informativa di polizia giudiziaria trasmessa alla Procura della Repubblica di S.M.C.V. Carmine Zenga avrebbe addirittura minacciato i due tutori dell’ordine con queste parole: “Un giorno all’altro prendo una mazza e vi fracasso la testa”

Questo sempre nei pressi del bar di famiglia che, dunque, odora di illegalità in ogni suo centimetro quadrato. A quanto si sa, i vigili urbani si erano recati sul posto per verificare la legalità e la regolarità dell’occupazione di suolo pubblico. Una vera e propria missione impossibile per quello che è successo allora e per quello che non sarebbe successo nel febbraio successivo Ed è normale allora, cara vice sindaca Giacobone che voi riteniate di essere intoccabili, che voi riteniate di poter spargere oggi tavolini, sedie etc in ogni dove del marciapiede.

Perché se il vostro strumento è quello della minaccia e della resistenza a ufficiale figuriamoci cosa ve ne freghi del metro in più o del metro in meno previsto dalla n.3.comma 3. Dell’articolo 20 del codice della strada.

Ma per Carmine Zenga quella dei vigili urbani è una vera e propria fissa, visto che in un altro episodio il marito della vice sindaca di Capua aveva scatenato una sorta di caccia all’uomo nei confronti di un’auto dei vigili urbani di Capua, rivolgendo epiteti nei confronti di chi la occupava colpevole a suo dire di un incremento del traffico, chiaramente dovuto in quel giorno all’evento del giuramento dei militari della caserma Oreste Salomone proprio in via Brezza. (CLIKKA E GUARDA)

Quel video noi lo abbiamo mostrato e potremmo farlo 100 volte ancora compreso l’inseguimento e in scooter Carmine Zenga fa di un’auto dello stato costretta letteralmente alla fuga, mentre il marito della vice sindaca la riprende, violando anche in questo caso, e clamorosamente, il codice della strada visto che ciò avviene utilizzando una delle due mani che dunque impugna il manubrio dello scooter

In questo viaggio riassuntivo non abbiamo voluto, per carità di patria, riapprofondire la questione del profilo di Facebook, intestato al figlio, al tempo minorenne e dunque non in condizione di essere titolare di un profilo social, della vice sindaca. Uno spazio dentro al quale Carmine Zenga ha scritto di tutto e di più

Ma questo fatto unito a quello della Ferrari del fratello di Carmine Zenga, suo socio Francesco Zenga, che scorazzava per Capua non riguarda gli aspetti legali, giuridici in senso stretto ma, soprattutto per quanto riguarda la storia della Ferrari si associa alla valutazione politica che i capuani dovrebbero dare del livello culturale che determina le attività di governo della loro città.

Allora, sindaco Villani secondo noi il diritto di rappresentanza, solennizzato in quei 370 voti raccolti dalla Giacobone, viene soverchiato da queste illegalità che non possono implicare una divisione delle responsabilità tra moglie e marito.

Prima di tutto perché l’appartamento della prima “questione” è di proprietà di una società di cui fa parte anche la voce sindaca. E lo stesso discorso vale per il bar che non a caso si chiama Giacobone. Detto questo se il marito della vice sindaca scorazza per la città facendo il teppista e minacciando organismi del Comune, e che ora vogliamo auspicarlo come atto dovuto, si deve essere necessariamente costituito parte civile in un processo già iniziato il 4 giugno scorso, rappresentato ai massimi livelli dalla moglie, è evidente che mastodontiche ragioni di tipo giuridico ed altre  inerenti all’opportunità politico-istituzionale rendono assolutamente necessarie le dimissioni di Marisa Giacobone quantomeno dalla carica di vice sindaco.

Poi, facciamola rimanere anche in giunta per rispetto dei 370 voti ottenuti dai capuani che si troverebbero senza rappresentanza in quanto la Giacobnoe dal moneto in cui   è stata nominata assessora, si è dovuta dimettere dalla carica di consigliere comunale. Però il vice sindaco no. Risponda Adolfo Villani. Altro che leoni da tastiera. Qui si tratta di fatti cruciali, dirimenti che stanno precipitando Capua allo stadio di una comunità governata con modalità trogloditiche