Clan dei Casalesi in… GONDOLA. Dopo la scarcerazione di Luciano Donadio, Raffaele Buonanno & co. la Dda presenta ricorso: “Riarrestateli tutti”

16 Febbraio 2023 - 19:00

Si tratta dei 14, oggi sotto processo per aver costituito una cellula camorristica a pochi chilometri di distanza da Venezia. Per altri 25 imputati, tra cui un sindaco, un ex sindaco poi vicesindaco, un commercialista, un’avvocatessa, un poliziotto dopo le condanne nei primi due gradi di giudizio, proceduti speditamente per effetto del rito abbreviato, si attende entro un paio di mesi il verdetto, forse definitivo, forse no, della Corte di Cassazione.

CASAL DI PRINCIPE (g.g.) Leggendo un po’ di articoli, dedicati a questo argomento dai giornali veneti, abbiamo capito, in linea di massima, che la presunta cellula del clan dei Casalesi, attiva in provincia di Venezia, con epicentro nel comune di Eraclea, rappresentava una filiazione di una colonia attivata da soggetti partiti da Casal di Principe e dall’agro aversano agli albori degli ultimi anni ’90 e agli albori di questo secolo e insediatisi in territorio veneto.

Abbiamo voluto compiere questa ricerca, volendo evitare di sgranare il rosario di piccoli, medi e corposi articoli di cronaca giudiziaria, venduti all’ingrosso ai nostri lettori, utilizzando “la parola magica” Casalesi che, nel momento in cui viene citata, renderebbe inutile ogni inquadramento del contesto storico, di quello sociale, economico, eventualmente politico e socio-criminale.

Scrivere il nome di Luciano Donadio, presunto capo di questa cellula del clan dei Casalesi trapiantata in Veneto, significa, infatti, far calare una sorta di ufo in una narrazione, già di per sé caotica, complicata dal ginepraio di nomi, di cognomi, di omonimie relative alle centinaia e centinaia di persone coinvolte, a vario titolo, nelle indagini sulle attività, direttamente erogate nel territorio della provincia di Caserta o esportate, con il mantenimento di un marchio criminale in grado ancora di intimidire, al di fuori della Campania.

Per cui, ora potremo seguire con maggiore cognizione di causa e senza scadere nell’informazione all’ingrosso, tanto al chilo, ormai troppo omologata, troppo conforme e conformista al punto che, molti di questi articoli, hanno perso interesse proprio perché troppo genericamente erogati.

Andiamo per ordine: nell’anno 2019, la Direzione distrettuale antimafia di Venezia ha ottenuto da un gip dello stesso tribunale l’emissione di un’ordinanza di custodia cauteare a carico di diverse decine di persone, accusate, a vario titolo, di essere parte o al fianco o, comunque, di avere favorito le attività criminali di quella che viene definita come una cellula del clan dei Casalesi insediata ad Eraclea e imperniata sulle figure apicali del già citato Luciano Donadio e di Raffaele Buonanno, il quale possiede un nome ed un cognome che riconducono ai nostri territori ma che, tutto sommato, non li ha bazzicati più di tanto, essendosi forse trasferito in Veneto già da diversi anni. Tra le persone coinvolte anche dei politici, precisamente Graziano Teso, ex sindaco e poi anche ex vicesindaco in un’amministrazione comunale più recente, guidata nella veste di primo cittadino da Mirco Mestre, anche lui coinvolto, a dimostrazione – osservò a suo tempo la Dda nella sua richiesta di emissione di un’ordinanza – di una effettiva penetrazione del clan nelle istituzioni del governo cittadino di Eraclea. Politici, ma non solo. Rimasero impigliati nelle maglie di quest’inchiesta anche alcuni colletti bianchi, precisamente un’avvocatessa, un commercialista ed anche un poliziotto del commissariato di Jesolo.

Un’inchiesta strutturata soprattutto sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, il sicuramente veneto doc – il cognome parla da sé – Cristian Sgnaolin, definito dalla Dda “braccio destro e sinistro del capoclan Luciano Donadio”.

Complessivamente, sono stati rinviati a giudizio 39 persone. A 25, tra i quali i due politici, il pentito Sgnaolin, l’avvocatessa, il commercialista, il poliziotto è stata concessa l’ammissione al rito abbreviato. Per altri 14 imputati, quelli della struttura operativa, tra loro i presunti capi Luciano Donadio insieme a suo figlio Adriano e Raffaele Buonanno, hanno imboccato il percorso più lungo e complesso del rito ordinario.

Ad oggi, il rito abbreviato ha già celebrato due gradi di giudizio. Tanti condannati e pochissimi assolti tra i 25, con una sentenza di primo grado pronunciata il giorno 11 novembre del 2020 e il cuI dettaglio degli anni inflitti ai diversi imputati potete leggerli CLIKKANDO QUI. Un verdetto sostanzialmente confermato dalla Corte di Appello di Venezia, con pochissime variazioni, rispetto al primo grado e con il collaboratore di giustizia Sgnaolin condannato a 5 anni e 8 mesi, con uno sconto di soli 2 mesi rispetto alla sentenza del tribunale che, però, aveva già applicato, in quell’occasione, tutti i sensibili sconti di pena solitamente garantiti ai pentiti della mala.

Per quanto riguarda gli altri 14 imputati, il cui elenco pubblichiamo in calce a questo articolo, sono ancora coinvolti nel dibattimento relativo al primo grado di giudizio. La notizia di questi ultimissimi giorni è che la Procura della Repubblica di Venezia, all’interno della quale opera la Direzione distrettuale antimafia, ha presentato ricorso contro la scarcerazione in massa dei 14, avvenuta nonostante che i termini della detenzione cautelare scadessero nel 2025. Come è noto, i termini cautelari per indagati e imputati di reati di mafia, sono molto più lunghi e, soprattutto, si azzerano volta per volta nei vari momenti intermedi, ad esempio quando arriva il rinvio a giudizio. Dal 2019, i 14 erano reclusi; dopo tre anni, quindi, sono usciti dal carcere o da domiciliari. In attesa che la Corte di Cassazione si pronunci sui ricorsi relativi, ripetiamo, al solo titolo cautelare, che poco c’entra con il processo propriamente detto, il dibattimento continua.

E ora che siamo riusciti a inquadrare bene sia il contesto che le persone coinvolte, potremo continuare ad aprire una finestra ogni tanto anche perché, tra i testimoni citati dalla difesa di Raffaele Buonanno, c’è stato anche Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan, chiamato dalla difesa a smentire il teorema accusatorio che segnalava una frequentazione diretta tra il Buonanno e lo Schiavone. Per quanto riguarda invece, il presunto capo Luciano Donadio, questi si professa innocente. Anzi, racconta di essere stato addirittura una vittima del clan dei Casalesi, visto che personaggi, stavolta, invece, molto noti alle nostre cronache, quali i fratelli Cesare e Augusto Bianco e quali Giovanni Della Corte, tornato molto di moda ultimamente nella parte dell’ordinanza più recente, ispirata dal lavoro della Dda di Napoli, del Nucleo investigativo dei carabinieri del comando provinciale di Caserta e del Reparto investigativo del Gruppo di Aversa, che lo ha definito come il nuovo capo del gruppo del clan dei Casalesi proveniente dalla fazione-Schiavone.

Per quel che concerne, infine, il rito abbreviato, ci avviamo all’epilogo, visto che il prossimo aprile, cioè tra poco più di due mesi, è fissata l’udienza in Corte di Cassazione, dopo la quale verrà pronunciata la sentenza che, a meno di annullamenti con rinvio alla Corte di Appello, dovrebbe chiudere, in un modo o nell’altro, la vicenda giudiziaria riguardante 25 dei 39 imputati.

Di seguito i nomi dei 14 imputati nel processo con rito ordinario.

Adriano e Luciano Donadio, Raffaele Buonanno, Raffaele Celardo, Antonio Pacifico, Pietro Morabito, Mauro Secchiati, Costantino Positò, Giuseppe Puoti, Paolo Antonio Valeri, Samuele Faè, Luigi Paolì, Renato Veizi, Franco Breda.