Ecco come il clan dei Casalesi si è fatto beffe dello Stato. Il Comune di Casale affidò a Lagravanese, socio della famiglia Schiavone, un immobile in via Bologna confiscato al fratello di Sandokan
27 Maggio 2022 - 19:12
In calce all’articolo l’elenco delle 12 cooperative che hanno rappresentato il tessuto connettivo di tutte le attività che Ginotto ha realizzato anche in rappresentanza di quello che, secondo i pentiti, era il suo socio criminale sin dall’inizio
SAN CIPRIANO D’AVERSA – Chi è impegnato da anni nella grande indagine sul malaffare politico-mafioso, riguardante il lucrosissimo settore degli appalti pubblici per i servizi sociali alla persona, deve aver maturato una certa convinzione sul fatto che Luigi Lagravanese, per gli amici Ginotto, abbia compiuto, tra gli altri, anche il reato di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso.
In molti tra i documenti che abbiamo letto viene, infatti, viene strutturata una relazione tra dichiarazioni non remote, ma risalenti a pochissimi anni fa, precisamente 2018 e 2019, rilasciate da collaboratori di giustizia.
Ora, è vero che Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan, può parlare dei fatti avvenuti fino all’anno 2010, quello in cui fu arrestato, e in linea di massima ciò vale anche per Giuseppe Misso, ma è anche vero che questi racconti si sviluppano in una maniera mai generica e con una densità di particolari, di dettagli, che poi trovano riscontro preciso e ugualmente dettagliato nelle propalazioni di un altro o più pentiti.
Nella formulazione della contestazione del reato ai sensi dell’articolo 416 bis, un argomento forte espresso dalla Dda, è quello della omogeneità e dalla sovrapponibilità, la piena convergenza delle ricostruzioni spazio-temporali fatte da Nicola Schiavone e da Giuseppe Misso.
Ora, bisogna capire se la Dda porterà avanti la sua tesi su Luigi Lagravanese, chiudendo formalmente l’indagine con tutti gli indagati a piede libero e poi formulando, eventualmente, una richiesta di rinvio a giudizio anche per il reato di concorso esterno, o se invece riterrà o abbia già ritenuto (questo, ovviamente, non lo possiamo sapere) di chiedere a un Gip del Tribunale di Napoli l’emissione di un’ordinanza contenente misure limitative della libertà personale di uno o più indagati.
Quello che vi possiamo dire è che la questione, ad indagine aperta, è ancora in ballo.
Nicola Schiavone afferma che Lagravanese fosse un socio suo e dunque del clan.
Tanto sarebbe vero in quanto nelle dichiarazioni rilasciate nel novembre 2018, il figLio del fondatore del clan afferma che Lagravanese divideva anche al 50% i proventi delle sue attività, esercitate negli ambiti di erogazione pubblica dei Servizi Sociali, grazie ad appalti aggiudicati anche per merito dello Schiavone.
Dopo aver chiarito questo aspetto relativo alle possibili e differenti evoluzioni dell’indagine, siamo in grado di rilasciare l’elenco delle società cooperative e consortili con le quali Lagravanese ha condotto la propria attività per anni e anni.
In verità, sarebbero molte di più, rispetto a quelle che potete leggere in calce a questo articolo, con il corredo del rapporto che Ginotto ha avuto con esse, ma le 12 in questione sono le principali, quelle più attive, più incidenti.
Nella testa degli inquirenti è maturata anche un’altra idea, non certo deduttiva, ma stavolta fondata su riscontri a nostro avviso ancora più solidi: gli anni buoni per l’attività di Lagravanese sulla piazza di Casal di Principe sarebbero stati quelli della sindacatura di Cipriano Cristiano.
Il dato solido è costituito dalla formale attribuzione al consorzio Agape, quello che riuniva l’allegra compagnia dei Capriglione, degli Zippo, degli Orlando Diana, ovviamente capitatati da Ginotto, dello stabile definitivamente confiscato dallo Stato ad Antonio Schiavone, oggi uomo libero, fratello di Francesco Schiavone Sandokan.
Quello stabile si trova in via Bologna, luogo divenuto iconico essendo stata la strada ed essendo ancora oggi, seppur a scartamento ridotto, e con presenze casalinghe diminuite esponenzialmente, in cui Francesco Schiavone ha abitato con la sua famiglia e dove ha trascorso anche parte della sua latitanza, e dove fu arrestato nel luglio del 1998.
Pensate la soddisfazione: il comune di Casal di Principe, guidato da Cipriano Cristiano, assegna in nome e per conto della Repubblica Italiana, che glielo ha dato in custodia dopo la confisca definitiva, quel palazzo al Consorzio Agape di Luigi Lagravanese, considerato da Nicola Schiavone un socio suo e del clan dei Casalesi.
Quella casa era stata confiscata in quanto provento di attività criminale.
cercate di immaginare quante risate si saranno fatti, al tempo, “l’erede designato”, cioè Nicola Schiavone, e i vari Lagravanese, Diana, Zippo e compagnia.
Correvano gli anni 2007 e 2008.
Dopo un po’ di mesi, nel 2009, il consorzio Agape fu colpito da interdittiva antimafia. Avete letto bene: una interdittiva nei confronti di un soggetto economico che usufruiva gratuitamente di un bene confiscato alla mafia, nel caso specifico al clan dei Casalesi di cui, si dice, fosse socio al 50%.