ECOMAFIE. Slitta dopo 10 anni il processo all’imprenditore CarandenteTartaglia. Facchi: “Vi racconto del patto Stato-camorra nel settore rifiuti”

10 Maggio 2019 - 10:14

CASAL DI PRINCIPE (Tina Palomba) – Slitta l’inizio di un processo sulle ecomafie, che vede sotto accusa l’imprenditore napoletano Giuseppe Carandente Tartaglia accusato associazione per delinquere di stampo mafioso. Il procedimento, atteso da dieci anni, davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, è stato rinviato per lo sciopero nazionale dei penalisti.  Si tratta del processo, partito da un’indagine della Dda di Napoli, sulla gestione della discarica di Chiaiano e sulle relazioni che l’imprenditore avrebbe avuto con esponenti di spicco dei clan camorristici, Nuvoletta e Zagaria. Un procedimento che ha già registrato in passato diversi rinvii e che dovrà fare luce sui meccanismi illegali che hanno coinvolto anche gli impianti della provincia di Caserta, precisamente quello che al tempo si chiamava Cdr (combustibile da rifiuto) di Santa Maria Capua Vetere, oggi Stir, e le discariche di San Tammaro-Maruzzella e di Santa Maria La Fossa (Caserta) e sui rapporti con altre discariche campane. C’era inizialmente un fascicolo, preliminare a questa inchiesta, dinanzi all’ex pm Donato Ceglie, (ex magistrato, poi finito sotto inchiesta per altri fatti) delegato alle indagini sui reati ambientali ma che, per competenza territoriale, non era né poteva essere titolare di fascicoli sulla criminalità mafiosa. Quelle informative non risultano essere state mai inviate alla Dda di Napoli, competente per materia. Lo Stato ha avuto a disposizione strumenti efficacissimi per evitare che questo processo si bloccasse. Una bella e circostanziata indagine fu compiuta, nel 2006, dai Noecon

la firma d’autore del loro comandante nazionale Sergio De Caprio, ma ancor più noto per essere il famoso Capitano Ultimo,cioè colui che condusse le indagini ed entrò per primo nel covo in cui si nascondeva il boss dei boss Totò Riina. Purtroppo il procedimento si fermò di nuovo. Giulio Facchi ex sub commissario dell’emergenza rifiuti in Campania, stretto collaboratore dell’allora governatore Antonio Bassolino, interviene, in una intervista telefonica, su alcuni punti rimasti oscuri di questa vicenda che coinvolge Caradente Tartaglia e soprattutto sulla questione dei trasporti dei rifiuti in Campania.La partita trasporti ha sempre rappresentato la parte di maggior interesse per settori della illegalità organizzata. In una realtà come quella Campana dove il sistema trasporti rappresenta un enorme business l’interesse viene accentuato. Parliamo di una regione dove i rifiuti prodotti vanno in 7 impianti (ieri Cdr, oggi Stir), rifiuti che finiscono per essere destinati anche fuori regione. Un flusso enorme, da 7.500 tonnellate al giorno. Già nella gestione precedente – continua Facchi – la fase Fibe per capirci, i trasportatori scelti dalla stessa non provenivano da attente procedure di selezione e di gara. La faceva da padrone Carandente Tartaglia e un consorzio da lui controllato”. L’ex sub-commissario Facchi parla pure di un presunto patto Stato-camorra nel settore rifiuti: “Denunciai più volte la presenza della camorra proveniente dal mondo del ‘movimento terra’ che improvvisamente divenne interlocutore di Impregilo e di fatto distributore del servizio dei trasporti per le altre aziende. In questo contesto aggiungiamo il fatto che, come si dice, e come mi dicono alcuni riscontri percepiti direttamente da me, sembra ci sia stata una sorta di trattativa tra stato e camorra. Non ero presente ad alcun momento di questa ipotetica trattativa, quindi non posso esserne testimone, ma una cosa l’ho vista e notata: parecchi personaggi che si occupavano di trasporti e intermediazioni, usciti di scena o rilegati ai margini, perché protagonisti in indagini a volte clamorose, a un certo punto riemersero, si rimisero in moto. Venni a sapere di personaggi improvvisamente ‘ripuliti’ che andavano in giro per impianti di smaltimento italiani e esteri offrendo la disponibilità dei rifiuti campani”.“Se trattativa vi fu, questa trattativa ha in qualche modo ‘appaltato’ la ricerca di soluzioni (tutte comunque basate su ingenti quantità da trasportare) e ha ‘sdoganato’ operatori che erano stati posti ai margini. Io credo che se questo avvenne – afferma Facchi – come temo e come in parte ho avuto modo di percepire, fu fatto un enorme errore, si è aperta la strada e dato credibilità a operatori che non solo possono essere definiti ‘vicini’ alla camorra, ma furono proprio utilizzati dalla stessa per assolvere all’appalto segretamente ottenuto. Certo se questo avvenne, diventa facile immaginare che queste aziende, legittimate in quanto si presentavano in giro per il mondo con la reale disponibilità dei rifiuti campani, non si siano limitate alla temporaneità di quel momento e hanno proseguito la loro attività.  Capiamo quanto sia strategico e importante economicamente il settore del trasporto, Se pensiamo che oggi non solo la Campania ma tutta Italia ha bisogno di inviare all’estero (in particolare paesi dell’Est) i propri rifiuti”.