GLI SPECIALI DI CASERTACE. ELEZIONI REGIONALI. Vi spieghiamo la legge e come si fa a stabilire i seggi dei partiti e il nome dei candidati eletti. Quozienti regionali, provinciali, pieni e resti
4 Agosto 2020 - 13:20
SECONDA PUNTATA. Vi spieghiamo perché non servono a nulla le stime fatte solo con i numeri delle circoscrizioni provinciali. Se lo volete leggere, fatelo piano, con calma, perché sembra difficile ma ci si può arrivare
CASERTA (g.g.) – Nella prima puntata di questa visita guidata nei meandri complicati della legge elettorale, con la quale, i prossimi 20 e 21 settembre, saranno eletti il governatore della Campania e il consiglio regionale, ci siamo soffermati su aspetti forse non in grado di suscitare un grande appeal, ma che abbiamo voluto trattare in maniera dettagliata, perché questo è un lavoro, sul quale ci siamo applicati con passione, anche per regalarci qualcosa che piace fare a noi, travolti dalla necessità quotidiana di scrivere di cronaca e anche di cronacaccia.
Il nostro obiettivo è fornire, poi, a chi è interessato, un vademecum didattico che non può non partire dai fondamentali, dunque dal metodo con il quale, per anagrafe e per computo dei residenti e non degli aventi diritto al voto, si stabilisce la quota di rappresentanza per ognuna delle cinque province della Campania.
CLICCANDO QUI potrete, eventualmente lo riteneste, capire come a questo si arrivi, perché è come si costituisce il plenum del consiglio regionale, formato da 50 componenti eletti e dal governatore che vince e che vi entra di diritto, attraverso una ripartizione in ragione demografica tra le cinque circoscrizioni.
Esaurita l’incombenza che un tempo le mitiche “signorine buonasera” svolgevano contestualmente all’annuncio di una nuova puntata del romanzo sceneggiato in programma, attraverso un riassunto delle puntate precedenti, proseguiamo con la trattazione entrando in argomenti, diciamo così, più ficcanti.
Dobbiamo gradualmente trasferirci dalla grandezza fissa, o meglio dal numero fisso del censimento del 2011, che serve a ripartire i seggi territorialmente, ai numeri variabili – che sono tali in quanto fondamentalmente collegati agli aventi diritto al voto, che cambiano elezione dopo elezione – in modo da cominciare a capire a quali liste vengono assegnati questi 50 seggi.
DAI QUOZIENTI DEMOGRAFICI AI QUOZIENTI VARIABILI PER ATTRIBUIRE I SEGGI
Nel momento in cui si riempiono le caselle dei consiglieri regionali di rappresentanza territoriale, esce dalla scena quello che abbiamo definito il quoziente demografico e vi irrompe il “quoziente elettorale”, che si calcola con la cifra dei voti validi, cioè al netto delle schede bianche e schede nulle e non in base al numero fisso dei residenti come da censimento, il cui dividendo non è più dato, quindi, dalla grandezza demografica, cioè il numero dei residenti, ma da quello delle schede elettorali validamente espresse, i cosiddetti voti validi.
E qui, qualche proiezione, a partire dai prossimi giorni, la faremo, ovviamente utilizzando le cifre che abbiamo a disposizione, che sono i numeri delle scorse elezioni del 2015. Anche in queste proiezioni, nelle simulazioni pratiche che svilupperemo, partiremo comunque dal dato aggregato regionale, così come indica la legge e non certo da un’estrapolazione, inutile se si esprime in partenza di un processo di analisi dei voti, del dato circoscrizionale o provinciale.
Scriviamo questo per dire, con cortesia, al dottor Forte, cioè l’autore della stima di cui abbiamo scritto nella prima puntata di questo focus, che da una tabella circoscrizionale o provinciale fine a se stessa non si ricava assolutamente nulla. Sarà la grandezza regionale, invece, frutto della somma delle schede delle 5 province, ad essere associata poi ai voti riportati nel dato aggregato regionale da ognuno dei partiti in lizza.
Al quoziente regionale si arriverà dividendo il numero dei voti validi, intesi come somma di quelli delle 5 circoscrizioni, per il numero complessivo dei seggi da assegnare su scala regionale, che sono 50.
Stabilito il quoziente elettorale, si vanno a calcolare, come si diceva, un altro dato aggregato, cioè il complesso dei voti delle 5 circoscrizioni riportato da ognuno dei partiti. Attenzione, però: la sopravvivenza dell’elemento maggioritario, che poi determina chi ha vinto nella gara per la carica di governatore, stabilisce, a priori, una quota di rappresentanza per la coalizione collegata al presidente vincente, mentre il resto dei seggi, fino alla concorrenza di 50, con ripartizione proporzionale, finisce alle coalizioni dei candidati perdenti, con una riserva di privilegio semi-maggioritario al candidato governatore secondo classificato, che andrà a prendersi l’ultimo resto utile. Tutto questo sempre sottraendo le schede bianche e nulle.
Solo nel caso in cui il presidente vincente superi la quota del 65%, viene meno la rappresentanza bloccata in ragione di 60% alla maggioranza e di 40% alle minoranze, cioè di 30 seggi contro 20. Ma non si va poi tanto oltre, perché la legge stabilisce comunque un limite massimo di 32 seggi da attribuire alla maggioranza, che diventerebbero poi 33 con quello assegnato di diritto al presidente eletto. Ai vincitori, quindi 31 seggi, oppure 32, oppure 33; alle opposizioni, 20 seggi, 19 seggi o 18 seggi. Al di là di questi numeri non si va.
Adesso non vi allarmare di fronte a questi strani ragionamenti, perché cercheremo di accompagnarvi per mano alla loro comprensione.
LA RIPARTIZIONE NELL’AGGREGATO REGIONALE
Il quoziente elettorale regionale si calcola dividendo i voti complessivi raccolti da ciascun partito per un altro quoziente, frutto, a sua volta, della divisione tra il numero aggregato dei voti dell’intera coalizione che sostiene il candidato presidente e i divisori 30+1, cioè 31, 31+1 e 32+1. Dunque dividendo per 31 o per 32 o per 33 in base alla rappresentanza legata al risultato under o over 65% del neo-governatore.
Naturalmente, questi numeri, lo ripetiamo per l’ennesima volta, ma qui lavoriamo – lo ripetiamo – per fissare concetti arcigni, spigolosi, spesso incomprensibili, stiamo calcolando i seggi che toccano al gruppo di liste collegate al candidato governatore vincente.
Per 20, aumentato di una unità 21, per 18+1, e per 19+1, va divisa la somma di tutti gli aggregati di liste che sostengono i candidati a presidente perdenti, in modo da arrivare con le rappresentanze di opposizione al numero complessivo dei consiglieri regionali pari a 50.
Facendo un esempio rispetto alle elezioni del 2015, il primo quoziente regionale del centrosinistra risultato vincente è stato pari a 29.593,38, divenuto divisore dei quozienti riguardanti ognuno dei partiti.
Continuando con l’esempio, il rapporto tra i voti raccolti dal Pd su scala regionale e il divisore, costituito dal quoziente frutto del rapporto tra il voto complessivo di coalizione e i numerini 30+1 ecc., determinò una rappresentanza di quozienti pieni pari 14 e un decimale da utilizzare nel calcolo dei resti pari a 0,99, per una somma complessiva di 14,99. Non a caso, furono assegnati a questo partito 15 seggi, di cui 14 con cifra piena, l’ultimo con un super resto di 0,99, divenuto in quanto tale assolutamente imbattibile, in quanto solo pareggiabile.
In sintesi, il quoziente elettorale regionale attribuisce il numero dei seggi pieni e dei resti per ognuno dei partiti, ma senza affrontare in prima battuta la questione della loro collocazione all’interno delle circoscrizioni. La cifra complessiva poi, successivamente, va calata in ognuna di queste, insomma in ognuna delle province, dove verrà calcolato un ulteriore quoziente elettorale, che, vi anticipiamo, con i numeri della volta scorsa, dovrebbe aggirarsi per Caserta su 41mila voti.
Questo quoziente circoscrizionale permetterà di assegnare alle varie province, a monte del calcolo, il pacchetto di eletti stabilito a livello regionale. Lo si farà calcolando, anche su scala provinciale, i quozienti pieni, ai quali, successivamente, il meccanismo proporzionale, effettivamente il più democratico che c’è, in quanto non butta via quasi nessun voto espresso, inserisce nel calderone dei cosiddetti resti.
Il resto elettorale (inseriamo sempre questo aggettivo per distinguerlo dal resto demografico) riguardante il singolo partito, viene attribuito prima di tutto su scala regionale e poi su quella provinciale. E allora, qualcuno potrebbe chiedere, che li calcoliamo a fare i quozienti provinciali? E invece bisogna farlo.