GLI UOMINI DI ZAGARIA. Condanna per Carlo Fontana, cognato dei fratelli Giovanni e Giuseppe Garofalo

11 Marzo 2019 - 17:27

SAN CIPRIANO D’AVERSA – La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da Carlo Fontana, 47 anni, di San Cipriano d’Aversa, cognato dei fratelli Giovanni e Giuseppe Garofalo, arrestato nel marzo 2016 per associazione camorristica, clan dei casalesi, gruppo Zagaria.

Fontana è stato condannato dagli ermellini al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila euro in favore della cassa delle ammende. Il 47enne, mentre si trovava agli arresti domiciliari, era stato ripreso col telefono cellulare, in più occasioni, dalla sua vicina di casa, che aveva denunciato i suoi allontanamenti dall’abitazione.  Attualmente, sul capo del Fontana, pende una condanna, con sentenza di Appello, a 4 anni e 6 mesi per associazione mafiosa.

Il ricorso alla Suprema Corte era basato su una “prova nuova” presentata dal cognato dei Garofalo, relativamente al contenuto di una consulenza tecnica sulle foto e i video che lo riprendevano al di fuori della sua abitazione e che potevano essere stati realizzati in orari compatibili con le autorizzazioni che gli erano state concesse: “La discrasia evidenziata dalla difesa è stata ritenuta irrilevante al fine di mettere in discussione la data di creazione dei file (immagini che lo riprendevano mentre parlava con altre persone o andava a comprare il giornale, n.d.r.), e,

quindi, l’accertamento della data delle riscontrate violazioni, accertamento che nell’ordinanza del 13 ottobre 2017, e nella precedente ordinanza del Tribunale, era stato fondato sia sulla prova dichiarativa, costituita dalle dichiarazioni rese al riguardo dalla vicina del Fontana, autrice delle riprese e delle foto, sia sulla compiuta verifica che, in relazione alle date così ricostruite, non risultavano autorizzazioni del Fontana ad allontanarsi dall’abitazione ove era ristretto“, hanno messo nero su bianco gli ermellini.

Carlo Fontana era rimasto coinvolto nella citata ordinanza eseguita nel 2016, che aveva smantellato il controllo monopolistico nella gestione dei centri scommesse e nell’imposizione delle macchinette da gioco a Casapesenna, San Marcellino e Trentola Ducenta, del quale era affidatario dei fratelli Garofalo. Nella sua casa, insieme alla moglie Maria Maddalena Garofalo, sorella di Giuseppe e Giovanni, custodiva una sorta di contabilità per la rendicontazione di entrate ed uscite, relative a grosse somme di denaro derivanti dalle attività di alcuni esercizi pubblici, come bar, sale da gioco e centri scommesse.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, inoltre Fontana corrispondeva ad Attilia Zagaria, moglie di Giovani Garofalo, sua cognata, la somma di circa 3 mila euro al mese.

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