I milioni “a palate” del Consorzio del Basso Volturno. Quando De Nardo inventò Campania Bonifiche e arruolò la ditta padovana
7 Ottobre 2019 - 10:03
CASERTA (g.g.) – L’incredibile assunzione con sontuoso contratto a tempo determinato da 60 mila euro annui del segretario provinciale del Partito Democratico Emidio Cimmino, grazie ad un atto amministrativo innescato dal segretario cittadino di Frignano del Pd Carlo Maisto, oggi commissario del Consorzio di Bonifica del Basso Volturno, per intenderci, quello che ha sede a Caserta, in via Roma, ha riproposto, almeno al cospetto della nostra sensibilità e del nostro interesse, la questione di questa strana società in house, chiamata Campania Bonifiche, nuovo datore di lavoro di Emidio Cimmino, che però, da consulente, pare che non abbia nemmeno l’obbligo di obliterare il badge (LEGGI QUI LA STORIA).
Siccome qui, a Caserta, è normale quello che altrove sarebbe assurdo, non ci aspettiamo, in funzione di questo articolo, granché in termini di logiche conseguenze, che tali qui non sono, rispetto a quello che andremo a riassumere, declinando la storia surreale di questa società satellite del Consorzio di Bonifica.
Correva, su per giù, l’anno 2009 e come raccontavamo in un articolo pubblicato qualche settimana fa, l’allora commissario del Consorzio di Bonifica Alfonso De Nardo vide accendersi una lampadina sulla sua testa. Mentre questo accadeva, il suo collega Gino Marotta,
“Si, Gino, mi ricordo“.
“E proprio per questo volevo chiamarti“.
I due compari erano stati oggetto, dunque, di un evento prodigioso: la bilocazione della lampadina di Archimede. Eureka, cioè il Perfetto del verbo Eurisco (che in greco si scrive diversamente ma non siamo qui a sottilizzare), che significa “Io trovo”. Dunque, “Ho trovato”. Questi due autentici inventori erano stati dunque raggiunti, percorsi dalla stessa scossa di ingegno: fonderemo un carrozzone illuminato e lo chiameremo Campania Bonifiche.
Attenzione, scherzi a parte, Campania Bonifiche nasce da un atto costitutivo, firmato dai legali rappresentati pro tempore di tre consorzi: I due appena citati, più quello delle Paludi di Napoli e Volla che, se non ricordiamo male, si chiamava Mensitieri. Ma si sarebbe potuto chiamare anche Pinco Palla, Learco, Costante, Alfredo. Così come De Nardo e Marotta si sarebbero potuto chiamare benissimo Fausto, Gino, Felice o Eddie. Insomma, la presenza di potestà costitutiva e di rappresentanza di Campania Bonifiche presente e futura era legata indissolubilmente alla titolarità della legale rappresentanza dei consorzi di Bonifica. E d’altronde, se girate un po’ lo sguardo nel resto d’Italia, ma anche in Europa, nei paesi in cui questi enti sono previsti nelle legislazioni vigenti, vedrete che per la loro essenza di società in house non saranno mai costituite da chi gli enti fondò “in quanto legale rappresentate”. Dunque, non vedrete mai che i fondatori sono ancora nel controllo, in pieno controllo, della società, in quanto si sono magmaticamente trasformati da “legali rappresentanti pro tempore” ad una sorta di non meglio definiti “delegati” degli enti deleganti, cioè i Consorzi di bonifica, gestiti altrettanto avventurosamente da commissari scelti dalla Regione.
L’obiettivo di Campania Bonifiche era quello di diventare l’esattore del consorzio, quindi di mettere le mani nel ricco salvadanaio nei ruoli dei poveri contadini casertani, molti dei quali sono chiamati a pagare fior di quattrini a titolo di canone per servizi, il più delle volte, inesistenti o molto inefficienti.
De Nardo e Marotta hanno le idee chiare su un percorso che deve portare al raggiungimento dell’obiettivo, arrivandoci per gradi. Una società in house pubblica non può svolgere l’azione di recupero coattivo dei ruoli non pagati all’ente proprietario della società in house. Esiste evidentemente un albo di soggetti abilitati a farlo. E allora, De Nardo, avendo un quadro preciso già prima ancora del battesimo formale di Campania Bonifiche, aveva firmato un affidamento diretto per la riscossione coattiva dei ruoli di bonifica ed irrigazione e per annualità pregresse alla Gefil, società con sede a Padova. Vabbè, saranno state delle sommette! Ci possiamo mai mettere a fare una gara per “quattro pidocchi”? Tutto è relativo nella vita. I quattro pidocchi erano circa 30 milioni di euro, forse anche qualcosa in più, in ruoli finiti nel calderone degli inadempienti e dunque affidati alla società del recupero coattivo. In poche parole (e finiamo qui la prima parte del racconto per evitare di allungarci troppo e rendere ancor più complicata la lettura di vicende già tecnicamente complesse) De Nardo, nella veste di commissario del Consorzio di Bonifica del Basso Volturno, fece un affidamento diretto ad una società, fornendole la potenzialità, che un soggetto specializzato è in grado di ben capitalizzare, di raccogliere 30 milioni di euro dei contribuenti.
Affidamento diretto, ripetiamo. Ma cosa c’entra la Gefil con Campania Bonifiche? C’entra col resto di due, anzi, c’entra col resto di altre decine di milioni di euro. Ve lo racconteremo tra qualche giorno, nella seconda parte della storia.