IL FOCUS. I Fondi europei Sviluppo e Coesione che fanno litigare Meloni e De Luca a CASERTA sono finiti in società sequestrate e in odore di camorra

14 Marzo 2024 - 13:57

Abbiamo deciso di fare un excursus su come le amministrazioni della nostra provincia si sono rapportate rispetto ai FSC, pomo della discordia tra il governo regionale e quello nazionale. Ne è uscito un ritratto non proprio piacevole con cui, a nostri avviso, le istituzioni dovrebbero confrontarsi

CASERTA (l.v.r.) – Volendo riassumere in maniera concisa la querelle tra Giorgia Meloni e Vincenzo De Luca, il governo nazionale non ritiene corretta e completa la documentazione relativa ai programmi stilati dalla regione Campania per l’utilizzo dei fondi europei di Sviluppo e Coesione.

La mancanza di vedute simili tra Napoli e Roma, quindi, rende per il ministro competente Raffaele Fitto e per l’intero esecutivo non possibile firmare l’accordo di coesione, atto necessario per attivare la linea di credito comunitaria.

La regione Campania, invece, ritiene di avere fatto tutte come si deve e che la scelta di ritardare i finanziamenti europei sia dettata da motivi politici per mettere in difficoltà la governance regionale e, quindi, De Luca.

Fatto il riassunto delle puntate precedenti, ora cerchiamo di capire in che modo gli enti locali della provincia di Caserta hanno utilizzato in questi anni il Fondo Sviluppo e Coesione, attraverso quali progetti e anche quali società hanno beneficiato dei soldi europei.

Ve lo anticipiamo già ora, nell’elenco delle società favorite da questi approvvigionamenti ci sono imprese di cui abbiamo già scritto, società che hanno un passato poco limpido e, secondo quanto ritenuto dalla magistratura inquirente e dalla prefettura, legate anche a rapporti con la criminalità organizzata e il clan dei Casalesi.

Partiamo subito da una storia emblematica rispetto all’utilizzo dei FSC in Campania.

Il comune di Caserta è riuscito, ad esempio, a farsi revocare un finanziamento da 26 milioni di euro per la costruzione del Biodigestore di Ponteselice.

Palazzo Castropignano non ha rispettato i tempi previsti dalla legge e sono stati bruciati due milioni e 649 mila euro, ovvero l’anticipo erogato dalla regione Campania che, per l’appunto, la gestisce questi fondi comunitari.

Una storia che si è chiusa non benissimo per Carlo Marino e compagnia, visto che è arrivata addirittura un’ingiunzione di pagamento dalla giunta regionale della Campania che, in buona sostanza, vuole questi quasi tre milioni di euro indietro (CLICCA E LEGGI).

Sempre dai Fondi europei di sviluppo e coesione provengono i 685 mila euro di lavori per la messa in sicurezza di diverse reti stradali della città di Caserta: via Antichi Platini, via Ellittico, via Ruta, via Amendola, via Ferrarecce, via Gasparri, via San Pietro, via Cappuccini e via San Francesco. Questi lavori furono affidati alla società Geom. Francesco verrazzo, poi esclusa per mancanza di possesso di certificazione antimafia nel novembre 2020. Pochi mesi dopo, nel febbraio 2021, è stata la ditta Cobi Costruzioni di Casal di Principe a ricevere l’incarico e l’aggiudicazione dell’appalto.

La Cobi è una società intestata e rappresentata da Ernesto Biffaro, ma, secondo gli inquirenti della DDA di Napoli, sarebbe gestita da Fabio Oreste Luongo, indagato della vicenda degli appalti truccati a Cira di Capua e ritenuto imprenditore legato al clan dei Casalesi, secondo le dichiarazioni del pentito Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan.

Caso ha voluto, poi, che questi anni si è praticamente ribaltata la situazione. Alla società di Verazzo è stata revocata l’interdittiva antimafia, provvedimento che la Prefettura di Caserta, con estrema calma e forse con troppo ritardo (LEGGI QUI), ha inflitto alla Cobi, rendendola incapace di contrattare con la pubblica amministrazione, dopo che, negli anni, però, come avete potuto appena leggere, ha ricevuto incarichi e affidamenti complessivi da oltre un milione di euro, gestite da amministrazioni della nostra provincia e spesso finanziati attraverso i fondi europei.

Invece, a Cesa, i Fondi europei di sviluppo e coesione hanno finanziato i lavori di risanamento delle fogne della città e, anche in questo caso, ci sono stati problemi relativi alle aggiudicazioni, specificatamente alle società aggiudicatarie.

Il progetto da 2 milioni di euro, era stato inizialmente affidato alla società Arca Anita di Ferdinando Letizia, colpita anche lei da interdittiva antimafia.

Il contratto, in questo caso, resta in piedi perché il tribunale misure di prevenzione di Santa Maria Capua Vetere “salva” la ditta, facendola entrare nel regime di controllo giudiziario, atto che permette alle imprese di continuare a lavorare con la pubblica amministrazione le loro, nonostante un interdizione della prefettura legata a infiltrazioni criminali.

La stessa società però, a settembre 2023, si dichiarerà non in grado di eseguire lavori nelle tempistiche dettate dalla regione Campania. Quindi, dall’Ufficio Tecnico comunale vengono contattate le ditte che erano arrivate dietro in graduatoria. Su cinque società, rispondono solo in due, la Imeco, seconda in questa classifica ad hoc, e la Costruzioni Generali Sud, ultima in graduatoria.

La Imeco si dichiara disponibile a partecipare ai lavori, ma solo procedendo prima all’erogazione dell’anticipazione dietro la prevedendo riconoscimento della adeguamento dei prezzi.

Questo non è previsto dal codice degli appalti, poiché modificherebbe le condizioni del contratto originario con Arca Anita, secondo quanto scrive il rup e dirigente comunale. Quindi, il cantiere viene dato in mano alla Costruzioni Generali Sud.

Ora, lo diciamo subito, non esistono prove che hanno portato gli inquirenti a ritenere una manipolazione corruttiva di questa procedura, ma contestualmente va detto che a capo dell’Ufficio Tecnico e come responsabile del procedimento della gara c’era Piero Cappello, indagato insieme a colui che è ritenuto il dominus della Costruzioni Generali di Sud, Raffaele Pezzella, imprenditore sotto processo per corruzione e per aver finanziato il clan dei casalesi, accusati di aver truccato gare d’appalto al comune di Calvi Risorta da quattro milioni di euro, di cui uno dei due progetti sempre finanziati attraverso le risorse stanziate per il Piano Operativo Infrastrutturale (FSC 2014
2021) della Regione Campania.

Il sindaco di Cesa, il democratico Enzo Guida, ha poi fatto sapere alla stampa, pochi giorni dopo l’arresto di Cappello e Pezzella (ora liberi) di aver fatto provvedere alla revoca dell’aggiudicazione alla CGS (CLICCA E LEGGI).

Altro progetto messo in piedi con i fondi FSC in provincia di Caserta, precisamente dall’amministrazione provinciale di Caserta del presidente Giorgio Magliocca, è quello della messa in sicurezza della direttrice stradale Caserta Monti del Matese. Il ponte i cui lavori sarebbero costati circa 8 milioni di euro.

Per i lettori di CasertaCe questa strada è famosissima. Perché, secondo la procura di Benevento che ha seguito l’indagine, l’imprenditore di Casal di Principe da poco citato, Raffaele Pezzella, avrebbe portato una mazzetta da 40 mila euro un dirigente della provincia di Caserta è rimasto ignoto per favorire, relativamente l’incarico della stesura del progetto tecnico, la società di Benevento General Engineering per una somma di circa 394 mila euro.

Per questa storia sta andando avanti un processo al tribunale di Benevento.

Quello non scopriremo mai, però, sono l generalità del funzionario corrotto della provincia di Caserta, visto che nessuno ha fatto il suo nome e che la procura di Santa Maria Capua Vetere ha ritenuto di non dover approfondire la vicenda.

Chiudiamo con un ultimo finanziamento tramite le risorse degli FSC della discordia, relativo ad alcuni lavori tenuti sempre dall’amministrazione provinciale di Caserta, dal valore di 2 milioni di euro.

Fu aggiudicato nel marzo 2020, pochi giorni dal lockdown, ha un raggruppamento di imprese composto dalla giuglianese Perseo Cooperativo gestita da Filippo Salatiello e dal Consorzio Stabile Research (CLICCA E LEGGI). Va aggiunto che l’amministrazione provinciale di Caserta non ha mai specificato quale fosse l’impresa esecutrice del consorzio, lasciandoci dubbi non certo risolti.

Ricordiamo non risulta nessun soggetto dell’amministrazione di Research sia coinvolto nell’inchiesta, però, l’impresa è citatata nell’ordinanza di Calvi Risorta che abbiamo spiegato in breve poco fa. Secondo i pm della direzione Distrettuale Antimafia, Raffaele Pezzella avrebbe avuto “forti aderenze” relativamente alla vita del Consorzio Stabile Research.

Del rapporto e del potere di Pezzella verso Research sarebbe dimostrabile, secondo gli inquirenti antimafia, dal fatto che l’imprenditore casalese comunica a un soggetto legato al consorzio (un certo “Danilo Research) che chi sarebbe voluto entrare in Research poteva rivolgersi direttamente a Carlo D’Amore, amministratore di tizio della Comed, impresa di cui Pezzella aveva il potere (CLICCA E LEGGI).

Abbiamo deciso di fermarci qui, prendendo in esame soltanto casi con soggetti citati direttamente in ordinanze della magistratura, oppure legate a imprenditori indagati per reati di camorra o corruzione e imprese sequestrate.

Niente di nuovo per chi legge questo giornale, ripetiamo.

Nulla di particolarmente nuovo visto che abbiamo scritto spesso come nella nostra provincia i fondi europei si leghino a vicende non esattamente cristalline.

Questo dicevamo anche l’altro ieri, nell’articolo con cui abbiamo provato la spesa di quasi 150 mila euro per i manifesti politico elettorali contro il governo Meloni finanziati con i soldi dei campani e voluti dal presidente Vincenzo De Luca (LEGGI QUI).