Il volo dal balcone del ragazzo 12enne. Potrebbe essere colpa di una “challenge” sui social o giocando alla Playstation

18 Febbraio 2024 - 13:49

Gli inquirenti si muovono con molta prudenza, osservando il massimo riserbo. Ma è chiaro che un giovane, un dodicenne, perfettamente in salute, totalmente attivo, non cada da un balcone così facilmente a causa di un fatto accidentale

MARCIANISE (g.g.) – E’ tutto sommato una giornata buona per i congiunti del ragazzo 12enne di Marcianise che, ieri sera, precipitando dal balcone dell’abitazione di via Pepe, ha riportato serie lesioni, fortunatamente senza battere la testa, anche grazie all’altezza del volto effettuato in molti casi non letale, come invece capita con cadute da piani più alti (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ULTIMORA LANCIATA DA CASERTACE).

Confermato, dunque, che il 12enne, prima ricoverato a Marcianise nel reparto di Terapia Intensiva, poi trasportato al Santobono di Napoli, non è in pericolo di morte, ma dovrà curare le sue ferite e avrà bisogno di tutti coloro che gli vogliono bene.

Premettiamo subito un concetto: la Playstation o qualsiasi altro dispositivo informatico nelle mani del 12enne, anche negli attimi precedenti al suo volo dal secondo piano, hanno potuto essere la causa del medesimo. Pesando bene le parole, diciamo che è più probabile che ne abbiano potuto essere causa rispetto alla possibilità che con questa non c’entrino nulla.

Oggi, i ragazzi che arrivano a 10, 11, 12 anni, essendo nativi digitali, procedono con una marcia in più e maturano un’intelligenza superiore a noi altri boomer avevamo alla loro età. Intelligenti e indipendenti. Il che ha reso un mestiere già complesso di per sé, quello di genitore, fratello maggiore, zio eccetera, ancora più difficile di quanto non sia stato fino a qualche anno fa.

Facile a dire che genitori e persone più grandi di età debbano sorvegliare, ridurre il numero di ore di utilizzo dei dispositivi informatici. I ragazzini sono intelligenti, la mattina vanno a scuola e fanno gruppo, fanno massa critica, come si suol dire e non hanno alcuna difficoltà a sviluppare quelle che a volte sono autentiche full immersion.

Un boomer rimane sbigottito nel constatare le capacità di un 12enne di dominare, maneggiare un dispositivo informatico.

La premessa è fondamentale per inserire in quest’articolo l’idea, che al momento è solo una possibilità, che gli inquirenti della polizia di Stato che indagano sull’accaduto si stanno muovendo sul quel difficile crinale di quelle diavolerie che in italiano sono le “sfide”, ma che un nativo digitale conosce con il suo termine in inglese: challenge.

Una parola che affascina tanti ragazzi abilissimi che proprio nella challenge vedono la possibilità di andare oltre, di partecipare ad un rito in cui pochi, pochissimi sarebbero in grado di partecipare.

Un challenge, anzi, una challenge, una sfida. E in che consiste questa diavoleria? C’è uno o ci sono alcuni che, attraverso i social media, lanciano una sfida. Questa può essere connotata, per chi la raccoglie, da comportamenti curiosi, ma anche pericolosi.

Quello che è successo al 12enne di Marcianise non si può dire con precisione, perché il riserbo degli inquirenti è al massimo livello. Ma potrebbe essere stata una challenge a creare le condizioni per il volo del ragazzo marcianisano che poteva avere un epilogo tragico.

A Caserta, qualche anno fa, era andata di moda una challenge che riempì il capoluogo e città limitrofe di giovani vestiti da clown inquietanti o altri personaggi da horror. Altra sfida fu la ice bucket challenge, il ghiaccio versato sulla testa che nell’estate del 2014 riempì i social media.

Per quanto riguarda la possibile challenge nata attraverso un dispositivo come una PlayStation o altre console di giochi, va detto che il metodo possibile di creazione di una sfida autolesionista potrebbe avvenuto attraverso la visione di video su piattaforme di condivisione dell’esperienza di gioco online, uno streaming, come ad esempio fa Twitch. L’emulazione, quindi, di un comportamento inerente al videogame in sé o da parte di uno streamer, ovvero colui che mostra la sua attività alla console.

Possibile, anche, ipotesi che in una chat tra giocatori sia nata una sfida a compiere qualche atto violento, oppure un caso di bullismo e di offese tramite la stessa chat che potrebbe aver provocato una reazione drammatica al dodicenne.

La rete è amplificante rispetto alla realtà. I criminali, i malati di mente, i cinici, i pedofili, i maniaci esistono da milioni di anni. La loro cifra di interazione con il mondo che li ha circondati è cresciuta in maniera direttamente proporzionale alla crescita degli strumenti di contatto tra le persone.

L’invenzione della scarpa per camminare più a lungo, l’invenzione della ruota, quella della carrozza, dell’automobile, del telefono eccetera eccetera. La rete che mette in interrelazione il mondo intero ha massimizzato questi pericoli e queste insidie.

Per il resto, non ci resta che attendere novità dalle indagini. Se challenge è stata, la speranza è che i tutori della legge, oggi ben attrezzati per interferire e per tenere sotto controllo il web, riescano ad individuare gli eventuali responsabili del lancio di questa presunta sfida.