La DDA: il ristorante La Contessa nelle mani di un affiliato al CLAN MALLARDO. Nicola Panaro diceva di conoscere un uomo dei servizi segreti e anche in Procura aveva….

16 Febbraio 2020 - 12:53

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) Non è un mistero che i fratelli Panaro, prima Sebastiano e poi Nicola, abbiano tenuto le redini della famiglia Schiavone a cui erano direttamente collegati da legami di parentela essendo entrambi cugini di Francesco Schiavone Sandokan.

Dunque, tra tutti i possibili successori del super boss arrestato nel 1998, e di fronte al fatto che Nicola Schiavone fosse ancora in età non adatta per prendere le redini, sono stati proprio i Panaro ad avere una reggenza rispetto a quelal che fra tutte le famiglie, quindi anche al cospetto dei Bidognetti, degli Zagaria, di Iovine, ha sempre mantenuto un primato, dettato proprio dal fatto che mai nessuno ha osato mettere in discussione che Francesco Schiavone Sandokan fosse il capo assoluto del clan, anche se detenuto.

Rispetto a questo scenario, è chiaro che tutto ciò che prima del pentimento, Nicola Panaro ha fatto, assume un interesse particolarissimo, anche quando il suo agire è stato raccontato da altri esponenti del clan dei casalesi, che però, appartenendo a loro volta alla famiglia Schiavone, erano, al tempo in cui ne parlavano, sicuramente, per usare una formula tipica delle indagini preliminari, persone informate dei fatti.

Ecco perchè abbiamo scelto questa conversazione, intercettata in un’auto, tra Carmine Schiavone, figlio di Eliseo Schiavone, con il fratello Vincenzo Schiavone.

Sono proprio tanti gli Schiavone e a volte si ha difficoltà a venire a capo in questa numerosità e soprattutto nelle molte omonimie che sovrappongono cugini ad altri cugini, nipoti ad altri nipoti, cugini a zii e via discorrendo.

Carmine Schiavone racconta al fratello di ciò che nel tempo Nicola Panaro gli ha, a sua volta, narrato. Quest aintercettazione è inserita nell’ordinanza, purtroppo in pratica vanificata da una non condivisione del gip del tribunale di Napoli rispetto alle conclusioni cui era giunta la dda, che i nostri lettori hanno imparato a conoscere come l’indagine che ha avuto al centro il notissimo ristorante per grandi cerimonie La Contessa di Giugliano, di cui è proprietario Salvatore Sestile, suocero di Antonio Schiavone, quest’ultimo fratello di Francesco Schiavone Sandokan.

Cominciamo a dire subito che Salvatore Sestile, secondo la dda, che matura questa convinzione in base alle indagini compiute con grande attenzione e grande sacrificio dai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Caserta, è convinta che Salvatore Sestile, ripetiamo, stiamo parlando del proprietario di un ristorante scelto da persone eccellentissime della Campania, tra cui il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e nativo di Carinaro, dicevamo Salvatore Sestile, nel capo D di questa ordinanza, nel quale è indagato per estorsione, aggravata dall’articolo 7, è il referente diretto del clan Mallardo di Giugliano.

Secondo la dda, dunque, il ristorante La Contessa appartiene alla camorra. Non sappiamo se si tratta di una rivelazione sorprendente per chi c’è andato a fare i banchetti di nozze, di cresima, di prima comunione o battesimo; ma questa è la situazione reale, certificata dal fatto che la dda aveva chiesto per Salvatore Sestile delle misure cautelari gravi che il tribunale di Napoli ha ritenuto di non dover applicare.

Attorno a questo fatto centrale, che informa il contenuto del capo D che tratta appunto della presunta estorsione, perpetrata ai danni di Concilio e di cui ci occuperemo specificamente in una delle prossime puntate di questo lungo focus, si intersecano tanti altri episodi molto stuzzicanti, anche se sugli stessi non si può giurare, in fatto di autenticità.

Si tratta, infatti, di un de relato classico, quand’anche frutto di una chiacchierata confidenziale, che una persona fa con il proprio fratello e per questo ha significativa cifra di verosimiglianza. Racconti che Nicola Panaro ha fatto a Carmine Schiavone e dai quali emerge un’amicizia stretta che il Panaro avrebbe avuto con un non meglio precisato esponente dei servizi segreti,(“Quello con lo zainetto“, così lo definisce Carmine Schiavone), ma anche con qualcuno all’interno della procura di Napoli. Questa cosa salta fuori quando Carmine Schiavone e suo fratello Vincenzo sottolineano il disappunto di Nicola Panaro rispetto all’incendio del grande deposito di detersivi, il Detergross, di proprietà di Franco Natale.

Meriterebbe di essere inquisito, il Natale e meriterebbe anche di subire un sequestro in quanto afferma una cosa falsa nel momento in cui dice che quell’incendio è stato frutto di un’azione del clan Moccia, attivo ad Afragola, Frattamaggiore e in altre aree di Napoli nord. In realtà, dice Nicola Panaro, la Detergross sarebbe stata incendiata dallo stesso Franco Natale, debitore di una grossissima cifra nei confronti delle aziende che gli vendevano i detersivi.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA

 

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