LA DOMENICA DI DON GALEONE
18 Maggio 2025 - 10:35

18 maggio 2025 ✶ V Domenica dopo Pasqua (C)
Vi do un comandamento nuovo: amatevi! (Gv 13,31)

Quasi alla fine del tempo pasquale, è necessario chiedersi: cosa deve caratterizzare i discepoli di Gesù? La risposta delle tre letture è chiara: l’amore, che ha il suo preciso modello in Cristo: “Come io vi ho amati”. E’ un comandamento nuovo, cioè perfetto, ultimo, definitivo, secondo il linguaggio biblico. L’amore rappresenta la novità; l’odio fa invecchiare il mondo. L’amore è l’unica energia positiva; Dio è infinitamente creatore perché infinitamente ama. Anche noi: solo quando amiamo qualcuno o qualcosa siamo pieni di vita, di progetti, di iniziative. Quando due note musicali si amano formano un accordo, quando due colori si abbinano bene producono estetica, quando due si amano sprigionano vita. L’uomo è stato creato capace di amare, incapace di bastare a sé stesso; non si realizza in una splendida e aristocratica solitudine. Abbiamo bisogno di tanti altri, di un Altro, e questo appartiene alla struttura logica e ontologica dell’uomo; non è un lusso amare, ma è una necessità. Anche Dio ha bisogno di essere “tre” persone, di formare famiglia, per essere veramente Dio! Il diavolo vive nella solitudine, nell’egoismo, non ha bisogno di nessuno: è la vita più terribile!
* Ma chi dobbiamo amare e come? Siamo pieni di tanti pregiudizi e paure che ci è quasi impossibile avvicinare qualcuno senza vedere in lui un probabile nemico. Siamo portati a inquadrare, etichettare, sapere in che cosa sono uguali a noi o diversi. Siamo prigionieri di noi stessi, del nostro passato, delle nostre abitudini. Di istinto operiamo queste equazioni: diverso = inferiore = pericoloso = da eliminare. E quanti “diversi” abbiamo eliminati, solo perché diversi da noi! Il comando di Gesù è ancora una volta un invito alla libertà. Solo chi è libero può amare, chi ha paura è incapace di amore.
* Non possiamo sradicare il precetto dell’amore dal contesto concreto in cui è stato dato. Gesù non si trovava in una idilliaca riunione, in un ghetto pietistico di beghini, ma dentro la morsa della storia che lo stava schiacciando. Il precetto dell’amore non è dato ai margini della realtà ma nel cuore della storia. Gesù non è venuto a imbonire o erudire in un modo qualsiasi. Egli è la spada che ha separato. Il suo è un amore “architettonico”, cioè destinato a modificare la realtà, non a passarvi sopra, come una sterile nebbia, che nasconde le cose. Noi viviamo una conflittualità drammatica tra la necessità di amare e la necessità di lottare. Se davanti a coloro che fanno soffrire i nostri fratelli, noi tacciamo e consigliamo la sopportazione in questa valle di lacrime, allora siamo contro la forza architettonica dell’amore che deve mutare il mondo. Gesù non è “andato” dagli oppressi, ci è stato dentro, ha preso la condizione di servo. BUONA VITA!
