LA DOMENICA DI DON GALEONE. “Lo riconobbero nello spezzare il pane”

23 Aprile 2023 - 11:43

LA DOMENICA DI DON GALEONE: “Questa domenica riflettiamo su un altro aspetto necessario alla nostra eucaristia: lo spezzare il pane”.

23 aprile 2023 III Domenica di Pasqua (A)

Lo riconobbero nello spezzare il pane (Lc 24,13)

La domenica “dei discepoli di Emmaus”   Gesù in cammino con i discepoli di Emmaus  simboleggia la Chiesa delle origini in cammino verso la fede, e presenta gli elementi costitutivi della vita comunitaria, che possiamo individuare nella liturgia della parola e dell’eucaristia. Luca vuole insegnarci che l’incontro con Gesù non avviene più nelle sublimi teofanie, che servirebbero solo ad appagare il nostro desiderio di curiosità, ma nella parola che lo Sconosciuto rivolge ai discepoli. Spiegando le Scritture, Gesù ci conduce alla comprensione di quanto è avvenuto, del misterioso disegno di salvezza di Dio, in cui la croce non è una catastrofe, ma la via necessaria per la salvezza.

Domenica scorsa abbiamo riflettuto sulla cena del Signore, come un incontro di uomini liberi, di volontari e non di precettati, riuniti per fare memoria del Signore risorto. Questa domenica riflettiamo su un altro aspetto necessario alla nostra eucaristia: lo spezzare il pane. Si tratta di una pagina famosa, grazie anche alla musica: penso alle tante versioni del canto “Resta con noi, Signore”; penso anche alle tante pagine di letteratura scritte da F. Mauriac e da Th. Eliot. Ci troviamo come davanti ad uno spartito in 5 atti: a) nella prima scena, due discepoli sono in cammino verso Emmaus, un paese a circa 12 km da Gerusalemme: sono il ritratto della loro crisi religiosa: “Noi speravamo che fosse Lui a liberare Israele!”; b) cammin facendo i due discutono sui fatti del giorno: di Gesù di Nazaret; ad un certo punto i due si accorgono di essere in tre; chi è il terzo viandante che ignora tutto quanto è accaduto a Gerusalemme? “Chi è il terzo che sempre ti cammina accanto?” si chiedeva Th. Eliot; c) questo “terzo uomo” lentamente si guadagna la fiducia dei due, che ascoltano la spiegazione delle Scritture: “Rimani con noi!”. Vogliono ascoltarlo ancora; e poi, viene la notte, meglio essere in tre che in due; d) comprendono tutto, quando, fermatisi per ristorarsi, vedono Lui benedire il pane, spezzarlo e distribuirlo loro: gli occhi si aprono; e) il quinto ed ultimo atto descrive il ritorno veloce a Gerusalemme, altri 12 km, per annunciare agli apostoli la bella notizia, il Vangelo: “Davvero il Signore è risorto!”.

Il racconto dice che, quando Gesù si avvicinò ai due discepoli, “i loro occhi non erano capaci di riconoscerlo” (Lc 24,16). Avevano perso l’entusiasmo e la speranza. Non hanno sopportato il fallimento di Gesù. E il loro insieme a quello di Gesù: “Noi speravamo…” (Lc 24,21). Quando si perde la speranza, allo stesso modo si perde la visione della realtà, che Gesù è unito a noi ed in noi. Come si sono aperti i loro occhi (Lc 24,31)? Nel condividere la mensa, nello spezzare e condividere il pane, nella “cena che ricrea ed innamora” (san Giovanni della Croce). Nella convivialità. Avevano cercato in Gesù il profeta potente (Lc 24,29): credevano nel potere e hanno trovato Gesù nell’essere umano che ha spezzato il pane con loro. La religione del potere e dello sfoggio diventa cieca quando si tratta di vedere Gesù. L’esperienza umana della mensa condivisa apre gli occhi per scoprire Gesù.

Dai Vangeli traspare che i discepoli sono tutti delusi. Nel Vangelo più antico, che è quello di Marco, il testo termina con l’annunzio della risurrezione di Gesù alle donne, ma queste non dicono nulla a nessuno. La stessa delusione traspare dal Vangelo di Luca con l’episodio dei discepoli di Emmaus. Perché questa delusione per la risurrezione di Gesù? Se Gesù è morto, significa semplicemente che hanno sbagliato messia, e c’è soltanto da attendere un nuovo messia e a quell’epoca i messia nascevano come funghi.

Di questi discepoli soltanto di uno viene detto un nome, che è tutto un programma. Si chiama Clèopa, che è un’abbreviazione di Cleopatros, che significa “del padre illustre”. Ecco, questi discepoli sono infarciti di ambizione, di gloria, di successo. È questo il messia che loro vogliono, il messia trionfatore. “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele” (Lc 24,21). Ma Gesù non è venuto a liberare Israele, Gesù è il salvatore dell’umanità. Gesù non è venuto a restaurare il defunto regno di Davide, ma ad inaugurare il regno di Dio. E visto che i discepoli non hanno compreso questo, Gesù per ben quaranta giorni li riunisce e parla loro di un’unica tematica: il regno di Dio. Quando sono vicini al villaggio – il villaggio nei Vangeli è sempre simbolo di tradizione, di incomprensione, di ottusità – Gesù “fece come se dovesse andare più lontano”. Gesù va verso il nuovo e loro invece vanno verso il vecchio.

È importante la località. Èmmaus era un luogo importante, perché nel luogo c’era stata una battaglia tra Giuda Maccabeo e i pagani, ed era stata vinta dagli ebrei. Era il simbolo della speranza del Dio liberatore, con la sconfitta dei pagani e la liberazione di Israele. Ebbene, Èmmaus richiamava tutto questo: la vittoria sui pagani e la liberazione di Israele. Quindi, visto che Gesù è morto, e non era lui evidentemente il messia, ecco che questi discepoli se ne tornano nel luogo che per loro è quello della rivincita e della vendetta di Dio sui pagani.

I due discepoli vanno a Emmaus, Gesù appare loro ma essi non lo riconoscono subito; solo ad un certo punto si aprono i loro occhi. Gesù tiene con loro approfonditi discorsi di analisi biblica, di critica testuale … ma il riconoscimento avviene nella fede, in un atto squisitamente religioso, quello di “spezzare il pane”. Come dire che la ragione, “l’ésprit de géométrie”, il logos, può arrivare sino ad una certa altezza; i “preambula fidei” sono appunto solo “preambula”; occorre poi adorare, pregare, tacere, fare un salto nella fede! Prendere o lasciare: “Volete andarvene anche voi?” (Gv 6,67). BUONA VITA!

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