La Domenica di Don Galeone: “Non sempre è facile distinguere l’amico dal nemico; la persona fidata un giorno può tradire!”
26 Settembre 2021 - 11:20
XXVI Domenica del TO (B) – 26 settembre 2021
Dio non appartiene a nessuno, perciò è di tutti!
Prima lettura: Fossero tutti profeti nel popolo! (Nm 11,25). Seconda lettura: Ricchi, piangete e gridate! (Gc 5,1). Terza lettura: Chi non è contro di noi, è per noi (Mc 9,38).
Dal vangelo (Mc 9,38) Due scene sono presenti in questa pagina del vangelo di Marco: ▪ la prima è quella dell’esorcista che caccia i demòni senza appartenere al gruppo autorizzato (quello degli apostoli!); è un comportamento frequente nei gruppi integralisti, che concepiscono la salvezza come diritto solo del loro gruppo: “Non è dei nostri!”. Ma ecco la risposta di Gesù: “Non glielo proibite!”. Notare la motivazione addotta: non dicono che “non segue Gesù”, ma che non segue “loro”, come se Gesù appartenesse solo a loro! Dio è libero di concedere i suoi doni a chi vuole; egli agisce al di fuori degli schemi mentali e delle strutture sacre; i profeti ci ricordano che Dio può fare a meno del tempio, che il regno di Davide può finire, che la fede può sorgere al di là dei confini di Israele. Lo spirito soffia dove, come e quando vuole. Il vero discepolo di Gesù è pieno di gioia, quando vede che il bene è seminato in ogni uomo, razza, cultura, religione. Gesù ci invita a riconoscere il bene anche nei non-cristiani, ma ci mette in guardia dal perdere la nostra identità! ▪ Nella seconda colpisce la parola “scandalo” (σκάνδαλον), ripetuta quattro volte; ‘scandalizzare’, in greco, significa fare inciampare, far cadere, mettere uno sgambetto; Gesù è molto severo, come dimostra l’immagine del macigno attaccato al collo e dell’annegamento in mare. La morte per affogamento era considerata dagli ebrei molto infamante, perché rendeva impossibile una conveniente sepoltura. Attenzione: i piccoli da non ‘scandalizzare’ non sono i ‘bambini’ ma le persone ‘deboli nella fede’. Anche queste minacce, dopo essere state ripetute per venti secoli, rischiano di non impressionarci più di tanto; ci hanno insegnato che risentono del contesto semitico, che non vanno quindi prese troppo sul serio. ▪ Una riflessione sulla parte finale del brano, quella della Geenna (v.43). Geenna era la valle a sud di Gerusalemme, considerata immonda perché in essa alcuni re d’Israele avevano immolato i loro figli al dio Baal (Ger 19,5) ed era diventata una discarica fumosa e maleodorante. Il “fuoco inestinguibile” e il “verme che non muore” sono due immagini prese da Isaia (66,24); è errato applicarle ai castighi dell’inferno; sulla bocca di Gesù sono un pressante richiamo a non rovinare la propria vita e quella degli altri. Questa insistenza sulla serietà di questa vita non va equivocata, non è un annuncio di dannazione eterna!
Dio non è “mono-polita”, ma “cosmo-polita” Noi siamo gelosi, fin da bambini: quando ci nasce un fratellino, non vogliamo condividere i nostri giocattoli; a scuola incolliamo una striscia sul banco a dividere le due proprietà; anche in religione predichiamo che il nostro Dio è migliore degli altri; abbiamo la tentazione di monopolizzare la verità, di stabilire “questi sono, quelli non sono dei nostri”. Dio può far nascere i suoi figli anche dalle pietre, può far sentire la sua voce anche attraverso strumenti umili. Dio non può essere rinchiuso nella nostra bottega. Le nostre chiese, i nostri preti corrono questo rischio, perché si possono presentare in termini “oggettivi” come i distributori sicuri della grazia di Dio, e invece potrebbero essere anche maschere, schermi, montature … che contrabbandano per divino quello che è umano, per volontà di Dio quella che è volontà umana, per Parola di Dio quella che è parola umana! Dio manda alla sua chiesa – sancta et sempre sanctificanda, reformata et sempre reformanda, casta meretrix – profeti e santi e maestri con il compito di riportarla alla santità delle origini. Ascoltare con umiltà Dio, accettare la verità senza chiedere la carta di identità a nessuno, perché il giudizio di Dio non sarà sul “possesso” della verità, ma sulla “pratica” della carità.
Nessun egoismo di gruppo! Alcuni credenti non riescono a vivere se non dividono, costruiscono muri, distribuiscono carte di identità, compilano elenchi di chi è dentro e di chi è fuori. Anche lo spirito, per questi sedicenti credenti, va ricevuto e distribuito secondo regole ben definite. Se una persona dice una parola nuova, originale, inedita, subito viene convocata e giudicata: “Da dove viene? Ha i titoli a posto? E’ in regola con i contributi? Quale ruolo occupa nella chiesa ufficiale?”. È capitato anche a Gesù (Mt 13,54; Mc 6,1; Lc 4,16). Il discepolo gretto, il gruppo chiuso non sopporta la libertà dello spirito, si sente tradito: “Non dovrebbe lo spirito soffiare solo nel nostro gruppo? Non dovrebbe Dio far piovere solo sul nostro campicello e far sorgere il sole solo sul nostro campanile?”. A volte incontriamo persone che, con protervia impietosa, osano giudicare quanti escono dalla nostra chiesa o dal nostro gruppo; a volte incontriamo anche superiori che con brutalità inchiodano davanti all’alternativa: o dentro o fuori. Forse hanno ragione, ma non sempre chi resta dentro è migliore, e forse chi esce mostra più coraggio di tanti don Abbondio! Dobbiamo usare il vangelo, il nome di Gesù non “contro” qualcuno ma “per” qualcuno, nello stile della famiglia, nell’arte del dialogo, nel rispetto della diversità. Gli steccati sono visibili anche in casa cattolica, tra cattolici, cristiani, ortodossi; l’espressione “separati in casa” si può benissimo applicare anche a certe realtà ecclesiali. Per fortuna c’è Mosè, che corregge l’errore: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!”. Per fortuna c’è Gesù, che non firma le nostre scomuniche: “Non glielo proibite!”. Buona vita!