LA FOTO. REGGIA DI CASERTA. Ci mancava anche il muro giallo rosé. Felicori, Buonomo, Torriero e co., ma quando ve ne andate?

10 Settembre 2018 - 11:00

CASERTA (Gianluigi Guarino) A ognuno il suo. E il nostro grande Pasquale Manzo sta già lavorando per un approfondimento di questa notizia. Essendo tale, però, questa va data, con il contestuale annuncio del commento più erudito che verrà.

La foto è eloquente: il muro perimetrale che circonda gli immensi giardini della Reggia di Caserta e, dunque, la Reggia stessa, ha assunto una colorazione fru-fru. Un giallo itterico con sfumature evidenti di rosa pallido.

Ora, non è che noi ce l’abbiamo con il rosa. Per carità, il problema è un altro ed è costituito dal fatto che quel muro, parte integrante di uno dei monumenti più importanti del mondo, non era nè giallo e nè rosa, quando fu costruito e quando, per anni, ha svolto, piuttosto bene, sicuramente molto meglio di come l’abbiano svolto titolari della sicurezza quali Mario Tartaglione e Patanè, il suo lavoro di protezione dei siti reali.

Non ci vuole uno studioso del diritto amministrativo per affermare che se uno come Felicori, in quanto direttore del museo della Reggia, il quale ha collezionato una vera e propria galleria degli orrori, ha potuto realizzare anche quest’ultimo sconcio, stupisce un pò di più il fatto che tutto ciò sia avvenuto sotto lo sguardo inerme e dunque oggettivamente complice, dell’ente che, se non ricordiamo male, tiene scritto nella sua ragione sociale la parola “CONSERVAZIONE”.

Ora, conservare un muro costruito con materiale tufaceo e pietroso, travestendolo con gli abiti di una ballerina del Café Chantan, non ci sembra che abbia nulla a che vedere con la mission della conservazione. D’altronde, qui a Caserta succede veramente di tutto. Tra monnezza in mezzo alla strada, topi in pieno centro, che vagano in misura superiore a quelli che si vedevano nelle città medievali quando i pitali venivano ancora svuotati con un lancio dall’alto, è anche normale, dunque, ci sta, che la Reggia venga sbertucciata, presa in giro ulteriormente, dopo le vessazioni autentiche subite in tutto il periodo della direzione di Mauro Felicori, uno che non ha mai voluto accettare di sottoporsi a un test culturale per capire se sapesse qualcosa e quanto ne sapesse della storia del monumento che quello sciagurato di Matteo Renzi gli aveva messo a dirigere. 

Il “pink wall”: colpi di coda, ciliegina su una torta mefitica di nemici dell’arte e della cultura.

La Sovrintendenza? Che dire più. Anche da Salvatore Buonomo, il quale, non a caso, ha fatto diventare Giuseppina Torriero il proprio braccio destro, abbiamo ricevuto sorprese incredibili in termini di rozza attestazione di un relativismo culturale che lo ha portato ad entrare finanche in una disputa strapaesana sulla corona del Crocifisso di Marcianise, dimostrando, in tal modo, che la necessità di essere sempre attenti alle ragioni del potere politico, prevale sugli obiettivi e sui principi istituzionali che dovrebbero rendere importanti un ente pubblico come la Sovrintendenza.

Beh, con il muro rosè, dato che la Reggia è abituata a ospitare grandi troupes cinematografiche, quelle dei super colossal di Hollywood, proponiamo a qualche major della celluloide di girare, nel monumento vanvitelliano, un remake di “Operazione Sottoveste“, il divertentissimo film americano interpretato da Cary Grunt e Tony Curtis, che si svolgeva su un improbabile sommergibile rosa.