LA NOTA. CAVE, noi non siamo ayatollah, ma riteniamo che i termini temporali del PRAE siano equi e giusti. Per cui, se sono esauriti Luserta & Co devono chiudere senza se e senza ma

13 Gennaio 2020 - 12:45

CASERTA – (Gianluigi Guarino) Quando, venerdì, c’è stato segnalato questo documento, abbiamo utilizzato i primi secondi della sua lettura per capire, in linea di sintesi, a cosa conducesse.

Non è stato difficile, perchè noi, come sempre, sulla questione cave e sui vari blitz, finalizzati a rendere fruibile, con la scusa della riqualificazione, il pieno utilizzo imprenditoriale di quelle che si trovano nel perimetro della città di Caserta, ma anche di tutte le altre, ci siamo portati in avanti con il lavoro già nella scorsa primavera, quando scoprimmo, durante un pomeriggio di routine, che, attraverso un giochino, un emendamento ad una norma regionale, si stava cercando, in pratica, di rendere indeterminato il tempo a disposizione degli imprenditori cavaioli per continuare la coltivazione dei loro siti.

In quel caso, si collegava il termine all’apertura del policlinico. Siccome il policlinico, secondo noi, non aprirà, almeno nel corso di questo millennio, quel termine rappresentava solo una barzelletta. La battaglia la conducemmo e il sindaco Marino

fu costretto, anche su sollecitazione di diversi consiglieri della sua maggioranza, a prendere posizione e a chiedere la cancellazione di quell’emendamento. Cosa che effettivamente capitò dopo l’uscita del nostro 25esimo articolo sull’argomento.

Questa è la prima osservazione di scenario a cui ne dovrà seguire necessariamente una seconda: chi scrive, mettetevelo bene in testa, non ha mai avuto una posizione oltranzisticamente, irragionevolmente pregiudiziale nei confronti dei diritti degli imprenditori delle cave. Non essendo noi degli statalisti e pur riconoscendo che questa attività ha avuto una fioritura anche grazie alla protezione dei poteri pubblici, riteniamo che l’imprenditore vada rispettato per la vita che si è scelto, per le preoccupazioni, per le difficoltà materiali e morali, per gli stress. Dunque, lo saremo sempre qualora lo stato e le sue diramazioni territoriali sviluppi una politica che somigli alle massimalizzazioni in stile cuban-venezuelano.

Ci è sembrata, allora, sempre equilibrata la posizione per l’ultimo PRAE che sta per Piano regionale delle attività estrattive, il quale, da un lato, riconosceva il diritto dei cavaioli di continuare la propria attività all’interno delle loro proprietà, dall’altra, considerava, ritenendoli finalmente importanti e degni di una strategia concreta e certa, finalizzata alla loro difesa, tutti gli altri aspetti della questione, a partire da quelli ambientali, stabilendo termini temporali precisi per completare l’attività di riqualificazione.

Ora, se i titolari di cave non hanno potuto pienamente esercitare questo loro diritto per motivi estranei alla propria volontà e alla propria responsabilità, è giusto che recuperino parzialmente, all’interno, però, dei termini stabiliti dal PRAE.

Faccio un esempio: se Luserta, per citare l’imprenditore più conosciuto, per motivi non dipendenti dalla sua volontà, è stato fermo per 6 mesi, sarà serio ed equo che li recuperi fino alla concorrenza di quei termini previsti dal PRAE. Un minuto dopo, però, deve chiudere perchè lui è stato partecipe di una soluzione che, partendo dall’ormai evidente insostenibilità della presenza delle cave a Caserta e dintorni, ha comunque garantito un tempo di esercizio sufficiente a che Luserta e i suoi colleghi delocalizzino oppure riconvertano la loro esperienza imprenditoriale. 

Ora, effettuate queste due importanti precisazioni, veniamo al punto in discussione in questi giorni. Siccome non vogliamo propinare articoli lunghissimi e complicatamente consultabili, soprattutto negli smartphone, la questione la affrontiamo in un altro articolo (CLICCA QUI PER LEGGERE IL NOSTRO ARTICOLO).

 

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