LA NOTA MARCIANISE. Svolta latifondista di Velardi: 50 sedie per i notabili al concerto di Vecchioni e tutto il popolo in piedi

13 Settembre 2018 - 11:14

MARCIANISE – Probabilmente neanche Portivio Diaz, il truce dittatore messicano protettore dei latifondisti che affamavano i contadini, avrebbe osato tanto per distinguere plasticamente (e il materiale plastico delle sedie si adatta perfettamente) la divisione tra, lo diciamo?, una casta – in questa caso parliamo di castina, castetta, pastetta… – di sedicenti oligarchi, e il popolo che in cambio di un pezzo di pane, di un posto precario e avventizio nell’impresa dei rifiuti o in un supermercato, sta zitto e viene ammesso a seguire in piedi il concerto del cantante Roberto Vecchioni, che sta là in mezzo come i cavoli stanno su una tavola apparecchiata per la merenda.

E’ successo ieri sera, in occasione dell’esibizione di Vecchioni nell’ambito dei festeggiamenti del Crocifisso 2.0, cioè quello adorato dai seguaci dello scisma di Puzzaniello (CLICCA QUI per leggere il nostro articolo).

Abbiamo pubblicato in alto un frammento dell’esibizione del cantautore milanese. Lo facciamo perchè siamo stati professionalmente fortunati a pescare un passaggio di una delle canzoni più conosciute di Vecchioni: “Forse non lo sai, ma pure questo è amore“.

Probabilmente, questo artista è stato chiamato perchè il Portivio Diaz di Marcianise, cioè Velardi, riteneva che alla 90esima lettura del suo diario Vecchioni avrebbe considerato doverosa, ineluttabile, l’aggiunta di un’altra strofa.

Al netto di quella della moglie vittima di violenza che ammazza il marito, il sindaco di Marcianise avrebbe potuto tranquillamente stare in mezzo ai due giganti della storia di cui Vecchioni scrive, cioè l’imperatore Marco Aurelio e Alessandro Magno.

L’unico problema è che il progressista Vecchioni descrive il loro stato d’animo, la loro solitudine rispetto ad una ragion di Stato o ad una tristezza sopravvenuta di fronte a un mare oltre il quale non c’è più nulla da conquistare.

Di Velardi andava raccontato invece il trionfo. Non quello decretato negli ultimi due anni dal popolo marcianisano, ma quello della narrazione estrapolata ogni giorno dal suo diario.

Caro Vecchioni, ti sei fatto vecchio, e come tutti i vecchi sei disincantato. Canti le tue canzoni, incassi il cachet e davanti a te non vedi più nulla.

Se quella canzone, che collegasti alle altre del tuo album più fortunato, Stranamore, avesse avuto un senso come quello che per te aveva quando la scrivesti, te ne saresti fottuto del cachet, avresti spento tutto e saresti andato via, magari fotografando la scena di quelle 50 sedie di invitati pseudo-notabili e del popolo che tu dici di aver tanto amato relegato simbolicamente in piedi alle spalle di chi sta seduto su quella che può essere considerata una metaforica poltrona.

Tu, Vecchioni, che hai amato quel film che ha guidato una generazione intera del pacifismo sinistrorso mondiale, avevi davanti a te il generale Jack D. Ripper, il protagonista disegnato da Stanley Kubric ne “Il dottor Stranamore”, pietra miliare per tanti registi tra cui la Wertmuller, la quale mutuò da lui i titoli chilometrici dei suoi film.

Quanto Stranamore c’era nella prima fila di quelli che assistevano al tuo concerto? Il problema, però, è un altro e risiede nel popolo.

Nel Messico dei primi anni del 20esimo secolo c’era un gran fermento liberale e furono i liberali ad aprire la rivoluzione. Il popolo preso in giro ogni giorno dal dittatore si sollevò grazie all’orgoglio di suoi rappresentati divenuti grandi capi militari, come Emiliano Zapata e Pancho Villa.

Roberto Vecchioni non aveva tutto sommato la necessità di capire, dopo decenni di onorata carriera e dopo aver incendiato i sui vespri, come tanti altri, davanti alla pellicola antimilitarista ma anche un po’ antiamericana di Kubric.

E’ il popolo di Marcianise che dovrebbe capire. Ma se questa scena di ieri sera, veramente raccapricciante, in quanto oleografica di una idea classista, di una presunzione di superiorità da ostentare, non è sufficiente, allora c’è un altro film, di cui pure scriveremo, per descrivere l’evidente sonno della ragione che ha colpito gli ex cittadini di Marcianise.