L’EDITORIALE. Ecco perchè ci sentiamo traditi dagli indifendibili agenti penitenziari di S.MARIA C.V. Vi spieghiamo pure perchè la direttrice Palmieri non ha subito alcun provvedimento
3 Luglio 2021 - 21:07
Lo spunto per questo articolo lo fornisce una intervista (della serie, toh, chi si rivede!), rilasciata al Corriere della Sera da Francesco Basentini, travolto dalle polemiche e costretto alle dimissioni per le scarcerazioni dei boss e che in quei giorni era il direttore del Dap. Poi citiamo un’altra intervista, questa volta concessa da Elisabetta Palmieri al quotidiano Anteprima24. Entrambe le pubblichiamo in calce
di Gianluigi Guarino
Di Francesco Basentini, ex direttore del Dap, ci si può fidare. Nel senso che c’è da credergli quando dice, così come ha dichiarato in un’intervista pubblicata stamattina dal Corriere della Sera, che lui non aveva il minimo sospetto di ciò che la sua amministrazione, che il suo subordinato campano Antonio Fullone,in pratica capo del Dap della nostra regione, stava realizzando, lui sì consapevole di ciò che sarebbe successo e che poi effettivamente è successo nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, il 6 aprile 2020.
C’è da credergli, ma questo non vuol dire che l’elemento della buona fede rappresenti uno strumento per determinare un giudizio positivo o totalmente assolutorio nei confronti di Basentini. Gli crediamo, non perchè sia logico farlo, ma perchè abbiamo conosciuto bene la vita e le opere di questo personaggio, a un certo punto, dimissionato dal ministro Bonafede in persona, quando la sua posizione diventò indifendibile alla luce di tutte le inadempienze, le carenze, le incredibili dimenticanze di cui si era reso protagonista il Dap e che avevano determinato, così come svelò e dimostrò la trasmissione condotta da Massimo Giletti su La7, la scarcerazione di temibili boss, di personaggi di spicco della criminalità organizzata, tra i quali Pasquale
Dunque, se non si potette dimostrare al mondo che questo Basentini fosse in grado o fosse non in grado di svolgere la professione di astronauta, di fisico nucleare, di ingegnere meccanico, di cuoco, di fabbro, si potette, al contrario e alla grandissima, dimostrare che se il ministero della giustizia avesse scelto, a suo tempo, il direttore del cruciale Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, sfogliando le pagine bianche dell’elenco telefonico, avrebbe avuto senz’altro in cambio un’amministrazione più efficiente di quella garantita (si fa per dire) dal Basentini.
Cosa c’entra tutto ciò con le vicende del carcere di Santa Maria? In effetti non esiste una relazione causale e nemmeno casuale relativamente alla materialità di questi fatti. Mentre esiste una connessione logica, rappresentata per l’appunto, dal fatto che il Basentini per una cinquantina almeno di motivi tutti dimostrati nella primavera del 2020, aveva sbagliato clamorosamente mestiere.
Per cui, come avrebbe potuto capire, uno così candidamente disarmato, una roba complicata e inquietante come quella successa nel carcere di Santa Maria che che, non a caso, accadeva, durante la sua bizzarra gestione? Per cui, dall’intervista rilasciata al Corriere della Sera, che pubblichiamo integralmente in calce, si evince, in parole povere, che il Provveditore regionale delle carceri campane, il tarantino Fullone, “se l’è fatto” alla grande lo sprovveduto Basentini.
Questi racconta, infatti, di non sapere nulla delle violenze, ma riconoscre di aver parlato con Fullone di ciò che era capitato il giorno prima, cioè il 5 aprile, quando, all’ufficializzazione della prima positività al covid di un detenuto, era scoppiata una sorta di rivolta in un reparto del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Stando a ciò che racconta Basentini, il suo sottoposto Fullone lo aveva tranquillizzato, affermando di aver promosso immediatamente un dialogo con i detenuti, i quali si erano asserragliati nelle celle, creando delle barricate con le brande capovolte. Dialogo che aveva portato ad una fase molto meno complicata e ad un rientro nei ranghi dei detenuti che poi, tutto sommato, chiedevano delle mascherine e non degli elicotteri che li portassero ad un aereo già in moto in un aeroporto, per scappare in un paese del centro America, dove non esiste l’estradizione.
Ma Fullone non disse solo questo a Basentini, visto che lo mise al corrente della perquisizione straordinaria che di lì a 24 ore sarebbe stata fatta, “anche per dare un segnale agli agenti di polizia penitenziaria” che si erano sentiti psicologicamente messi sotto dalla rivolta, dalle parole minacciose, probabilmente esposte da qualche detenuto, come se quelli fossero giorni normali in cui, inopinatamente un carcere si ribella e se la prende ad personam e senza un perchè, per pura attitudine alla violenza e all’esercizio della criminalità, con gli agenti di polizia penitenziaria e non invece quelli del terrore universale per una pandemia che ha scombussolato la testa di chi vive a piede libero (ma non in quei giorni), figuriamoci quella di detenuti, alcuni dei quali, probabilmente, ci hanno pure marciato per creare casino, caos, ma che non per questo hanno creato una situazione per la quale gli agenti di penitenziaria si sarebbero dovuti sentire umiliati.
Ma umiliati da che cosa? I detenuti, i carcerati fanno i detenuti e i carcerati, dunque, molti di loro hanno una indiscutibile attitudine a non comportarsi bene, altrimenti non sarebbero lì; voi, invece, cari agenti, siete la nazione che vince solo in un caso, cioè quando riuscite ad affermare i principi, le regole e le norme dello stato di diritto. Se invece di fronte ad atteggiamenti violenti, minacciosi, magari addirittura animaleschi, voi vi comportate allo stesso modo, cioè da animali, non si capisce quale sia la differenza tra un detenuto, cioè tra un cittadino che sceglie di violare la legge e lo stato che prova a rieducarli, ma che comunque afferma in ogni proprio atto, il primato del diritto sulla violenza e sulla prevaricazione.
Altro da dire non c’è. Questa è una cosa abnorme che a noi fa particolarmente arrabbiare perchè, da difensori strenui delle ragioni della polizia penitenziaria italiana, ci sentiamo un pò traditi, anzi un bel pò traditi, perchè non possiamo neanche scrivere che si è trattato di un episodio isolato, di tre, 4 persone che hanno sbroccato e sono finite fuori dal seminato, rifugiandoci magari nella rituale formula con la quale si dice che l’errore di pochi non può mettere in discussione l’integrità, bla, bla, bla…
Qui c’è un sistema, c’è un’iniziativa,ripetiamo, come scritto ieri, eversiva, una vera e propria rivolta (questa sì) operata da quelli che dovrebbero essere servitori dello stato, i quali, infedelmente rispetto allo stato, in centinaia e addirittura con il supporto di un corpo speciale dipendente direttamente dal ministero della giustizia, sono stati spediti lì a fare il lavoro sporco da un dirigente infedele, cioè AntonioFullone.
Basentini è credibile quando dice di non aver capito. Ma è credibile perchè si chiama Francesco Basentini, dimissionato per la vicenda citata prima, dal ministero della giustizia. Con rispetto parlando della persona, che non si discute, lui è credibile quando, da questa intervista, emerge la figura proverbiale dell’asino in mezzo ai suoni. Perchè nei giorni successivi al 6 aprile, dei fatti di Santa Maria, già si parlava, visto che i familiari dei detenuti, i quali non potevano accedere a colloqui per la questione covid ma che avevano il diritto di contattarli dal telefono del carcere, così come potevano fare anche con i loro avvocati, raggiunti peraltro da una fitta corrispondenza epistolare, avevano già rilasciato molte dichiarazioni, soprattutto al nostro giornale, che però, si mosse in quei giorni con grande cautela, pubblicando la notizia con una fotografia delle ferite sulla schiena di un detenuto, solo dopo che il garante delle carceri della provincia di Napoli uscì allo scoperto con un comunicato.
Siccome non erano trascorsi tre o quattro mesi e Basentini era ancora in carica, solo un asino in mezzo ai suoni, ripetiamo (stiamo parlando dell’esercizio della funzione, non della persona in quanto tale), poteva liquidare la vicenda con un’alzata di spalle, invece di mettersi in macchina, venire a Napoli, percuotere, ovviamente scherziamo, attaccandolo a un chiodo, il Fullone e domandandogli “senti, uomo, che cazzo è successo nel corso di questa perquisizione straordinaria? Sono state rispettate le norme, le leggi?“. Basentini invece non fece proprio nulla e dunque oggi può giustamente dice che lui non aveva capito niente e che riteneva Fullone un dirigente di grande qualità e di grande valore, come niente può capire, a partire dalle qualità, dalle attitudini di un suo dipendente in grado, un dirigente, un funzionario, una persona sbagliata messa al posto sbagliato.
Abbiamo appreso stamattina della sospensione dei due vicedirettori del carcere e abbiamo capito perchè lo stesso provvedimento non abbia attinto la direttrice Elisabetta Palmieri. E’ lei stessa a darci una ragione nell’intervista rilascita al quotidiano il riformista. La Palmieri svela, infatti, che in quel periodo non era in servizio, che si assentò per tre mesi a causa di un serio problema di salute e che dunque non aveva il benchè minimo sospetto di ciò che era capitato. Quando rientrò, era già troppo tardi per intervenire. Dunque, la funzione apicale del carcere, nei giorni dell’aprile 2020, era ricoperta dai due vicedirettori.
E questo, probabilmente contribuì ad una realizzazione del disegno criminale e ad una supplenza totale da parte di Fullone che in pratica diventò di fatto, egli stesso direttore del carcere di Santa Maria, con i vicedirettori ad avallare procedure assolutamente illegali e di cui oggi pagano le conseguenze con atto di sospensione dal servizio e anche dallo stipendio, firmato dal ministero.
QUI SOTTO L’INTERVISTA RILASCIATA DA FRANCESCO BASENTINI AL CORRIERE DELLA SERA
“Sono stato io a consegnare ai magistrati copia delle mie conversazioni in chat con il provveditore della Campania Antonio Fullone. Dire che sapessi quello che era avvenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere è pura follia”. Così Francesco Basentini, direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, in una intervista al Corriere della Sera.
“In quel periodo noi eravamo in contatto costante con via Arenula, facevamo riunioni continue anche con i sottosegretari. Non abbiamo mai sottovalutato nulla. Il provveditore Fullone mi teneva costantemente aggiornato sulle situazioni di maggior rischio, come appunto Santa Maria Capua Vetere. Mi informò che il 5 aprile un gruppo di 50 detenuti si era barricato all’interno di un reparto. Mi disse che aveva avviato un dialogo ed effettivamente riuscì a tenere la situazione sotto controllo. Il giorno successivo mi inviò il messaggio per informarmi che avevano proceduto a una perquisizione straordinaria”, aggiunge.
Fullone “riteneva indispensabile” entrare nelle celle “per riportare la calma e dare un segnale al personale. Fullone era ritenuto uno dei provveditori più bravi e competenti, io mi fidavo. Nei messaggi non vi è alcun riferimento alle azioni violente fatte dagli agenti intervenuti. Come ho già detto si trattava di un funzionario di grande livello che conosceva perfettamente la situazione. E proprio perché c’era uno stato di massima allerta approvai la scelta di fare la perquisizione. Ma davvero si può credere che io avrei potuto avallare una cosa del genere?“, aggiunge. “Se avessi avuto informazioni su quello che era successo – conclude l’ex capo del Dap – non avrei esitato a disporre provvedimenti cautelari a carico dei responsabili, come avevo fatto su episodi analoghi avvenuti nel carcere di San Gimignano qualche mese prima“.
L’INTERVISTA RILASCIATA DA ELISABETTA PALMIERI AD ANTEPRIMA24
Violenze in carcere, la direttrice: “Ero assente in quei giorni”
Santa Maria Capua Vetere (Ce) – Elisabetta Palmieri, direttrice del carcere di Santa Maria Capua Vetere, smentisce la sua presenza durante le violenze ai danni dei detenuti del 6 aprile 2020. “Sono stata assente per tre mesi per motivi di salute“, dice ai giornalisti. Quanto all’ accaduto, la direttrice definisce inammissibili le violenze, ma contestualizza l’episodio. “Nei giorni precedenti i detenuti in rivolta si erano impadroniti di alcune sezioni“. Quindi ha aggiunto: “L’iter processuale è all’inizio. C’è stata l’accusa, adesso c’è la difesa“.
“Non c’ero in quei giorni, ero assente per gravi problemi di salute. Penso che quelle immagini, che sono agghiaccianti, abbiano ferito e turbato tutti“. Alla domanda su come sia potuto accadere, il direttore della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, Elisabetta Palmieri, risponde: “Le motivazioni possono essere tante; c’era stata comunque una protesta molto, molto forte, il giorno prima da parte dei detenuti alla notizia del primo caso Covid. Si erano impossessati di alcune sezioni e anche barricati all’interno. Ma non si può rispondere con la violenza. Non sono giustificate quelle immagini e sono agghiaccianti“. Le immagini, del circuito di videosorveglianza, dice di non averle viste prima. Quanto alle telecamere spente in alcune zone del carcere si sarebbe trattato di un guasto. “Probabilmente erano rotte“, dice.