L’omelia di Don Franco Galeone: “Essere nella condizione del Signore, di colui che serve”

1 Maggio 2022 - 10:01

Terza domenica di Pasqua  ❉ 1 maggio 2022 (C)

SOLO UNA CHIESA DI SERVITORI PROMUOVE LA LIBERTÀ

Prima lettura: Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo (At 5,27). Seconda lettura: L’Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza (Ap 5,11). Terza lettura: Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce (Gv, 21,1).

Prima lettura (At 5,27b-32.40b-41) La comunità cristiana, fin dal suo inizio, ha dovuto affrontare l’opposizione delle autorità giudaiche che avevano condannato Gesù di Nazaret. Dopo la sua morte ignominiosa, per Anna e Caifa il caso era definitivamente chiuso, anche perché i discepoli si erano dati tutti, precipitosamente, alla fuga. Passa invece poco tempo ed ecco che questi discepoli divengono coraggiosi, fino a sfidare i capi religiosi. Questi un giorno decidono di arrestare gli apostoli. Dopo averli interrogati, il sommo sacerdote ricorda l’ordine che aveva dato di non insegnare più nel nome di ‘costui’. Notare: Caifa evita perfino di pronunciare il nome Gesù; lo chiama ‘costui’, quell’uomo. Per nulla intimorito, Pietro, in nome di tutti, risponde: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini!» (v.29). Gesù e gli apostoli sono stati scomodi per le autorità politico- religiose, per questo sono stati perseguitati. I cristiani hanno disturbato e disturberanno sempre chi vuole perpetuare tradizioni lesive della dignità dell’uomo e della donna. Nella seconda parte della lettura (w.30-32) Pietro fa una drammatica contrapposizione fra l’azione di Dio e quella delle autorità religiose giudaiche. Dice: «Dio ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso!» (v.30).

Vangelo (Gv 21,1-19)   Il capitolo 21 è un’appendice al Vangelo di Giovanni, che si chiude realmente con il capitolo 20. Se consideriamo questo brano solo come la cronaca di un fatto, redatta da un testimone oculare, ci troviamo davanti ad alcune difficoltà:
> stupisce il fatto che, dopo tante manifestazioni del Risorto, i discepoli ancora non lo riconoscono. E’ già la terza volta che lo incontrano (v.14), eppure si ha la sensazione che non lo abbiano mai visto prima;

> poi, non si capisce bene come mai essi si meraviglino di fronte alla pesca miracolosa. Luca dice che essi avevano già assistito a un episodio analogo (Lc 5,1-11);

> infine, come mai Pietro e gli altri apostoli si trovano in Galilea e hanno ripreso la loro normale vita di pescatori?

Queste difficoltà sono preziose perché ci obbligano ad approfondire il genere letterario del testo: non siamo di fronte a una “pagina di cronaca”, ma a un “brano di teologia” e il linguaggio usato è biblico, non giornalistico. Risulta, dunque, difficile stabilire che cosa sia realmente accaduto. L’evangelista vuole fare una catechesi ai cristiani delle sue comunità. Domenica scorsa ci ha raccontato due manifestazioni del Signore: una avvenuta nel giorno di Pasqua, in assenza di Tommaso, l’altra, otto giorni dopo, presente Tommaso. Con quest’insistenza sul ritmo «settimanale», Giovanni vuole insegnare che, ogni volta che i cristiani si radunano, nel giorno del Signore, per celebrare l’eucaristia, il Risorto si trova in mezzo a loro.

A differenza del Vangelo della scorsa settimana, in quello di oggi Gesù non appare di domenica, ma in un giorno feriale, mentre i discepoli sono intenti al loro lavoro. Hanno dunque ripreso la vita di ogni giorno. Che cosa fanno i discepoli di Cristo lungo la settimana? A questa domanda l’evangelista risponde raccontando un episodio carico di simbolismo, che ora cercheremo di decodificare:

> cominciamo dagli occupanti della barca. Sono sette. Questo numero indica la perfezione, la completezza. Pietro e gli altri sei rappresentano la totalità dei discepoli. Questi discepoli sono un’immagine dei vari tipi di cristiani che, nonostante i loro limiti e le loro manchevolezze, hanno pur sempre diritto di cittadinanza nella chiesa: quelli che hanno difficoltà a credere (Tommaso), quelli un po’ fanatici (i due figli di Zebedeo che invocano il fuoco del cielo contro gli oppositori: Lc 9,54), quelli che hanno rinnegato il Maestro (Pietro), quelli legati alle tradizioni del passato, ma onesti e aperti ai segni dei tempi (Natanaele), e anche i credenti anonimi che non sono conosciuti da nessuno (i due discepoli senza nome).

> Il mare, lo sappiamo, era, presso gli ebrei, il simbolo di tutte le forze nemiche dell’uomo. Se essere sommersi dall’acqua significa rimanere in balia del male, pescare vuol dire allora tirare fuori da questa condizione di «non vita», liberare dalle forze del male. Ora è chiaro che cosa intendeva dire Gesù quando disse ai discepoli: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini!» (Mc 1,17). Eccoli difatti all’opera. Pietro si è rimesso a fare il suo mestiere, ma la sua pesca ‘materiale’ indica la pesca ‘spirituale’ della chiesa impegnata nella liberazione dell’uomo.

> La notte con l’oscurità che l’accompagna ha pure un significato negativo. «Se uno cammina nella notte, inciampa» (Gv 11,10), «chi segue me, non camminerà nelle tenebre» (Gv 8,12) – ha detto Gesù. Senza la luce, la «pesca» dei discepoli non può ottenere alcun risultato. Pietro e gli altri si impegnano nella missione loro affidata, ma non concludono nulla. Hanno dimenticato quelle parole del Maestro: «Senza di me non potete fare nulla» (Gv 15,5).

> Il Signore non è sulla barca, – è vero – si trova sulla riva, ha già raggiunto la terraferma, cioè, la condizione definitiva dei risorti. Verso questa terra tendono e giungeranno anche i discepoli.

> Il risultato della missione della chiesa è indicato dalla straordinaria quantità di pesci pescati: 153. Questo numero ha un significato simbolico. Risulta da 50×3+3. Per gli israeliti il numero cinquanta indicava tutto il popolo; il numero tre rappresentava la perfezione, la pienezza.

> Il banchetto con il quale si chiude il racconto della pesca miracolosa è il simbolo della conclusione della storia della salvezza. Come ai sette discepoli sul lago di Galilea, a tutta la comunità cristiana viene chiesto di presentare il pesce, il frutto del lavoro dell’uomo. Il pane invece è sempre offerto gratuitamente da Gesù (v.13).

> “Pasci i miei agnelli”. Come sempre, questo suo apparire e questo suo mangiare insieme con noi terminano con una missione. “Mi ami, Pietro? Sì? Ebbene, occupati degli altri, va’ dai tuoi fratelli, diventa un altro me stesso. Non sono venuto per essere servito ma per servire!”. Pietro voleva compiere un’azione di grazie e di adorazione. E il Signore gli comanda: “Occupati degli altri, servi i miei fratelli!”. Ogni autorità deve imitare quella di Cristo. Nel cristianesimo non ci sono onori ma responsabilità. Non presidenze ma servizi, non posti da coprire ma fratelli da servire, non professionisti di carriera ma dilettanti di amore. Diceva Ignazio di Antiochia che, se primati ci devono essere, uno solo è accettabile: il primato e la presidenza dell’amore! Il titolo più bello con cui i papi hanno firmato i loro documenti è “Servo dei servi del Signore”.

> “Pietro, quando sarai vecchio, stenderai le mani e un altro ti condurrà dove tu non vuoi!”. Tutto termina con una profezia. Quando era giovane, Pietro faceva ciò che voleva; essere adulto in Cristo è accettare di fare la volontà di un Altro, che spesso non coincide con i nostri progetti.

Terza stazione della Gioia   Questa terza stazione “della Gioia” è la più bella, un racconto fatto di brezza marina, di aria aperta, di sole che sorge sul mare. Gli apostoli sono tornati desolatamente al loro antico mestiere. Ho già detto che a partire dalla risurrezione, molti cristiani prendono le ferie di Pasqua, si sentono disoccupati. La risurrezione li disorienta; il Signore è lassù, nel cielo, felice, giubilato, pensionato, e loro continuano a vivere quaggiù la loro piccola vita! Gesù raggiunge i discepoli in tutti i luoghi dove si credevano soli, abbandonati, perduti, e dolcemente li riconduce alla fiducia, pazientemente li convince della sua presenza, li sveglia alla sua gioia.

Appare Cristo risorto e prepara loro qualcosa da mangiare. Il Signore è stato tanto umano e servizievole da preparare loro una colazione. Un buon pranzo, preparato con molto amore per vostro marito, per i vostri figli, può essere un’apparizione del Cristo risorto. Anche qui il Cristo si è fatto riconoscere allo spezzare del pane. Ma questa volta non solo lo ha diviso, lo ha anche fatto cuocere! Insegnamento per quanti devono cucinare, per quanti devono compiere cose che credono profane, e che dovrebbero invece santificare con l’amore. Tempo fa andai a trovare una coppia di antichi militanti di Azione Cattolica, e mi sentii dire: “Padre, che nostalgia! Una volta andavamo a messa, alle adunanze, ai ritiri … Adesso è impossibile, siamo immersi nelle attività fino al collo!”. “Non capisco, perché parliate così. Vivete una vita d’amore, siete a servizio uno dell’altra, e tutti e due a servizio dei figli. Siete nella condizione del Signore, di colui che serve. E’ una magnifica somiglianza con lui”. BUONA VITA!