L’omelia di don Franco: “Ogni incontro con Gesù trasforma la vita: Zaccheo, da uomo di potere, diventa uomo di servizio”

3 Novembre 2019 - 13:10

3 novembre 2019 – XXXI Domenica TO (C)

SONO VENUTO A CERCARE E SALVARE CIO’ CHE ERA PERDUTO!

gruppo biblico ebraico-cristiano השרשים הקדושים

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I lettura: Signore, tu hai compassione di tutti (Sap 11, 22).   II lettura: Sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù (2 Ts 1, 11).   III lettura: Il Figlio dell’uomo è venuto a salvare ciò che era perduto (Lc 19, 10).

La domenica “della conversione di Zaccheo”. Il Vangelo di Luca è pieno di incontri tra Gesù e le persone. Oggi incontra Zaccheo, capo dei pubblicani e uomo ricco. E’ un emarginato, un potente a servizio dei romani, un peccatore pubblico; egli sfrutta i deboli, lo riconosce dopo la sua conversione; il suo mestiere è la frode legalizzata; egli abita a Gerico, una raffinata e mondana stazione climatica; Gerico significa “la profumata” ma forse non era un profumo di virtù; Zaccheo è odiato da tutti a motivo del suo mestiere; ironia della sorte, il suo nome significa “il puro”; egli stesso dice come si è arricchito: “Se

ho frodato qualcuno”. Siamo di fronte a uno degli episodi più belli nella storia delle conversioni. Ogni incontro con Gesù trasforma la vita: Zaccheo, da uomo di potere, diventa uomo di servizio.

Questo racconto si colloca alla fine del viaggio di Gesù a Gerusalemme. E qui capitano due episodi significativi: la guarigione del cieco (Lc 18, 35-43) e l’incontro con Zaccheo (Lc 18, 1-10). Questo doppio incontro con il male fisico ed il male morale è stato definito come “il vangelo degli esclusi” (T. W. Manson). L’accostamento di questi due fatti non è casuale: la guarigione del cieco e la conversione di Zaccheo si richiamano a vicenda. Sia il cieco che Zaccheo desiderano vedere Gesù e in ambedue i casi c’è una grande folla che lo segue ma non lo comprende. Gesù fino alla fine allevia le sofferenze ed accoglie gli smarriti. Il cieco “segue” Gesù (Lc 18,43) ed il primo dei pubblicani (architelónes: un neologismo creato da Luca, non esiste in greco e potremmo tradurlo con arciladro!) dà i suoi beni a coloro che sono stati frodati da lui. Questo significa prendere sul serio Gesù ed il suo Vangelo.

La relazione di Gesù con «i cattivi», i peccatori ed i miscredenti, è tutto un programma di pastorale. Un programma sconcertante, scandaloso, a prima vista senza né capo né coda, perché non si basa sull’insegnamento dottrinale o sull’imposizione normativa. È “il programma della convivenza”. Questo vuole dire che il Vangelo non si insegna o si impone ma si contagia. Cioè il Vangelo si trasmette per contagio. Non perché lo si conosce, ma perché lo si vive. Di conseguenza, solo chi lo vive è capace di evangelizzare.

Zaccheo è piccolo di statura”: non è un particolare insignificante: è l’immagine di Zaccheo agli occhi del popolo, uno sgorbio di natura, un fastidioso puntino nero in quella società di farisei immacolati. Ma Zaccheo non se ne preoccupa: quelle persone che osservano scrupolosamente la legge lui sa bene che sono ipocrite e supponenti. E poi è ricco, ha avuto tutto dalla vita, veste da principe e mangia ogni delizia… ma non è felice. Vuole vedere Gesù e per questo sale su un albero di sicomoro (v.3). Perché non è salito sul terrazzo di casa? Forse perché nessuno vuole ospitare quello strozzino.

“Gesù alzò lo sguardo”. Come sono attenti gli occhi di Gesù! Egli alza gli occhi. Zaccheo dall’alto cercava di vedere Gesù, ma è Gesù che dal basso lo vede per primo. Gesù di fronte al peccatore alza sempre lo sguardo. Anche quando rimane solo con l’adukltera, Gesù alza il capo verso di lei (Gv 8,10), la guarda dal basso perché chi ama non si atteggia a giudice, come un servo lava i piedi.“Zaccheo, scendi subito. Oggi devo fermarmi in casa tua”. Nessuno della folla pronuncia il suo nome Zaccheo-Puro perché è un impuro, Gesù lo chiama Zaccheo-Puro, perché anch’egli è un figlio di Abramo (v.9). Non si preoccupa delle convenienze sociali, delle indicazioni canoniche stabilite dai sacerdoti. Sente il bisogno di stare con Zaccheo: “Devo fermarmi in casa tua”.

“E’ andato in casa di un peccatore!”. I farisei, vedendo Gesù avviarsi verso la casa si Zaccheo, provano invidia e delusione. Non era più conveniente entrare nel santo luogo di una sinagoga, o almeno nella casa di una persona rispettabile? L’uomo è un perfetto maestro di cerimonie, ma dimentica che lo Spirito soffia dove e quando e come vuole. Le vie del Signore non sono le vie dell’uomo. I farisei si scandalizzano: “E’ andato in casa di un peccatore!”. E se fosse venuto nella mia, nella tua casa, forse avrebbe ricevuto un’accoglienza migliore? Chi è degno di ospitare Dio? Gesù scavalca tutte le discriminazioni, perdona l’adultera, mangia con i farisei e con i peccatori. Non distingue: ama l’uomo, vede l’uomo al di là delle barriere. Un amore del genere scandalizza, soprattutto i buoni credenti, i quali usano anche la fede per discriminare!

“Ecco, do la metà dei beni ai poveri, e restituisco il quadruplo a chi ho frodato”. Il tutto si conclude con una cena di festa, come tutte le scene ci conversione. Osserviamo chi è dentro e chi è fuori: dentro ci dovrebbero essere i giusti che invece sono fuori a mormorare; dentro ci sono gli impuri per i quali Gesù è venuto e fa festa con l’arciladro – architelónes Zaccheo! Zaccheo si è convertito quando ha scoperto che Dio gli voleva bene, malgrado fosse un impuro, un piccolo, anzi, proprio perché piccolo. “Ecco, do la metà dei beni ai poveri, e restituisco il quadruplo a chi ho frodato”. E’ il testamento di Zaccheo, che si libera dall’aurea zavorra, senza essere obbligato dalla paura della morte imminente; il suo testamento è diverso dai nostri che iniziamo con la formula: “Lascio …” quando sarebbe più esatto scrivere: “Sono costretto a lasciare …”. Sembra diventato pazzo, ma ha incontrato il Signore, bisogna capovolgere tutto. E’ l’elogio della pazzia evangelica! Invece noi, una volta incontrato Cristo, mettiamo le pantofole, diventiamo ragionevoli, la nostra massima virtù è la prudenza. L’aurea mediocrità!    “Oggi la salvezza è giunta in questa casa”. Non dice: “L’anima di Zaccheo è salvata, andrà in paradiso”. Non un imprecisato futuro, ma un felice presente: “Oggi”. La salvezza ha un suo immediato mordente con il reale, si realizza nel momento in cui prevale l’amore sull’odio. E Zaccheo, come risponde? Non dice: “Signore, tu sei il messia”, ma concretamente: “La metà dei miei beni la do ai poveri; se ho frodato, restituisco il quadruplo”. Convertirsi per Zaccheo non vuol dire proclamare con la lingua “Io amo il Signore”, come fanno tante anime pie, che, lasciando intatte le strutture del male di cui sono responsabili, diventano religiose e generose di offerte alla chiesa. Occorre esaminare invece la propria complicità con il male, con le opere di morte, e cambiare direzione nella vita e nella professione.

Questo racconto ci consegna une verità fondamentale. Zaccheo si è convertito, ma non perché ha cambiato religione, convinzioni o pratiche e devozioni. Zaccheo si è convertito perché ha cambiato “conto corrente”: è rimasto con un conto ridotto a meno della metà, molto meno della metà. Quando la fede tocca la tasca, la cassaforte, il conto in banca… allora inizia la conversione. Cioè, la “salvezza” (della quale parla Gesù) non è una questione religiosa, ma una questione di denaro. Non perché la religione non importi, ma perché il denaro è l’indicatore più chiaro del fatto di prendere sul serio la religione. BUONA VITA!