L’ossessione di Lusini: far fuori in ogni modo l’architetto che sulla lottizzazione Schiavone e sulle concessioni aveva osato “mandare a comprare il sale” l’inviato di Gennaro Pitocchi
9 Ottobre 2024 - 17:33
Sulla vicenda non ci fa certo una bella figura neppure l’ex sindaco di Frignano Gabriele Piatto che nelle intercettazioni accluse alla richiesta di domiciliari per il dominus di Teverola, accondiscende e si mette a disposizione di fronte alle pressanti richieste del Lusini di non dare un nulla osta a Ulderico Di Bello
TEVEROLA – A meno che anche lui non avesse altri disegni non lineari, l’architetto Ulderico Di Bello può essere, a buona ragione, considerato una mosca bianca.
Tutto sommato, al riguardo ci fa piacere e fa piacere al sottoscritto che oggi operi in un comune vicinissimo al mio paese di residenza, ossia a Telese Terme, dov’è dirigente dell’Ufficio Tecnico. Speriamo nel contempo che rappresenti una pagina definitivamente chiusa quella che l’ha portato, nel 2018, al rinvio a giudizio per una vicenda di corruzione impropria al Comune di Cervino, dove lui operava, nell’ambito di un affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti all’ex imprenditore di Marcianise Angelo Grillo, oggi ergastolano. Vicenda giudiziaria chiusasi non con un’assoluzione, ma con la prescrizione.
Ulderico Di Bello era in servizio attorno al 2020 al Comune di Frignano.
Successivamente ebbe un via libera per andare probabilmente a completare il numero di ore massime possibili al Comune di Teverola.
Siamo stati prudenti, nella valutazione contenuta nell’incipit, perché, francamente sembra strano che uno che fa la professione di Ulderico Di Bello e che la esercita in comuni dell’agro aversano non sappia che a Teverola detta legge un soggetto che si chiama Biagio Lusini, che nella sua vita politico-amministrativa non ha realizzato un solo atto che non fosse funzionale ad alimentare e rafforzare interessi economici che lo riguardavano direttamente o indirettamente.
Lo ha fatto sempre in simbiosi con il vero reuccio degli uffici tecnici dell’agro aversano, ossia quel Gennaro Pitocchi che, come vedremo, entra a un certo punto a piedi giunti nella vita di Ulderico Di Bello.
Questo è un dubbio che ci piacerebbe chiarie con il diretto interessato. Ma lei, architetto, sapeva di andarsi a sedere dietro alla scrivania di un Ufficio Tecnico che qualche anno prima era stato incendiato da un attentato doloso affinché sparissero alcune pratiche?
A meno che non si sentisse un cavaliere di cappa e spada, resta inspiegabile il motivo per cui lei è andato a pare in quell’Ufficio.
Biagio Lusini non si dava pace perché Di Bello, di fronte a una verifica imparziale di tipo tecnico amministrativo, non dava il via libera alla lottizzazione Schiavone, al business che Lusini aveva messo in piedi attraverso progettazioni, direzioni dei lavori, che coinvolgevano sfrontatamente i propri figli.
Nella richiesta di applicazione di misura cautelare ai domiciliari presentata al Gip dai Pm della Procura della Repubblica di Aversa-Napoli Nord Patrizia Dongiacomo e Cesare Sirignano, sono presenti delle intercettazioni in cui la necessità di disfarsi del Di Bello diventa quasi ossessione.
Francamente, in quelle intercettazioni, non fa certo una bella figura Gabriele Piatto, al tempo sindaco di Frignano, che almeno a parole si mette a disposizione di Biagio Lusini e della sua richiesta di non dare il nulla osta a Di Bello.
Poi ci pensa il solito Tommaso Barbato, avvicinato il giorno 8 dicembre 2020 e poi di nuovo il giorno dopo, a garantire che alla scadenza dei 6 mesi, Di Bello non sarebbe stato riconfermato.
Lusini era furioso, e arriviamo al punto annunciato all’inizio dell’articolo, perché l’architetto, come si suol dire, aveva osato dire no, aveva in pratica mandato a comprare il sale all’ingegnere Francesco Muscariello, proveniente nientepopodimeno che dallo studio di Gennaro Pitocchi.
Purtroppo, e concludiamo, i veri pensieri legati ad anni e anni di conoscenza di questi personaggi, non possono essere messi sempre su carta, però francamente, come dice spesso anche la collega Marilena Natale, ci sono aree dell’agro aversano che sono veramente una fogna, monopolizzate da associazioni di persone che da 30 anni, dunque compresi quelli in cui il clan dettava legge e aveva in Biagio Lusini, come ha più volte raccontato il pentito Antonio Iovine o’ Ninno, divenuto poi zio acquisito del figlio di Gennaro Pitocchi, un suo stabile punto di riferimento.
Per il resto, sorvoliamo, per ora.