MAFIA PUGLIESE E CLAN DEI CASALESI: ecco come l’ex Re Mida dei rifiuti faceva soldi a palate con una mega truffa sugli oli minerali

12 Aprile 2021 - 13:39

E’ molto complessa l’indagine che ha portato al suo arresto, a quello del suo storico sodale Luigi Cardiello e di altre 35 persone. I dettagli nell’articolo

 

CASAL DI PRINCIPE – Emergono nuovi particolari sulla maxi operazione che all’alba ha portato all’arresto di 37 persone.

Oltre 100 indagati nell’inchiesta tra Salerno, Napoli, Avellino, Caserta, Cosenza e Taranto dei carabinieri e della Guardia di finanza di Salerno e Taranto, su delega della Dda di Potenza e Lecce, che ha portato a l’esecuzione di 45 misure cautelari restrittive. Sono 26 gli indagati in carcere, 11 hanno avuto dal gip il beneficio dei domiciliari, mentre sei sono destinatari di un divieto di dimora; ci sono poi due misure interdittive della sospensione dell’esercizio delle funzioni per due appartenenti al corpo della Guardia di Finanza per sei mesi. Sotto sequestro, poi, immobili, aziende e depositi. I reati contestati sono quelli di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata alla commissione di frodi in materia di accise e Iva negli oli minerali, intestazione fittizia di beni e societa’, riciclaggio e autoriciclaggio, nonche’ impiego di denaro di provenienza illecita. Le indagini hanno fatto emergere la sinergia tra mafie del salernitano, del tarantino e di Lecce intorno al contrabbando di oli minerali; le ‘famiglie’ interessate al business erano legate ai Casalesi e al clan Cicala.

Il contrabbando di oli minerali coinvolgeva sigle importanti della criminalità organizzata, tra cui anche il clan dei casalesi. non a caso la provincia di Caserta è stata interessata dal blitz, unitamente a quelle di Salerno, Avellino, Napoli, Cosenza e Taranto. Il danno causato dalle casse dello Stato da questo contrabbando e’ di decine di milioni di euro.

La criminalita’ organizzata ha sfruttato al meglio una normativa stratificata nel tempo, e i tentativi di liberalizzare il mercato per incentivare la concorrenza hanno paradossalmente favorito le frodi dell’Iva e delle accise, sostengono gli inquirenti. A Taranto, il filone investigativo ha fatto emergere che Michele Cicala, gia’ condannato con sentenza definitiva per estorsione aggravata dal metodo mafioso e per associazione a delinquere, aveva creato una nuova compagine mafiosa con legami con le componenti del clan tarantino Catapano-Leone. Questo gruppo reimpiegava risorse economiche in molte attivita’ anche commerciali, attraverso una fitta rete di prestanome, ed era aggressivo dal punto di vista militare. Cicala aveva puntato particolarmente sul settore della distribuzione degli idrocarburi, estremamente lucroso accordandosi con il gruppo criminale Diana, attivo nel Vallo di Diano tra Basilicata e Campania, sviluppando in maniera coordinata l’attivita’ di contrabbando. Venivano cosi’ vendute ingenti quantita’ di carburante per uso agricolo, che appunto beneficia di agevolazioni fiscali, a persone che poi lo mettevano nel mercato normale dell’autotrazione, utilizzando quelle che i magistrati chiamano pompe bianche, i distributori compiacenti. I tarantini periodicamente fornivano nominativi con i dati fiscali e libretti Uma che venivano clonati in modo che le imprese del gruppo petrolifero campano/lucano legate ai Casalesi potessero fatturare fittiziamente la vendita di carburante per uso agricolo a imprenditori agricoli del tutto ignari; il prodotto poi veniva venduto in nero a operatori economici che immettevano nel mercato del carburante per autotrazione, guadagnando almeno il 50% in piu’ sul costo effettivo di ogni litro di benzina e nafta.

I clan inoltre, attraverso artifici informatici, ingannavano il sistema dell’Agenzia delle Entrate, in considerazione del fatto che la fattura elettronica non arrivava al cliente apparentemente destinario del carburante e quindi non c’era traccia delle finte operazioni di vendita effettuate usando il suo nominativo. Il trasporto del prodotto era accompagnato da documenti falsi e, in caso le forze di polizia effettuassero un controllo sul carico, l’autista azionava un congegno elettromagnetico e una pompa iniettava colorante per far si’ che il carburante normale avesse la colorazione di quello agricolo. Il guidatore dell’automezzo, una volta nei depositi commerciali degli indagati, simulava uno scarico del prodotto passando anche davanti alle telecamere di sorveglianza per un tempo compatibile a quello che realmente sarebbe stato necessario e poi simulava il carico di gasolio per autotrazione e ripartiva scortato da documenti fiscali clonati con il numero del registro di carico e scarico sempre, da mostrare in caso di controlli. Alla fine arrivava al destinatario finale e l’operazione non veniva registrata.

Sul versante lucano-campano, l’indagine si e’ concentrata su una societa’ di San Rufo, la carburanti Petrullo, che fa parte di un gruppo familiare che era gia’ l’attenzione dei finanzieri per una serie di incongruita’ come un aumento inspiegabile nel fatturato e negli investimenti. E’ emerso cosi’ che nella ditta erano entrate persone legate alla famiglia casertana dei Diana che vi aveva investito capitali provenienti dal traffico di rifiuti. Raffaele Diana, era gia’ finito in passato nel mirino della magistratura, e la Petrullo era diventata in concreto il canale privilegiato attraverso i quali si era inserito nel tessuto economico del Vallo di Diano stringendo poi un patto sia con il titolare della societa’ sia con i Casalesi e con altri componenti dell’imprenditoria locale.

Va detto che il riferimento al clan dei casalesi riguarda soprattutto una persona, cioè quel Raffaele Diana, arrestato insieme al suo antico sodale Luigi Cardiello. Entrambi, dopo essere stati negli anni 90 coinvolti in diverse indagini sui rifiuti da parte della Dda ma anche da parte della Procura di santa Maria (Cassiopea e non solo), si erano insediati in provincia di Salerno nel Vallo di Diano, dove erano in cerca di nuovi terreni che non dessero adito a particolari sospetti e che fossero ben collegati con gli assi viari principali, per facilitare le operazioni di trasporto.