METANOSUD VINCE SU TUTTA LA LINEA: la dipendente truffaldina ha intascato 71mila euro. La Corte d’Appello boccia il reintegro e rincara la dose sulla restituzione

5 Ottobre 2023 - 17:47

La donna aveva impugnato il verdetto di primo grado per lei più leggero. Ma i giudici napoletani hanno accolto totalmente le richieste dell’avvocato Delia Orsilio e …

MARCIANISE (g.g.) I lettori di CasertaCe ricorderanno la storia di una dipendente che, operando quale cassiera presso gli uffici della Metanosud di Marcianise, quella che distribuisce questo prodotto in vari comuni della provincia, si era appropriata di circa 80.000 euro della società alle cui dipendenze ella lavorava. 

La lavoratrice si rivolse al Tribunale di S. Maria C.V. sostenendo di aver subito un ingiusto licenziamento, ma la sentenza pronunciata dal giudice Roberto Pellecchia sancì inesorabilmente la sua responsabilità e confermò la legittimità del licenziamento.

Inoltre, su richiesta della Società, la condannò, a rimborsare il maltolto, all’epoca accertato nell’ordine di 63mila euro (clikka e leggi)

Ovviamente la Società provvedette a denunciare anche penalmente tali fatti alla procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere

All’epoca noi di CasertaCe, che mai e poi mai, soprattutto quando si tratta di notizie rese anche un po’ complesse dall’applicazione della procedura civile, nel caso di specie in materia lavoristica, ci accontentiamo di informare i nostri lettori, rimanendo alla parte superficiale di una notizia, leggemmo il contenuto della sentenza del presidente della sezione lavoro del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, il già citato Roberto Pellecchia. E solo perchè l’avevamo letta sillaba per sillaba, ritenemmo di essere pienamente legittimati ad esprimer un nostro punto di vista, ovviamente argomentato, sulla stessa scrivemmo, allora, che quella sentenza ci era parsa sostanzialmente corretta e ben motivata.

Ricordiamo bene che il problema era stato sollevato dalla società di revisione contabile, quella che controlla i numeri della Metano sud, che aveva rinvenuto delle anomalie nella contabilità aziendale. L’incongruenza si verificava  perché quello che veniva registrato in entrata  da Metanosud Spa, a seguito della fornitura di gas ed elettricità ai clienti, non risultava invece effettivamente nella cassa. 

Fatte le dovute verifiche, la Metanosud accertò che questi ammanchi dipendevano dall’attività, ad avviso dell’azienda illecita, attivata da una sua dipendente, addetta alle operazioni di riscossione agli sportelli. Risultò chiaro agli occhi dei titolari della Metanosud il fatto che la donna registrasse le somme corrisposte da clienti su una cassa parallela ed occulta, trattenendo per sé i relativi importi.

Pertanto sebbene gli ignari clienti avessero regolarmente pagato, di fatto i corrispettivi delle loro bollette venivano intascati dalla dipendente infedele. In apparenza era tutto regolare, ma di fatto i soldi non li incassava la Metanosud.

Insomma, una condotta truffaldina che nessun’azienda potrebbe sopportare, specie se a commetterla è una persona a cui si è affidato un compito delicatissimo proprio in quanto in essa è stata riposta piena fiducia.

E allora, vediamolo il finale di questa storia scritto, almeno per il momento, dai giudici della Corte di Appello di Napoli, naturalmente sezione Lavoro, a cui la dipendente si era rivolta, impugnando la sentenza di primo grado, che l’aveva vista soccombere.

Nel suo ricorso, la dipendente, aveva lamentato l’erroneità della sentenza sostenendo che gli ammanchi fossero essere stati perpetrati da altri dipendenti.

Dall’altro lato, invece, la società Metanosud difesa in giudizio dall’avv. Delia Orsillo, non solo chiedeva la conferma della sentenza, ma aggiungeva a questa sua istanza anche una decisione tale da determinare una maggiorazione della somma che la dipendente avrebbe dovuto rimborsare rispetto ai 63mila euro sanciti dal verdetto di primo grado. Tecnicamente, per quelli che non praticano un processo, si dice che la parte spiega appello incidentale e ciò ha fatto la Società  Metanosud.

La sezione Lavoro della Corte di Appello di Napoli, relatrice il giudice Stefania Basso, ha rigettato l’appello della ex dipendente e, accogliendo totalmente la tesi del legale della società, ha aumentato la somma da restituire alla Metanosud, dai 63mila euro appena menzionati ai 71.084,00 finali.

In sostanza la Corte di Appello ha confermato la condotta truffaldina della ex dipendente escludendo che l’appropriazione potesse essere ricondotta ad altri operatori della Metanosud. Le prove raccolte nel processo, infatti, hanno consentito di stabilire che lei, solo lei, la dipendente, fosse l’unica responsabile della sottrazione delle somme lamentate dall’azienda marcianisana.

Rilevante su questo punto, per la Corte di Appello di Napoli, è stato il fatto, evidenziato dal legale della Metanosud, che la ex dipendente aveva depositato nel processo delle ricevute di pagamento da lei rilasciate ai clienti e da lei acquisite personalmente, anche se mai trasformatesi in reali corrispettivi in denaro, cioè in incasso.