NICOLA SCHIAVONE, L’USURA & IL GIOCO D’AZZARDO. L’ingaggio di Nicola Pirozzi grazie a Giacomo Capoluongo: “Insieme andavano a giocare nelle bische clandestine della provincia”
25 Marzo 2019 - 11:51
TRENTOLA DUCENTA – (g.g.) Scorrendo le tante pagine, che ormai affollano la documentazione dei processi nei quali Nicola Schiavone, da imputato, oppure, semplicemente da testimone, chiamato a ribadire ciò che ha dichiarato negli interrogatori sostenuti al cospetto dei magistrati della Dda, si capisce una cosa significativa e importante: la rottura degli storici rapporti fondati su un’amicizia familiare, tra Michele Zagaria e i Capoluongo, con Giacomo Capoluongo in particolare, a causa della farmacia comunale della discordia di Trentola Ducenta, produssero effettivamente uno spostamento, seppur non radicale, degli equilibri all’interno del clan dei casalesi.
Uno di questi sommovimenti riguardò la nota famiglia Pirozzi, una vera equipe di germani impegnati in attività imprenditoriali o anche collaterali a queste. I Pirozzi erano a disposizione di Giacomo Capoluongo al punto che questi quando ruppe con Michele Zagaria li portò al cospetto, rappresentati da Nicola Pirozzi, di Schiavone junior.
Ed è proprio quest’ultimo ad aver interpretato quell’atto come una indicazione di messa a disposizione di questa famiglia che partiva dall’autotrasporto a cui si dedicava Francesco Pirozzi, con l’altro Giuseppe Pirozzi a presidiare stabilmente il deposito in cui, spesso e volentieri, si svolgevano anche summit di camorra, e con Nicola impegnato nell’attività diciamo così, finanziaria, visto che il figlio di Sandokan lo definisce come “quello
Pirozzi era anche significativamente autonomo. Nel senso che usava il nome del clan per svolgere l’attività di strozzinaggio i cui proventi intascava in toto. “Per questo motivo – racconta Nicola Schiavone – fu richiamato dal clan dei casalesi e fu affiancato, nell’attività di usura da Vincenzo Cacciapuoti detto “mozzarella” e da Gennaro Sfoco.”
I rapporti personali crebbero di livello. Nacque un’amicizia tra i due Nicola, cioè Schiavone e Pirozzi, al punto che i due frequentavano insieme le bische clandestine. Rispetto a questo, il giudice della prevenzione la domanda la formula su eventuali frequentazioni in casinò. Ma Schiavone precisa e parla testualmente di bische, cioè di una cosa un pò più casareccia, un pò più locale, un pò più campana.
Era un marchio di famiglia, quello dell’usura, visto che già il padre di Nicola, Giuseppe, Francesco Pirozzi, prestava denaro con gli interessi.
Nicola Schiavone infine smentisce la sua partecipazione nel capitale del punto Snai aperto a Teverola, chiarendo che Nicola Pirozzi e Giacomo Capoluongo si recarono da lui solo per chiedere l’autorizzazione all’apertura, che lui accordò.