Nicola Schiavone voleva far ammazzare insieme Michele Zagaria e Antonio Iovine con un tranello. Le vacanze in Spagna e il sospetto su “zio Michele”

20 Novembre 2019 - 13:28

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) Nicola Schiavone voleva ammazzare Michele Zagaria, anzi voleva ammazzare lui e anche Antonio Iovine. Chiese di eseguire il duplice omicidio a Pasquale Vargas, uno dei killer di prima fascia che storicamente, insieme al fratello Roberto era un affiliato alla sua famiglia. Pasquale Vargas disse di sì ma chiese anche dei soldi per finanziare la propria latitanza. L’idea era quella di organizzare un vertice di camorra alla presenza dello stesso Nicola Schiavone. In questo modo, avrebbe attirato, nella trappola mortale, i due boss, i quali, a quel punto, evidentemente erano divenuti rivali da eliminare, almeno a parole.

Ovviamente, racconta Pasquale Vargas, Michele Zagaria non è mai andato ad un appuntamento con Schiavone di cui aveva compreso, forse, le intenzioni. Tanto è vero che Roberto Vargas, fratello di Pasquale, racconta che a parlare con il figlio di Sandokan venivano spediti di solito Massimiliano Caterino ‘o mastrone e Antonio Basco.

A proposito di Basco, questi aveva evidentemente un buon rapporto con Nicola Schiavone. Il giovane boss gli parlò, infatti, dell’intenzione di andare in vacanza in Spagna. Quando arrivò si accorse o gli fu riferito che nella stessa zona sarebbe giunto a villeggiare anche Michele Zagaria. Una circostanza che indusse Nicola Schiavone a ritenere che Zagaria volesse farlo ammazzare. Convinzione maturata da Schiavone, anche relativamente ad una missione che Michele Zagaria avrebbe dato ad Antonio Salzillo, fratello di quel Paride Salzillo, strangolato pochi minuti dopo che dal Brasile era arrivata la notizia dell’omicidio di Antonio Bardellino, che di Paride e di Antonio Salzillo era lo zio, in quanto fratello della madre dei due che era, o è, una Bardellino.

Tutta questa tensione, i propositi omicidiari erano legati alla difficoltà incontrata da Nicola Schiavone ad accettare, lui, giovane camorrista rampante, l’idea che Michele Zagaria avesse preso in mano di fatto il comando del clan dei casalesi. C’era riuscito perchè era lui che aveva i soldi veri, le grandi ricchezze frutto delle relazioni che aveva instaurato negli anni con la politica e la pubblica amministrazione, da cui arrivavano sempre buone notizie in termini di appalti vinti dalle imprese appartenenti al cartello di zio Michele.

Nicola Schiavone si era accorto, sempre secondo il racconto di Pasquale Vargas, che Antonio Salzillo girava da qualche giorno attorno alla sua casa. A quel punto, avrebbe preso l’iniziativa, convocando proprio Pasquale Vargas e ordinandogli l’omicidio di Salzillo che poi avvenne nel 2009 in un agguato (CLICCA QUI PER LEGGERE IL NOSTRO ARTICOLO DI IERI SERA) ad epilogo del quale, a cadere sotto i colpi dei killer del commando cioè dei vari Massimo Russo, del già citato Pasquale Vargas, di Carmine Morelli eccetera, fu anche Clemente Prisco, il quale fu ucciso proprio perchè si trovò al posto sbagliato nel momento sbagliato.

Poi la storia “dell’ammazzo te, no, lui vuole ammazzare me…” continua e noi la racconteremo perchè riteniamo che sia giusto, a questo punto, documentare, con un approccio, seppur non troppo impegnativo, tipico della metodologia utilizzata dagli storici, quello che era il clima di guerra latente che si respirava negli anni che andarono dal 2007, cioè da quando Nicola Schiavone cominciò a pensare veramente da capo, da boss, da figlio di Francesco Schiavone Sandokan, fino al 2010, anno in cui fu arrestato e anno in cui finì in carcere, qualche mese dopo, anche Antonio Iovine, con Michele Zagaria che li avrebbe seguiti di lì ad un anno.

A quel punto, ogni cosa cambiò e il dopo lo conosciamo soprattutto grazie al pentito Salvatore Orabona perchè Nicola Schiavone sa e può raccontare quello che è successo fino al proprio arresto, ma non quello di dopo. Giusto per fare un esempio, Nicola Schiavone non parla di un ruolo criminale di Aldo Bianco, non perchè vuole proteggere quella famiglia, storicamente legata agli Schiavone, poi, proprio con Aldo Bianco, aggregatasi a Zagaria, ma semplicemente perchè Nicola Schiavone non può raccontare quello che è successo, la trama criminale che ha seguito le ore, i giorni, i mesi e gli anni a partire dal suo arresto.

Ecco perchè non convince, con tutto il rispetto e la deferenza che possiamo avere nei confronti del giudice, l’utilizzo improprio, illogico, di un criterio di confronto tra ciò che Orabona racconta su Aldo Bianco e che è relativo agli anni 2014, 15 e 16 e ciò che Nicola Schiavone risponde sullo stesso Aldo Bianco, non potendo riferire nulla, visto e considerato che dal 2010 lui è andato al 41 bis con Aldo Bianco che invece è diventato, secondo quello che racconta Salvatore Orabona, attivo in anni successivi.

Un punto dell’appena citata ordinanza che, onestamente, lascia perplessi, come già abbiamo scritto nei giorni scorsi.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELLE DICHIARAZIONI DI PASQUALE VARGAS