OMICIDIO DEL BOSS PELLINO. Manca la “prova madre”, tutti assolti. ECCO CHI SONO
31 Gennaio 2019 - 17:36
MARCIANISE/ORTA DI ATELLA – La Cassazione, un anno dopo la sentenza di assoluzione sentenziata dalla Corte di Assise d’Appello di Roma, conferma le assoluzioni per gli uomini che erano stati accusati di essere i presunti assassini di Modestino Pellino, alias “’o micillo”, boss di Caivano, ucciso a Nettuno il 24 luglio 2012. Martedì scorso, i giudici della Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma, contro le assoluzioni pronunciate il 18 gennaio 2018. Scagionati definitivamente Raffaele Laurenza di Marcianise, Luigi Belardo di Orta di Atella e Raffaele Annunziata di Caivano. Anna Castiello resta con la condanna di 1 anno e quattro mesi di reclusione. In primo grado Raffaele Dell’Annunziata era stato condannato a 30 anni di reclusione, Luigi Belardo a 28 anni, Raffaele Laurenza all’ergastolo con isolamento notturno e diurno per 9 mesi e Anna Castiello a due anni di reclusione.
Le indagini avevano acclarato, in base anche a riscontri del Dna che i tre uomini erano a Nettuno, in quei giorni in cui si decideva e si commetteva il delitto. Alcuni pentiti avevano sostenuto la tesi che l’omicidio fosse maturato nell’ambito della scissione del clan Ciccarelli per la gestione delle piazze di spacco di Caivano e del territorio tra Formia e Nettuno. La presenza dei tre spinse la Procura capitolina ad emettere un decreto di fermo e ad ipotizzare che Laurenza, Dell’Annunziata e Belardo fossero i tre killer.
Gli avvocati hanno sostenuto il contrario, nessuna prova – neppure dalle telecamere di sorveglianza presenti nella zona – lasciava supporre che i tre imputati avevano sparato. La mancata identificazione certa dei killer ha indotto i giudici della Corte d’Assise d’Appello ad emettere una sentenza di assoluzione, accogliendo il ricorso della difesa.
Un processo indiziario nel quale avevano contato molto, le intercettazioni ambientali e telefoniche, il Dna e le impronte digitali trovate nell’appartamento di Nettuno, ritenuto base logistica dei killer. Stessa zona di provenienza tra indiziati e vittima, un’esecuzione mafiosa, le velleità di Modestino Pellino e la scissione nel clan Ciccarelli avevano fatto il resto. Ma è mancata la prova ‘madre’ quella dell’assoluta e certa identificazione dei killer immortalati da tre telecamere. Ed è arrivata l’assoluzione in Appello