OSPEDALE DI CASERTA. Coronavirus, va bene il farmaco che Ascierto ha “importato” dalla Cina. 6 guariti su 8. E l’altro farmaco per ebola e Sars…

28 Marzo 2020 - 16:21

CASERTA – L’ospedale di Caserta sia uno dei pochi nosocomi italiani in cui, dopo il via libera dell’Aifa, si sta sperimentando il Tocilizumab, farmaco utilizzato da anni a scopi antivirali e orientato specificatamente alla cura dell’artrite reumatoide.

Il Tocilizumab è stato utilizzato per la prima volta in Cina su 21 ammalati di coronavirus.

I buoni risultati sono stati comunicati dai medici cinesi a quelli italiani, precisamente a Paolo Ascierto, oncologo dell’istituto Pascale di Napoli.

Ascierto collabora e scambia dati da molti anni con questi specialisti orientali.

In loro ripone fiducia al punto da aver sperimentato, insieme a un collega del Cotugno, il farmaco su 3 o 4 pazienti ricoverati in quest’ultimo ospedale per il virus.

Da quel momento è partito il protocollo e anche la sperimentazione in diversi ospedali. A Caserta il Tocilizumab è stato utilizzato su 8 pazienti ricoverati nell’Unità Operativa di Malatti Infettive diretta da Paolo Maggi.

Stando a quello che l’ospedale comunica, 6 di questi 8 sarebbero guariti e 5 di loro sarebbero stati già dimessi.

Altre informazioni l’ospedale non comunica. Ad esempio sarebbe stato interessante capire da quanto tempo ai 6 guariti era stata diagnosticata la positività e per quanto tempo sono stati ricoverati in ospedale. Riteniamo che le loro cartelle cliniche saranno poste molto presto all’attenzione dell’Istituto Superiore della Sanità, interessato, ovviamente, a stabilire se e quanto abbia inciso il farmaco nella guarigione dei pazienti, visto che di coronavirus, oltre che morire, anche se questa cosa non viene granché comunicata, si può anche guarire, e questo succede in più del 45% dei casi.

Sempre all’ospedale civile di Caserta, stavolta nel reparto di Terapia Intensiva viene sperimentato, in questi giorni, anche un altro farmaco antivirale: il Remdesivir.

Si tratta di una medicina che potremmo definire di filiera perché, a suo tempo, fu brevettata e utilizzata per i malati di Ebola e poi di Sars, cioè per due virus imparentati, pur essendo meno contagiosi, col covid-19, in quanto anche in quel caso i malati hanno rischiato, e più di qualcuno non ce l’ha fatta, complicazioni polmonari o relative all’apparato respiratorio.

Anche in questo caso, stando a ciò che fanno sapere dall’ospedale civile Sant’Anna e San Sebastiano, i riscontri sarebbero incoraggianti, anche se il test, al momento, sarebbe stato fatto su un solo paziente, il quale si sarebbe negativizzato.

Dobbiamo ritenere che se a queste persone è stato proposto di sottoporsi alla sperimentazione, significa che erano dei tester validi, affidabili, con le caratteristiche giuste per realizzare le prove di efficacia.

Speriamo bene.