REGGIA DI CASERTA. Addio carrozze trainate a cavallo, arrivano quelle elettriche. Così la morte di un animale è diventato un pretesto

31 Ottobre 2020 - 18:51

La prima parte di un nostro approfondimento sulla vicenda del trasporto turistico all’interno della Reggia

CASERTA (pasman) – Questo lunedì, la direzione della Reggia ha avviato la formale procedura per un nuovo servizio di trasporto nel parco reale mediante autoveicoli elettrici.

Nella relativa comunicazione che è apparsa sul sito istituzionale si può leggere: “Prosegue la svolta green dell’istituto museale. La direzione ha dato seguito a quanto annunciato a seguito della cessazione del servizio di carrozze ippotrainate …”. Ora, proprio qui sta il busillis o per meglio dire, qui casca l’asino, dato l’argomento equino in causa.

A parte l’ossimoro da ridere in cui si incappa nel sostenere la svolta green,

laddove all’opposto si sostituiscono le macchine – artefatti di un energivoro ciclo industriale – ai frugali cavalli, veri beniamini della natura, c’è qualcosa che non ci quadra.

E non ci riferiamo all’enfasi dell’annuncio, che proclama addirittura una svolta, che pare riferirsi al cambio del sistema italiano dell’automotive, invece che all’adozione di qualche vettura elettrica e qualche pulmino, peraltro già sperimentato.

Ma al fatto che quella perentoria affermazione, per la quale è stato “dato seguito a quanto annunciato a seguito della cessazione del servizio di carrozze ippotrainate …”, ha – come si sa – un preciso antefatto.                             Quello dell’agosto di quest’anno, quando un cavallo delle carrozzelle della Reggia stramazzava morto mentre trasportava dei turisti in giro.

  Un’immagine di repertorio dell’infortunio di agosto

L’episodio, da accidente qualsiasi, come ne accadono a miriadi ogni giorno nell’universo mondo, si trasformava in poche ore in sceneggiata, genere che ci è congeniale a queste latitudini.

Passi per gli isterismi degli animalisti che, nutriti evidentemente del giustizialismo tanto in voga, dopo pochi minuti davano per certo che la povera bestia fosse maltrattata, malnutrita e chissà che altro e che fosse trapassata per il troppo sforzo congiunto al caldo (i primi accertamenti ufficiali, di là da alcune irregolarità amministrative che emergevano, evidenziavano che il cavallo versava in buone condizioni generali e si avanzava l’ipotesi che potesse essersi trattato di un caso di morte improvvisa frequente  nella specie, c.d. sudden death), ma lo spettacolo offerto nella circostanza dal sindaco Marino, dal milieu politico locale che inclina alla demagogia, e dalla direttrice Maffei fu sconcertante.

Nella foto, il gruppetto di animalisti che lo scorso agosto protestò all’ingresso della Reggia per la morte del cavallo avvenuta nel parco durante il trasporto in carrozzella di alcuni turisti. Di là dalle posizioni estreme da essi sostenute (il bando delle carrozzelle in tutta Italia) lo striscione issato coglie nel segno: la responsabilità delle autorità preposte all’osservanza delle norme vigenti a tutela degli animali. Inequivoca,  a nostro giudizio, benché il direttore del monumento, Tiziana Maffei, si affrettasse – non si sa quanto legittimamente, poiché i fatti non risultavano a quel momento ancora pienamente accertati – ad annunciare l’abolizione del servizio di ippotrasporto e dichiarasse una presunta mancanza di “poteri di controllo, nè competenza, su autorizzazioni o licenze”.

Però, prima di proseguire nel nostro ragionamento, sia consentita una breve puntualizzazione sugli animalisti che abbiamo tirato in ballo.

Non sosteniamo affatto lo specismo – quello di cui, sicuramente, saremo accusati – ma non siamo i soli a non comprendere in generale l’ideologia animalista (non per nulla ampiamente minoritaria nel Paese) con il suo fondamentalismo e con il suo oscurantismo scientifico. Soprattutto quando essa nega sia la rilevanza della sperimentazione medica animale e sia che essa rappresenti uno strumento essenziale per gli avanzamenti conoscitivi e terapeutici in medicina.

Irretiti dalla loro utopia, che li induce ad antropomorfizzare tutti gli esseri animati, ai quali fallacemente vengono assegnate caratteristiche e qualità umane, credono pressappoco che la natura sia buona in sé, governata dai principi sociali di giustizia e di ragione, e che nulla e nessuno la debba turbare nel suo corso. Ma, come ben si sa, il creato si governa con sue proprie leggi naturali. Non è né malvagio né buono in sé. Anche la ferocia e la crudeltà che in esso sono insiti sono aspetti del suo ordine. Il leone sbrana la innocente gazzella non per altro che per la propria sopravvivenza. Dunque, nulla avvicina il regno animale a quello umano, con tutte le conclusioni che da questa verità discendono. Ma in conseguenza di questa erronea supposizione non sorprende che i nostri, per riandare al povero cavallo, abbiano subito preteso – tralasciando il repertorio delle contumelie – l’abolizione istantanea delle carrozzelle dalla Reggia e di tutte le carrozzelle del pianeta che tengono aggiogati i cavalli, che, chissà, vengono immaginati felici e liberi in praterie aperte oppure foraggiati da una mano provvidenziale, meglio se pubblica.

Tutt’altra cosa è ovviamente il rispetto dovuto ad ogni essere senziente, che si esprime bandendo ogni forma di gratuita sofferenza ed afflizione verso di essi e curandone, specie in quelli di ordine superiore, ogni possibile forma di benessere. E fin qui ci arriviamo anche noi ed anche la legislazione che in proposito è stata emanata nel tempo.

Ciò detto, dobbiamo tornare al sindaco Marino ed al direttore della Reggia.

I due, dimenticandosi del fatto di essere, in tale contesto, proprio le autorità pubbliche a cui è demandato in concorso il compito di impedire il verificarsi di episodi del genere (ammesso e non concesso che la morte dell’animale possa imputarsi al suo maltrattamento) si univano e subito alle proteste che si scatenavano tra gli attivisti e tra i conquistati corsivamente alla causa animalista e vi davano senza meno seguito.

Il sindaco usava parole grosse, ma buone forse per ben altre contingenze, parlando addirittura di una tragedia e di “un colpo al cuore”. Sempre Marino, con lo schema giustificativo che gli è usuale, rivendicava di aver emanato il regolamento cittadino per il benessere degli animali, con “…un intero capitolo dedicato agli equini”. Ed in uno sbotto di giustizia sommaria precisava di aver inflessibilmente disposto persino per la revoca delle autorizzazioni amministrative.  E tanto sembrava bastargli, sorvolando sul fatto che spetta proprio a lui vigilare sull’osservanza  delle norme, le quali non sono di certo autoapplicative. D’altro canto non avviene così, ad esempio, nel caso della movida scomposta che va regolarmente in scena nel centro storico ? Il sindaco, ai residenti che, impediti del sacrosanto riposo, lo contestano per la sostanziale sua inerte indifferenza, oppone un mero ci sono degli incivili e morta là. Residenti che, presumiamo, ambirebbero almeno alla stessa attenzione che il primo cittadino ha riservato all’episodio della cavalcatura.

La Maffei, invece, aveva una posizione formalmente più defilata, tuttavia simile nella sostanza. Ma ne parleremo nella seconda parte.

In una cartolina d’epoca, datata 1901, una carrozzella a cavallo – quelle che ad alcuni oggi appaiono insoffribili – mentre percorre un viale del parco reale.